Omelia (24-05-2009)
CPM-ITALIA Centri di Preparazione al Matrimonio (coppie - famiglie)


Quando ero ragazzo – se mi è concesso un riferimento personale – non era difficile (ma forse, in taluni casi, non lo è neppure oggi) ascoltare omelie sull’Ascensione del Signore che suonavano pressappoco così: "Gesù è "salito", si è "elevato" al cielo. E dunque al cielo noi dobbiamo guardare, a quel cielo anche a noi destinato quando – se lo meriteremo – ci libereremo dal nostro corpo mortale". È una sintesi, certo, ma il modello omiletico era (è?) sostanzialmente questo.
Invece ... è Gesù stesso (non uno dei molti teologi non graditi alle istituzioni ecclesiastiche) a smontare questo ragionamento: "Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo...? (At 1-11).
"Elevarsi", "salire", sono concetti che non appartengono a Gesù di Nazareth. La "teologia dell’ascensore non gli si addice. La sua è una teologia della presenza, dell’impegno in mezzo agli uomini e alle donne di ogni tempo: di qui il richiamo ai suoi discepoli a non guardare il cielo. L’invito è ovviamente rivolto anche a noi.
Oggi basta aprire un qualunque quotidiano o una rivista di evasione per vedere come il corpo venga idealizzato, esposto, strumentalizzato. Ma non è certo questo che ci chiede Gesù con il suo invito. Ci chiede di amare il corpo, di mettere a disposizione tutta la nostra esistenza, anche corporea, con tutta la fatica che ne consegue, nell’impegno a salvare la terra. Diceva, con sintesi mirabile, D. Bonhoeffer: "Solo chi ama la terra desidera che sia eterna". Ma perché possa essere eterna la terra deve essere trasformata. Non per un intervento miracoloso dal cielo, ma da noi.
Questo significa assumersi una responsabilità verso il mondo, consci della nostra debolezza, delle nostre innumerevoli fragilità, ma anche nel contempo delle modalità veramente eccezionali, delle risorse inutilizzate che possediamo per operare questa trasformazione. Partendo sempre da una lettura della storia che privilegi il piccolo, il debole, il povero, il perdente.
Una di queste modalità è quella di impegnarsi nella politica, non avendo paura di sporcarsi le mani, demistificando la politica – questa sì veramente sporca – di coloro che la considerano il luogo di occupazione del potere, attraverso cui ottenere dei benefici, nonché l’impunità per coprire azioni disoneste passate e presenti. È attraverso la politica – che guarda alla terra e promuove in essa una convivenza, e non al cielo – che si realizza la liberazione o (ed è un sinonimo) la redenzione del mondo.
Sapendo anche che Dio non interverrà, perché ha nascosto il suo volto e tocca a noi rivelarlo. Questo velamento del volto di Dio è la grande forza dell’uomo. Come scrive Emmanuel Lévinas: "Nascondersi il volto per esigere dall’uomo – sovrumanamente – tutto, aver creato un uomo capace di affrontare il suo Dio da creditore e non, come al solito, da debitore – che grandezza veramente divina! (...) Capace di confidare in un Dio assente, l’uomo è altresì l’adulto che misura la propria debolezza (...) E dichiara [a Dio] che lo amerà, qualunque cosa Dio faccia per scoraggiare il suo amore... (Amare la Torah più di Dio, in Zvi Kolitz, Yossi Rakover si rivolge a Dio, Adelphi, Milano 20078, pp. 90-91).
Questo è l’impegno, non facile ma percorribile, che ogni coppia ed ogni famiglia devono scoprire ed al quale educarsi ed educare.

Traccia per la revisione di vita

1) Come, attraverso quali impegni, abbiamo deciso in famiglia di assumerci le nostre responsabilità verso il mondo?
2) Sappiamo leggere la storia dal basso, nella prospettiva del perdente?
3) Abbiamo preso l’impegno in famiglia di analizzare le cause ultime e reali delle varie schiavitù e delle oppressioni che gravano sul mondo? Ci facciamo carico dei problemi dei più piccoli: i bambini, i poveri, gli sfruttati ad ogni livello, gli emarginati dalle istituzioni civili ed ecclesiastiche, i malati e in particolari i malati terminali, per contribuire a fare in modo che per tutti la terra sia più vivibile?

Commento a cura di commento di Anna e Luigi Ghia di Asti.