Omelia (03-05-2009)
don Maurizio Prandi
Senza relazione non c'è misericordia

La verità che stiamo cercando di contemplare e di fare nostra in questo tempo di Pasqua è che il nostro Dio è un Dio di Misericordia.
I passi che abbiamo fatto fino ad ora (in estrema sintesi): due domeniche fa', con l’aiuto di Teresa di Lisiuex abbiamo detto che la misericordia è il carattere di Dio e domenica scorsa grazie all’immagine dell’utero, delle viscere che accolgono il bambino che nascerà ci siamo detti che per essere misericordiosi dobbiamo necessariamente essere capaci di fare spazio alla vita dell’altro. Oggi ci viene data la possibilità di fare altri passi importanti e di legare la misericordia alla relazione. Stando alle letture di oggi mi viene proprio da dire questo: non c’è misericordia se non c’è relazione, se non c’è incontro, se non c’è rapporto.
Potrà sembrare assurdo, ma mentre ci può essere il perdono senza la relazione (un sacerdote che non intende coinvolgersi nelle fatiche di un penitente e un po’ dall’alto fa cadere il perdono di Dio, oppure una persona che per chiudere lì una questione, fa dei passi indietro ma non dei passi verso...) per la misericordia mi pare diverso. Dove manca la relazione nasce l’idea di un Dio distante, nasce il senso di colpa, nasce il non sentirsi adeguati, sempre dispari e alla fine immeritevoli di vivere sotto allo sguardo di Dio... mi viene da dire che una relazione è sempre necessaria, per generare credenti liberi e capaci di volgere la loro vita a Dio riconoscendo in Lui un Padre e non un giudice o un padrone. La liturgia della Parola di questa domenica ci fa questo grande regalo ponendo come tema comune a tutte le letture proprio la categoria della relazione ed è la relazione con un nome (ci dice la prima lettura), la relazione nella quale ci riconosciamo realmente figli (la seconda lettura), ed infine il vangelo che ci dice come caratteristica di Gesù-Pastore sia quella di conoscere le sue pecore e di essere conosciuto dal Padre.

Nel nome di Gesù Cristo il Nazareno...non vi è infatti...altro nome dato agli uomini nel quale... Quante volte ci siamo richiamati l’importanza del nome, del chiamare per nome per dire all’altro che esiste per noi, per dire all’altro che significa qualcosa per noi e che non sarà dimenticato. Ma chiamare l’altro per nome dice anche un atteggiamento adulto e responsabile nella relazione, grazie al quale possiamo, oltre al nome, dare anche un volto. Se realmente mi interessa, il nome apre il mondo dell’altro e in questo caso il mondo di Dio. Gesù: il salvatore che dona la vita gratuitamente per me, senza chiedere nulla in cambio, in un gesto altissimo di dedizione e di servizio. Colui che viene da Nazareth, ovvero dal luogo-simbolo del preconcetto: da lì non viene niente di buono...

Per essere chiamati figli di Dio...
la seconda lettura ci ricorda che questo è il nostro primo nome perché è il nome con il quale Dio ci chiama: figlio! Chiamati per nome, quindi chiamati ad esistere per Lui che per nessun motivo al mondo ci dimenticherà. Davanti a noi allora si aprono essenzialmente due strade: una che potremmo definire come una scorciatoia, ovvero quella della rivendicazione di un potere, di una condizione, di un certo privilegio in quanto figli di Dio, oppure quella di un cammino, magari lento per scoprire (come dice la seconda lettura) ciò che saremo perché non è stato ancora rivelato. Mi pare che la seconda lettura di questa domenica sia sufficientemente chiara: il cammino dei figli è il cammino della somiglianza, dell’essere simili a lui, è il cammino di coloro (i figli) che riconoscono che l’unico potere che hanno è quello, come dice il vangelo, di dare la vita.

Il Padre conosce me ed io conosco il Padre. Ancora una volta Gesù ci conferma nel fatto che il primo movimento è sempre dal Padre verso di noi... E’ possibile conoscere Dio come Padre solo se ti lasci conoscere da Lui, solo se non metti dei muri, solo se apri la porta della tua vita, solo se ti lasci guardare senza paura di essere scoperto mancante in questo o in quello... ecco che allora la categoria della relazione ci porta a scoprire la necessità e la bellezza dell’intimità. Sì perché ‘conoscenza’ nella Bibbia sta ad indicare amore, capacità di rapporto autentico, intimità, condivisione piena della vita...

Il pastore offre la vita per le pecore. Mi piace concludere con questo grandissimo segno di misericordia da parte di Dio che è l’offrire, il dare la vita per noi e per questo riflettere sulle parole dei parrocchiani di don Daniele Simonazzi (Pratofontana Reggio Emilia) Il Buon Pastore depone la vita per..., in favore di... È una vita deposta per... qualcuno. Pensiamo alla condizione del Papa, un uomo deposto, un uomo che esercita questo potere che è il potere di dare la vita. C’è questo paradosso nel vangelo di Giovanni: il potere dell’impotenza. Tutto ciò che possiamo, lo possiamo in ordine alla deposizione. Ci è consentito ogni potere; il potere vero, quello che esercitiamo, è quello di deporre la nostra vita. La guerra è esattamente il contrario dell’evangelo. La guerra non è una vita in favore di qualcuno; la guerra ci dà il potere di togliere la vita anziché di darla.

Che il nostro cammino, alla scoperta della misericordia di Dio, faccia nascere in noi il desiderio della relazione, dell’intimità, della consegna.