Omelia (21-04-2009) |
Casa di Preghiera San Biagio FMA |
Dalla Parola del giorno La moltitudine di coloro che erano venuti alla fede aveva un cuore solo e un’anima sola e nessuno diceva sua proprietà quello che gli apparteneva, ma ogni cosa era tra loro comune. Come vivere questa Parola? Sono i primi tempi dopo la risurrezione del Signore. È la primavera della Chiesa, che pur con i suoi limiti evangelizza attraverso la vita. Alla radice del suo identikit sta il sogno/testamento di Gesù nell’ultima cena: l’unità. Un’ unità che non significa perdita della propria individualità, ma ricchezza nel dono reciproco. La comunione dei beni non si esaurisce in una cassa unica del denaro, ma nella cura interpersonale, realizzata con gioia e intelligenza tanto che chi osservava dal di fuori poteva dire: Guarda come si vogliono bene! Diventare cristiani voleva dire vivere nella pace, nella concordia, arricchirsi a vicenda nell’accoglienza dell’altro. Questa è stata la buona notizia vitale che ha mosso intere generazioni a seguire il Maestro, a porsi sulla strada dell’evangelo: cammino di amore, di verità e vita. Forse oggi i cristiani sono meno appassionati nel realizzare il sogno di Gesù al momento del suo addio agli apostoli. L’indifferenza ci rende grigi, fa da ostacolo al dilatarsi dell’amore. Oggi, nella mia pausa di preghiera, mi rivolgerò a Dio così: La grazia di questi tuoi misteri pasquali, o Signore, preceda e accompagni tutto il mio agire, perché io diventi capace di condivisione, di solidarietà, di gioia donata alle mie sorelle e ai miei fratelli. La voce di un biblista Senza l'unanimità dei cuori la lode di Dio sarebbe stonata e non piacerebbe a Colui che essa vuol celebrare. Che penseremmo di una corale, i cui componenti non accordassero le loro voci? Il caso di una comunità orante, i cui membri non fossero intimamente uniti non sarebbe migliore. La messa in comune dei beni, poi, è solo una conseguenza della coscienza di formare insieme una comunità, in cui ognuno si sa solidale con tutti. J.Dupont |