Omelia (26-04-2009)
don Daniele Muraro
Le Vesti

I due discepoli di Emmaus riconoscono Gesù mentre spezza il pane. Subito dopo il Risorto sparisce dalla loro vista, ma nell’animo essi sentono un gran desiderio di tornare a Gerusalemme e portare la bella notizia agli Undici e agli altri.
La descrizione entusiasta da parte dei due fortunati però non basta a far riconoscere a prima vista il Signore apparso sùbito dopo nel Cenacolo. "Sconvolti e pieni di paura (gli Apostoli) credevano di vedere un fantasma".
Il fantasma non ha consistenza corporea, è solo una proiezione della mente. Si constatano degli effetti, un rumore, degli oggetti che si spostano, non se ne vede la causa e la si attribuisce ad una presenza evanescente.
Se ci chiediamo come mai l’apparizione del Signore risorto viene scambiata per una manifestazione di questo tipo la risposta sta nel fatto che in mezzo al gruppo degli Apostoli Gesù si presenta improvvisamente, attraversando porte chiuse. Il Risorto non aveva fatto la stessa impressione quando si era accostato per strada ai due sulla via verso Emmaus o ancora prima quando si era mostrato nel giardino del sepolcro a Maria Maddalena.
Dunque la consistenza fisica di Gesù risorto non è eterea e nemmeno sembra tale a prima vista. Gesù è con il suo corpo, non è ancora salito al cielo, solamente si conferma pienamente padrone della sua condizione umana in maniera da farsi toccare e poi di mangiare lui stesso, ma anche di spostarsi velocemente da un posto all’altro e di apparire e sparire in un attimo.
Attraverso le sue apparizioni Gesù non vuole incutere paura, ma dà ai discepoli delle prove certe della sua resurrezione e apre loro la mente a comprendere il significato pieno delle vicende che l’avevano riguardato.
Nella apparente ordinarietà della figura del Risorto al momento delle apparizioni rientra senza dubbio il fatto che Egli portasse delle vesti comuni, forse le stesse della sua vita terrena, rese speciali dalla sua persona, come era successo nell’episodio della Trasfigurazione.
Là sul monte Tabor, come in un anticipo di resurrezione, le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra avrebbe potuto renderle così bianche.
Solennità e semplicità sembrano essere le caratteristiche del modo di vestire del Signore, prima e dopo la Pasqua, e ciò vale per norma della liturgia e in genere dello stile di un cristiano.
Adamo ed Eva nel giardino di Eden non avevano vesti. Dopo il peccato originale, Il Signore Dio fece all'uomo e alla donna tuniche di pelli e li vestì. Vestirsi per la prima coppia umana valse non solo come un atto riparatore o un mezzo di protezione, ma fu il punto d’inizio della cultura e della cura per le cose belle.
L’abito manifesta la persona, nonostante il proverbio che dice il contrario. Attraverso l’abito ci si abitua ad un ruolo sociale e ci si determina a compiere gli atti corrispondenti al proprio abbigliamento.
Un operaio si riconosce dalla tuta blu, un calciatore dai colori della maglia, un pubblico ufficiale dalla divisa.
Anche la celebrazione liturgica ha le sue vesti e le sue suppellettili. Gesù istruisce i suoi discepoli in modo che l’Ultima Cena venga organizzata presso una casa privata ma signorile, "al piano superiore" in "una grande sala con i tappeti" arredata e da preparare con tutto l’apparato necessario per il rito della Pasqua.
Al modo di fare della liturgia che si serve anche di vesti e suppellettili ci si deve abituare un po’ alla volta. Una veste liturgica o un arredo sacro si può considerare come l’incarto di un pacco dono. Sarebbe stupido fermarsi ad esso, ma la sua fattura segnala la preziosità del regalo ivi contenuto e invita ad accogliere il dono con deferenza e a riceverlo con venerazione.
Nella liturgia all’esigenza della praticità e funzionalità si unisce il gusto dell’ornamentazione e la sottolineatura del rispetto di cui circondare il luogo e il momento della preghiera.
Le vesti liturgiche con i loro colori e le loro fogge assolvono dunque alla funzione di marcare come solenni il luogo e il momento della preghiera e di dichiarare sacri cioè provenienti da Dio e riservati a Lui i gesti e le parole di questa preghiera.
Al centro della celebrazione sta Dio che parla e si rende presente nella celebrazione dei Sacramenti. Anche le vesti tuttavia, insieme agli oggetti e al canto contribuiscono a far riconoscere presente in mezzo alla comunità che prega il Signore Risorto e ne celebrano la maestà e la bellezza.
Se la foggia della veste deve cercare di conformarsi il più possibile alla solennità del mistero celebrato, essa non ne deve soppiantare la verità. La semplicità che ha sempre usato Gesù nell’incontrare i suoi discepoli non può non ispirare anche il contegno di coloro che intendono pregarlo. Questo vale sia per i ministri sull’altare che per i fedeli che prendono posto sui banchi.
Alle vesti speciali dei ministri fanno riscontro quelle civili dei fedeli, ma sempre ispirate a compostezza, semplicità, dignità.
La comunità cristiana radunata in chiesa per la preghiera settimanale esprime anche con il contegno e il vestiario contemporaneamente la solennità del mistero celebrato, la gioia di ritrovarsi attorno al Signore risorto per far festa e il rispetto del luogo sacro.