Omelia (10-05-2009) |
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Vite e tralci: l'esperienza di una vita La pagina evangelica che oggi viene proclamata fa parte di uno dei discorsi di addio che Gesù pronuncia prima di affrontare la passione. L'immagine che ci viene proposta è quella della "vite" e i "tralci". Questa similitudine non deve assorbire tutta la nostra attenzione, in quanto il brano in questione contiene altre espressioni che ci offrono la possibilità di una comprensione maggiore e di una interiorizzazione profonda della metafora. Dobbiamo immaginare una riflessione che l'evangelista fa con e per la sua comunità, nel tentativo di risolvere qualche problema che serpeggia tra i cristiani. È come se l'evangelista stesse richiamando i componenti della comunità al valore fondamentale e fondante della scelta cristiana. In questo contesto la Parola acquista senso... Io sono la vera vite... in questa auto qualifica troviamo un senso pregnante della presenza di Gesù...con la denominazione vera vite precisa che Egli proviene realmente e concretamente da Dio, che in Lui e per Lui Dio continua ad operare nel mondo, Egli è l'immagine fedele della sostanza di Dio, è il compimento di tutte le scritture etc. Il messaggio che si può cogliere è che Gesù è la Verità di Dio Padre, Il Rivelatore per eccellenza, la Via che tira fuori da ogni dubbio, la strada da calpestare per arrivare a quella comunione a cui tutti gli uomini aspirano. Dopo questa auto presentazione si può dire che vale la pena fidarsi e affidarsi a Lui, anche perché nel mondo non sempre troviamo delle realtà vere. La società in cui viviamo ha perso, nella maggior parte dei casi, questa connotazione di verità: parliamo tutti di "contraffazione" di mondo "virtuale", di comunicazione online, di mms - sms etc. tutte cose con le quali conviviamo, che non portano ad un incontro reale, ad un intreccio di relazioni, ad uno scambio di opinioni. Tutt'altro proiettano l'uomo lontano dal suo simile, lo rendono apparentemente un'isola felice e lo conducono sempre più verso l'emarginazione o depressione. Dall'unione reale con Gesù Cristo dipende la nostra vita... Cerchiamo Cristo!!! Il Padre è il vignaiolo... non si deve intendere il custode della vigna, ma il proprietario del terreno. La differenza è sostanziale. Infatti l'evangelista ci offre un insegnamento molto alto: la vita dell'uomo è radicata in Dio...è Lui il fondamento della nostra esistenza ed è a Lui che dobbiamo ricorrere e trarre alimento se vogliamo dare un senso alla nostra quotidianità. "Dare un senso" gli altri cantano questa realtà e su di essa ci speculano e noi, in modo spensierato, gli corriamo dietro. Gesù si propone come "senso vero" e l'ha dimostrato offrendosi per noi... e a noi tutto ciò scivola addosso come la pioggia su un impermeabile. Il vangelo ci dice di prendere sul serio la proposta che Dio ci fa attraverso Gesù Cristo. Per tentare una realizzazione di tutto ciò, il testo del vangelo ci invita a prendere coscienza di alcune cose: essere mondi e rimanere in Lui. Essere mondi... Gesù parla di purezza. Il senso a se stesso, alla propria vita e alle cose si dà praticando le virtù e puntando sui valori. La maggior parte delle virtù e dei valori non vengono più considerati perché pensiamo, che nell'era in cui regna la tecnologia, sono abbondantemente superati o che sanno di antico... e tutto ciò che sa di passato viene elegantemente messo da parte. Ma forse si annida una tentazione: tutto ciò che mi potrebbe far riflettere e rientrare in me stesso... lo reputo una spazzatura. Ma la vita in genere e l'esperienza umana ci insegnano che l'esercizio di alcune virtù e la pratica di alcuni valori sono fondamentali nella costruzione del proprio IO e della propria personalità. Dove trovare tutto ciò? La risposta del Vangelo è chiara: "nella parola che vi ho annunziata". È nella vita di Gesù Cristo, vangelo vivente, e nell'insegnamento della Chiesa che possiamo trovare "l'elenco" delle virtù e dei valori che ci permettono di stare sulla terra, ma con lo sguardo rivolto verso l'alto. Altro elemento è rimanere in Lui... dimorare e rimanere hanno lo stesso significato e sono legati all'esperienza vitale dei discepoli per cui "il racconto ha il sapore di un'intera vita; ha la potenza non di un ricordo ma di una radice, di un principio, di una fonte che continua a sgorgare e che ha segnato tutta la vita e quella di tutti i discepoli" (Elia Citterio). L'esperienza del rimanere è centrale perché non si tratta di un "tenere" ma di un "lasciarsi tenere", perché il frutto non solo si fa', ma bisogna farlo crescere. Commento a cura di don Alessio De Stefano |