Omelia (22-04-2009)
Monaci Benedettini Silvestrini
Dio ha così amato il mondo da dare il suo Figlio Unigenito…

Leggiamo oggi dal Vangelo di Giovanni ancora una parte dell’incontro di Gesù con Nicodemo. "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio Unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna". Il progetto di Dio è uno solo: amarci per salvarci, attraverso il sacrificio della croce del suo Figlio Unigenito. Con totale gratuità Dio ha mostrato al mondo sino a che punto lo ami. L’apostolo Paolo, consapevole di ciò, esclama: "siamo stati comprati a caro prezzo". Ora l’affermazione, che tutto ciò avviene affinché "chiunque crede in lui abbia la vita eterna", suggerisce all’evangelista alcune considerazioni circa il ruolo di Cristo. Egli ci rivela l’amore del Padre per il mondo, quindi è venuto per salvare e non per condannare. Cristo è il riflesso della luce del Padre, come diciamo nella nostra professione di fede: "Luce da luce". Tutti questi titoli dati a Gesù manifestano l’amore di Dio per l’umanità. Tale amore è detto in greco agàpe, e indica quell’amore col quale si vuole bene a una persona per se stessa, non per l’interesse che se ne può trarre. Nell’atto di fede in Gesù, il Figlio, si realizza in noi il giudizio ultimo: chi crede sinceramente a ciò che Gesù dice, ha già accesso alla vita divina, che il Padre ci comunica mediante il Figlio. Chi non crede invece, va verso la condanna eterna. Di fronte alla rivelazione del Figlio, ciascuna persona è posta nella libertà di scegliere la sua definitiva destinazione. Alle opere malvagie di chi ha preferito le tenebre alla luce, si contrappongono le opere di chi si è lasciato illuminare dalla luce. Costoro "operano la verità" cioè agiscono secondo la rivelazione accolta, e così si manifesta anche esteriormente che in essi opera Dio medesimo. Grande luce gettano queste parole sul mistero della salvezza. Tale mistero si compie nel segreto rapporto tra Dio e l’uomo.