Omelia (24-05-2009)
padre Gian Franco Scarpitta
E' necessario per noi

Anche per fugare dubbi intorno all’apparente contraddizione fra il racconto di Luca 24 e quello di Atti intorno all’ascensione di Gesù (Nel primo caso Gesù infatti viene portato al cielo quasi immediatamente; nel libro degli Atti si afferma invece che il suo ingresso definitivo alla "destra del Padre" avviene dopo 40 giorni) l’esegeta Benoit afferma che l’ascesa di Gesù al cielo, quella reale ed effettiva, è avvenuta quasi dopo la sua resurrezione, come del resto attesta in forma velata l’obiezione del Signore alle donne: "Non mi trattenete, perché non sono ancora salito al Padre". Una volta risuscitato, Cristo entra nella sfera definitiva della gloria celeste, la sua ascensione è immediata perché immediato è il suo ingresso nella pienezza della vita divina, giacché essendo lui vittorioso sulla morte assume la vita definitiva che ora nessuno potrà mai togliergli e pertanto la "destra del Padre viene da lui conquistata poco dopo l’uscita dal sepolcro.
Quello che viene raccontato dai Vangeli e dal libro degli Atti in tutti i particolari riguarda invece il "secondo aspetto" dell’Ascensione di Gesù, ossia quello per il quale egli manifesta a noi il suo nuovo stato di Risorto, la sua nuova dimensione di perfezione e di vittoria definitiva sul male e sulla morte, così come avviene a proposito delle apparizioni. Cristo insomma, risuscitato ed entrato nella gloria alla "destra" del Padre, per 40 giorni manifesta a tutti la sua gloria attraverso le apparizioni, i moniti e gli insegnamenti definitivi, mostrando finalmente la sua dimensione pasquale agli occhi dei discepoli nel suo essere sottratto al loro sguardo, perché comprendano materialmente la sua vera destinazione definitiva e soprattutto prendano coscienza della sua signoria di Re invitto e glorioso e perché si immedesimino nel suo mistero ineffabile. E in effetti, rendere manifesta la sua ascensione al cielo agli occhi degli uomini non è una necessità sua, ma un bisogno che abbiamo noi e che di fatto lui per noi realizza guarda caso nello stesso monte che lo aveva visto agli arresti, il monte degli Ulivi: lo stesso Signore che si era consegnato alla mnorte adesso ci si manifesta come padrone esclusivo della vita nell'entrare nella gloria celeste.
E in effetti, come dice San Paolo "Cristo risuscitato non muore più; la morte non ha più potere su di lui" (Rm 6, 9) essendo egli l’autore della vita (At 3, 11) e pertanto ha deliberato di tornare definitivamente nella dimensione divina piena simboleggiata dal termine "destra", ossia la posizione di parità e di uguaglianza con Dio.
Con questo fenomeno avviene in ogni caso che Cristo si sottrae alla nostra percezione sensoriale per entrare nella nostra vita attraverso l’unica risorsa della nostra adesione di fede che lo vede presente e operante nonostante la sua assenza materiale.
E’ vero infatti che Gesù, pur ascendendo, aveva promesso: "Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo"; la sua presenza è pertanto certa ed effettiva anche se impercettibile al tatto e all’udito e che egli operi sempre in noi e con noi è un dato di fatto che scaturisce dalla sua promessa.
In parole povere, che Cristo sia asceso al cielo non pregiudica che egli sia presente dalla nostra vita, ma suppone al contrario che la nostra vita sia piena, costante e determinata sotto tutti gli aspetti in forza di una presenza invisibile ma certa, che noi siamo invitati a riscontrare solamente nell’ottica della fede, che è prova delle cose che non si vedono (Eb 11, 1). La presenza reale di Cristo ci viene data nei segni visibili della sua vicinanza che sono i Sacramenti, nei quali egli agisce apportando sempre una novità di trasformazione nella nostra vita; come pure ci viene data nella preghiera, specialmente liturgica e comunitaria, nella comunione (dove due o più sono riuniti nel mio nome io sono in mezzo a loro) e nella carità vicendevole fra di noi e verso gli altri.
L’ascensione di Gesù è infatti anche un invito al coraggio e alla decisione di saper percepire la presenza del Signore attraverso un’ottica del tutto differente da quella a cui è abituato l’uomo comune, la quale abbia come presupposto e come fondamento l’apertura del cuore e la capacità spontanea di affidamento e per questo essa ci è di sprone a ravvivare in noi la fiducia e la speranza che il Risorto vive sempre con noi.
Gesù fa ritorno verso la completa dimensione della divinità, essendo assiso assieme al Padre e allo Spirito Santo e che la sua umanità non è smentita ma assunta nella gloria, il tutto compendiato nelle parole di San Paolo: "Che cosa significa "asceso" se non che prima "discese"? (I Cor); e questo lo qualifica come Dio e re di tutto l'universo... Un Dio e re che sarà sempre con noi, partecipando delle nostre vicende e delle nostre sofferenze, così come delle nostre gioie ed esultanze. Un Dio e re che attraverso i sacramenti dispenserà –proprio lui- la sua grazia e potenza salvifica a ciascuno dei credenti, comunicando il coraggio, la forza e la costanza nella prova.