Omelia (26-04-2009)
padre Antonio Rungi
Con Cristo non si può essere turbati e avere paura

Celebriamo oggi la terza domenica del periodo liturgico di Pasqua. Tempo durante il quale siamo invitati a riflettere bene sul mistero della Redenzione portato al compimento da Gesù Cristo nella sua Pasqua di Morte e Risurrezione.
Il Vangelo di oggi ci presenta una nuova apparizione di Gesù agli Apostoli, alla presenza dei Discepoli di Emmaus che rientrati dal villaggio stavano raccontando quello che avevano visto e l’esperienza fatta con Gesù, apparso a loro come viandante e poi riconosciuto nello spezzare il pane. La nuova apparizione di Gesù è finalizzata a dare coraggio e sostegno ai Apostoli, che non ancora avevano compreso esattamente che egli era davvero risorto, tanto che Gesù nuovamente si presenta con i segni della passione. Tutto questo a conferma che era lo stesso Cristo Crocifisso ad avere assunto un corpo glorificato dopo la momentanea discesa negli inferi. Aver fede ed accettare Cristo significa accettarlo sulla Croce e quale vincitore della morte. Egli è infatti è venuto a portare la pace agli uomini afflitti da tante paure e tante angosce, quelle che non danno tregua alla mente ed ai pensieri dell’essere vivente. Quante paure e preoccupazioni per la nostra salute, per la nostra vita, per la società, il mondo, per quanto ci attende, per il futuro nostro e degli altri e paura della stessa eternità. Gesù ci dice che dove sta lui non c’è motivo di temere. La sua presenza non deve essere di contorno o di abbellimento, tipo di quelle immagini sacre che riempiono le pareti delle nostre case e delle nostre chiese, ma non le corde del nostro cuore. Egli deve essere presente in modo vivo ed operativo nella vita di quanti si professano suoi discepoli e costituiscono la sua famiglia. Gesù dirada ogni paura e porta pace davvero all’umanità intera, quando il suo messaggio e la sua missione vengono accettati e condivisi soprattutto da quanti sono battezzati e si professano cristiani. Di questa presenza viva, reale, in corpo, sangue e divinità sappiamo con la certezza della fede e della dottrina che l’abbiamo nel sacramento dell’altare. La Pasqua di Cristo è prima di tutto ripartire dal banchetto eucaristico come esperienza di una vita nuova nel Cristo che si offre a noi come nostro cibo e bevanda e come farmaco di immortalità.
Gesù porta gioia e serenità e questa gioia, anche se non è egli stesso a comunicarcela con parole suadenti e confortanti come fu per i discepoli dopo la risurrezione, egli comunque ce la trasmette in altro modo, per altri versi e in altre forme che ben conosciamo e sono i sacramenti della penitenza e della comunione. Quando la nostra coscienza è a posto, quando siamo in grazia di Dio noi assaporiamo la vera gioia e non dobbiamo più temere di nulla e di nessuno. Dio con noi è la forza della nostra vita e la sorgente della nostra gioia terrena ed eterna. Quanto cammino dobbiamo ancora fare per raggiungere questo grado di serenità che nessun psicologo o altra persona più darci in un modo pieno, certo e duraturo come la persona di Cristo, che noi accogliamo nell’eucaristia. Non a caso anche questa apparizione ci presenta Gesù con gli apostoli che si mette a tavola e mangia del pesce con loro, segno evidente dell’eucaristia. I primi cristiani, soprattutto quelli che dovettero fare i conti con le persecuzioni nelle catacombe, lasciano i segni indelebili della celebrazione dell’eucaristia in questi luoghi sotterranei e isolati proprio lasciando i segni del pane e del vino impressi nelle pareti delle catacombe o di altri luoghi fortuiti di riunione della comunità orante. L’eucaristia è espressione di una comunione profonda con Cristo e con gli altri.
In questa prospettiva eucaristica si comprende cosa ci voglia dire il brano degli Atti degli Apostoli che è la prima lettura di oggi: Pietro invita al pentimento e alla conversione davanti al mistero della morte e risurrezione di Cristo. La Messa che è memoriale, cioè attualizzazione della Pasqua di Cristo, è la celebrazione delle celebrazioni in cui la comunità si ritrova nella pace e nella fraternità a condividere il pane della parola e il pane della vita, Cristo eucaristia. Noi dobbiamo metterci dalla parte di coloro che non rinnegano o condannano Cristo a morte, ma lo invocano in aiuto e soccorso: Vieni Signore Gesù, il mondo ha bisogno di te, ha bisogno di pace, di giustizia e di vera solidarietà.
Anche a, noi presunti giusti è rivolta nuovamente questa parola di conversione di allontanamento dal peccato e da ogni miseria umana. Noi non siamo migliori degli altri, molte volte forse siamo più cattivi di quanti per ignoranza non conoscono Cristo e non seguono la sua dottrina. La conversione è prima di tutto per coloro che presumevano al tempo di Gesù chi doveva e poteva essere davvero il Messia. La fine della morte in Croce di Gesù a causa dei Giudei e dei loro capi fu proprio perché non riconobbero in Gesù il Messia, il Figlio di Dio, l’autore della vita.
Su questa stessa lunghezza d’onda si colloca poi il brano della seconda lettura di oggi, tratta dalla prima lettera di san Giovanni apostolo, nella quale c’è un chiaro invito a non peccare, ad allontanarsi da uno stile di vita espressione di morte e di alienazione, per recuperare una dignità di vita basata sull’osservanza dei comandamenti divini.
Il cristiano fedele alle proprie scelte battesimali e alla propria religione sa come deve fare e come lo deve fare. Molte volte pur conoscendo ciò che è bene facciamo il male a noi stessi e agli altri, non lasciandoci guidare dallo Spirito Santo e dalla carità, ma dalle passioni e dagli interessi terreni, egoistici e materiali.
Con il Salmo 4 ricordo e ripeto a me stesso e a voi quanto troviamo scritto in questa preghiera della fiducia e della speranza cristiana: "Sappiatelo: il Signore fa prodigi per il suo fedele; il Signore mi ascolta quando lo invoco. Molti dicono: «Chi ci farà vedere il bene, se da noi, Signore, è fuggita la luce del tuo volto?».In pace mi corico e subito mi addormento, perché tu solo, Signore, fiducioso mi fai riposare".
Sia questa la nostra preghiera comunitaria che vogliamo porre a fondamento della celebrazione eucaristica di questa domenica, ma soprattutto a fondamento di tutta la nostra vita di fede: "O Padre, che nella gloriosa morte del tuo Figlio, vittima di espiazione per i nostri peccati, hai posto il fondamento della riconciliazione e della pace, apri il nostro cuore alla vera conversione e fa’ di noi i testimoni dell’umanità nuova, pacificata nel tuo amore". Amen.