Omelia (19-04-2009) |
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Le due venute di Gesù Il brano del vangelo di questa domenica ci riporta al giorno di Pasqua. È Infatti in quel contesto che Giovanni narra della venuta di Gesù e di una seconda venuta a distanza di otto giorno. Altro dato importante è che Giovanni non parla mai di apparizione, ma solo di un venire del Risorto e di uno stare o fermarsi in mezzo. Alla luce di questa breve precisazione si possono vedere alcuni dati significativi utili alla riflessione sia come individui sia come comunità. "...per timore...". È opportuno precisare che la risurrezione di Gesù non esclude o elimina a priori un contesto di persecuzione, di contrasto o di oppressione; anzi il testo suggerisce che tutte queste cose sono parte integrante del Mistero Pasquale. Non bisogna mai dimenticare che la comunità ecclesiale vive di riflesso, come se fosse del tutto naturale, ciò che ha vissuto e patito il Maestro. Ma in questa situazione o luogo alquanto opprimente, la Parola di Dio viene in soccorso dicendo che Gesù venne e stette. L'intento dell'evangelista non è solo quello di combattere una certa idolatria, motivo per cui non usa il verbo apparire, ma vuole evidenziare come la Comunità e l'uomo sono il luogo privilegiato della Rivelazione... la Comunità Ecclesiale è lo spazio voluto dal Risorto per rivelarsi e manifestarsi. Inoltre il Risorto, così delineato e presentato, diviene il centro del mondo e della storia. Le modalità con cui si manifesta dicono che, svincolato dalle leggi naturali, viene ad invadere e a visitare il tempo e lo spazio, dando loro una carica di eternità. L'eternità può essere la capacità di saper andare oltre l'apparenza e individuare il fulcro della propria esistenza o del proprio essere oltre il confine della morte... nelle comunione trinitaria. "Pace a voi...". Le prime parole del Risorto riguardano la Pace... che è un segno di riconoscimento perché è il bene messianico per eccellenza (Cfr. tutti i testi dell'AT che propongono la pace come un valore intrinseco alla teofania). Ma in questo frangente diventa anche segno di consolazione e speranza in un contesto di desolazione. Il risorto invita a ristabilire un giusto equilibrio dell'uomo con Dio, con il prossimo e con se stesso...un modo semplice di riacquistare la fiducia smarrita. "...Alitò...". Il verbo greco è un hapax nel NT. Nell'AT ha il suo parallelo nel "soffio" che Dio mette quando crea l'uomo (Cfr. Genesi)... ciò sta a significare che nella Risurrezione di Gesù c'è un compimento di tutta la legge e i profeti e tutto è "ri-creato". Si esprime in questo modo il valore fondante, fondamentale e ineludibile della Risurrezione. Si realizzano in questo caso tutte le profezie riguardanti la nuova creazione che Dio aveva promesso (Cfr. Ger 31 e parr). "... a chi perdonerete...". Perché il perdono? Non è tanto il testo dove si può trovare il fondamento del sacramento della confessione (cfr il Concilio di Trento). Ma questa espressione fonda il rapporto tra i membri della comunità. Il perdono auspicato e voluto da Gesù è la "prova del nove" in un processo di fede. I membri di una comunità possono dire di essere maturi nella fede nel momento in cui sono capaci di perdonare... sviluppare in un contesto di relazione interpersonale quella virtù che, applicata ad una relazione verticale uomo-Dio, fa percepire la grandezza della Divinità nei confronti dell'umanità. Per cui la missione a cui sono chiamati i discepoli è l'attualizzazione quotidiana del sacrificio del Cristo, buon pastore, "che dà la vita per le sue pecore". "...Tommaso...". Normalmente è un personaggio letto in chiave negativa... l'incarnazione del dubbio etc. Ma forse è un luogo comune da sfatare... per cui è una figura da rivalutare in tutta la sua portata. Tommaso non è l'emblema della sfiducia o dell'incredulità, ma può essere la personificazione di colui che avverte la grande responsabilità dell'evangelizzazione. Infatti egli chiede di poter fare la stessa esperienza degli altri perché sa bene che la fede nasce dall'ascolto e chi ascolta dà credito a chi annuncia solo se è portatore della testimonianza diretta o oculare. Allora Tommaso è un uomo animato dal profondo senso del dovere, che di fronte alla missione che lo attende non può rimanere ai margini in quanto si tratta di portare e parlare dell'Essenziale e del Centro di tutto e di tutti e non di un annuncio qualsiasi. Tommaso comprende che il processo di fede è andare dal credere al credere attraverso il credere...e che il Risorto è Colui che fa risorgere. Una volta accertata l'identità Crocifisso-Risorto toccare è inutile... bisogna solo proclamare la grandezza di Dio: "Mio Signore e Mio Dio". La Beatitudine riguarda chi si inserisce in questo processo di trasmissione della fede... che è anche fiducia in coloro che sono stati chiamati a trasmettere la loro esperienza di fede/testimonianza. Commento a cura di don Alessio De Stefano |