Omelia (19-04-2009)
don Maurizio Prandi
Misericordiosi per poter dire di essere adulti

La seconda domenica di Pasqua è detta: "della Divina Misericordia". Così la volle chiamare Giovanni Paolo II°.
E’ bello allora poter continuare il cammino iniziato alla ricerca del volto di Dio e contemplarlo oggi come volto di misericordia o, come ben specifica la preghiera Colletta, di eterna misericordia. Quel volto dell’amore che ci siamo consegnati il giorno di Pasqua, trova oggi ulteriore chiarezza, trasparenza, senso, nella misericordia. Bello che sia la Divina misericordia ad essere festeggiata e non il divino giudizio o la divina condanna, ed il vangelo sottolinea questo riportando il grande invito che fa Gesù a raggiungere ogni uomo ed ogni donna perché la parola su di loro sia quella del perdono. Se c’è una responsabilità che abbiamo come chiesa, se c’è una missione che Dio ci affida, ritengo che sia proprio quella di raggiungere più persone possibili per consegnare loro il volto di Dio come il volto dell’amore, della bontà, del perdono, della misericordia. Credo fermamente che sia questo il senso delle parole di Gesù quando nel cenacolo dona il suo Spirito: tutti, ma proprio tutti devono conoscere questo Dio che è perdono e se qualcuno non arriverà a conoscerlo sarà esclusivamente colpa nostra. A chi rimetterete i peccati saranno rimessi, a chi li riterrete saranno ritenuti. Non so... magari forzo il testo, ma credo che se c’è una urgenza oggi nella chiesa è proprio questa: essere segno di misericordia, testimonianza di misericordia, portatrice di misericordia. Quello che mi pare di avvertire (ma posso sbagliarmi), è invece un percorso per così dire, al contrario, quasi un allontanarsi da questa urgenza per puntualizzare quello che non va, quello che non funziona, quello che non è in linea, quello che non è secondo dottrina.
I giorni scorsi, insieme ai seminaristi di Chiavari e ad un gruppo di sacerdoti, ho partecipato ad una cinque giorni in Spagna sulle orme di Giovanni della Croce e di Santa Teresa d’Avila. Era con noi anche la professoressa Dora Castenetto che a proposito della misericordia ci ha detto una cosa che nella sua semplicità mi è sembrata bellissima: ci raccontava come da piccola, per il fatto che la mamma era rimasta vedova presto, veniva accompagnata a scuola dalla sorella invece che dai genitori (come invece capitava agli altri bambini) e che a Natale, pur avendole spiegato che Gesù voleva bene ai bambini poveri... beh! il regalo per lei era sempre molto ma molto più piccolo che quello dei suoi amichetti ricchi. Allora, diceva, pensavo che Dio un giorno avrebbe fatto giustizia nei confronti di quei bambini allora così felici e fortunati. Poi ha aggiunto qualcosa di davvero bello e importante: Crescendo però, ho capito che in Dio giustizia equivale a misericordia e in questa idea mi sono rafforzata leggendo in Teresa di Lisieux come la misericordia sia il carattere di Dio. Bello che la comprensione della misericordia non solo come attributo di Dio, ma addirittura come la natura stessa di Dio, sia un passo tipico dell’età adulta, della maturità (crescendo, ho capito). Forse oggi nella chiesa siamo ancora come dire, in questa condizione di fanciullezza, incapaci di comprendere in pieno la natura di Dio perché incapaci di donare con larghezza il suo perdono. Possiamo intanto offrire questa nostra eucaristia perché tutti possiamo crescere nella consapevolezza che Dio è misericordia perché ripeto, si diventa adulti soltanto quando s raggiunge questa altezza.

La liturgia della Parola di oggi ci offre alcuni segni di misericordia.
Nella prima lettura segno di misericordia è la comunione della vita e dei beni della comunità primitiva, comunione che fa si che nessuno, nella comunità, sia bisognoso. Si può essere misericordiosi soltanto se si è uomini e donne di comunione. Il misericordioso non è attaccato a ciò che possiede. Segno di misericordia nel salmo è l’amore di Dio che è per sempre. Un amore smisurato nella quantità (dà la vita per noi) e nel tempo. (Io misuro quello che faccio e mi stanco presto!). Ma nel salmo troviamo un altro bellissimo segno di misericordia, ed è l’elezione, da parte di Dio, di ciò che gli uomini scartano. Non è che Dio raccoglie e basta, no, è una elezione, è un porre a fondamento: la pietra scartata dai costruttori è divenuta testata d’angolo. La seconda lettura (sono soltanto accenni questi), ci ricorda che la misericordia in Dio assume una sproporzione tale da poterci schiacciare se solo pensassimo di dover rispondere in modo adeguato, se solo pensassimo di dover contraccambiare Gesù, il figlio di Dio è colui che è venuto con acqua e con sangue... una vita donata: segno di misericordia è la gratuità. Infine il vangelo, bellissimo ancora una volta... con il dono della pace (ripetuto per due volte), il grande invito di Gesù ai discepoli a diventare dispensatori di misericordia e la vicenda di Tommaso, il cui percorso di fede è tutto avvolto dalla misericordia. Prima viene preservato dal correre il rischio di una fede individualista, chissà, forse aveva anche ragione Tommaso a non voler "far dei passi da solo"... desiderava sì credere, ma all’interno della sua comunità.
La fede è un rapporto personale con Dio, ma in un cammino comunitario, non solitario, individuale. Senza rimproveri, castighi, giudizio, Tommaso viene ospitato in quella ferita che rimane per noi grembo della nuova presenza di Gesù nella sua chiesa, ferita dalla quale sgorgano, con larghezza, nell’acqua e nel sangue, i sacramenti.