Omelia (10-05-2009) |
padre Mimmo Castiglione |
Prodotto interno lordo! Bisogna portare frutto ed essere operosi! Sempre più attivi, producendo tanto senza che sia mai abbastanza. Ma produrre cosa? Prosperità e abbondanza sono la vite d’oro! Ornamento nel tempio di Erode il vecchio (che non è grande!). Richiama letizia in cielo e fecondità in terra, con grappoli grandi quanto è alto un uomo. Ricorda la terra promessa dopo la schiavitù d’Egitto. Nelle monete riprodotti i tralci, per liberarsi d’altra schiavitù, di tanto tempo dopo, quella che poi distruggerà il sacro suolo. Gesù è la porta d’accesso fregiata di vite di sangue, nel santuario del Padre. È il tempo della cura delle viti, nella Valle del Belice in Sicilia. Terra del Gattopardo piena di vigneti e di cantine, dove per qualche tempo ho vissuto sotto lo sguardo protettivo della Madonna della Grazia. Proprio qui è di casa il buon vino, che richiama l’Eucaristia, segno d’unione festosa e della solidarietà. Che fatica lavorare la terra! Ma anche quante soddisfazioni! E che sudori! Me li ricordo eccome! E sì! La vite esige molte cure, lo sanno bene i contadini. Rossi in volto, dall’alba fino al tramonto. Con la schiena curva e le braccia spezzate dalla stanchezza. Germoglia in primavera la vite, dopo la potatura di dicembre. Ed è sofferenza, anche se il gelo attutisce il dolore! Soffrela donna che partorisce prima di dare al mondo il figlio. Soffre il chicco di grano che se non marcisce non produce. Poi la purificazione, la scelta dei germogli da mantenere e quelli da eliminare. I tralci che si intrecciano ai fili. La medicina da spruzzare per evitare il male. Poi è la vita e si gioisce, dimenticando per amore la fatica ed il dolore! E si prega per la pioggia, scongiurando grandine, perché discenda dal cielo quanto basta, per dare succo agli acini e la giusta gradazione, che aumenta un po’ se il cielo piange anche d’estate. Vigna e vite nella Sacra Scrittura, bene prezioso e benedizione quando coltivata feconda produce tanto, simboli d’Israele sposa che stenta d’essere fedele a Dio producendo uve amare. Ma si sa! Avere a che fare con la condizione umana non è un buon affare. Il rischio è quello di rimanere delusi. E lo si è, quasi sempre! Quanti abbandoni! Pure la nostra storia è ricca di infedeltà? La mia di certo! E la tua? Necessitava dunque recuperare! Passaggio audace. Gesù primogenito recupera, capo di un corpo dedito a Dio Padre. Gesù è la nuova vigna, la vera vite, florida di frutti generosi di carità e d’amore, partecipati a quanti diventeranno suoi discepoli rimanendo uniti a lui al ceppo, virgulto del tronco di Iesse, purificati dalla lavanda dei piedi, innestati attraverso l’ascolto fedele della sua parola. In Gesù la produzione è garantita! È Grazia! Niente sterilità! Con il Maestro nessuna delusione. Condizioni perché ci sia un buon raccolto: lasciarsi potare, lasciarsi purificare nelle proprie morti interiori, nelle illusioni. Tanti pampini riempiono gli occhi, ma poi? Rinunciando ai propri vizi, al male; e rimanere uniti a Gesù, come i tralci alla vite, che per produrre non si possono staccare, anche sotto la croce. Svincolandosi da altri avvinghiati: cattive compagnie! PREGHIERA Pietà o Dio, paziente vignaiolo, per tutte le volte che ti ho impedito di potarmi. Pietà Signore, per la mia autosufficienza che non mi fa rimanere con te, rendendomi tralcio sterile. Pietà Gesù, se per ottenere busso altrove! Pietà Maestro, non sono un buon discepolo, non rendo gloria a Dio. |