Omelia (24-05-2009)
padre Paul Devreux


Ascensione, ultima solenne apparizione di Gesù che dà le sue ultime consegne e poi, sotto gli occhi dei discepoli, sale al cielo. Elia aveva promesso al suo discepolo Eliseo, che se l'avesse visto salire al cielo avrebbe ricevuto il suo spirito, e così è dei discepoli con Gesù.
Ma, prima di partire, Gesù fa le sue ultime raccomandazione invitando i suoi discepoli a proclamare il vangelo, cioè la scoperta di un Dio padre e amico dell'uomo.
Dice che chi crederà e sarà battezzato, sarà inserito nel corpo di Cristo e avrà la prospettiva della vita eterna; chi non crederà sarà condannato, non da Dio, ma dal fatto stesso di non credere; non si tratta di una colpa, ma semplicemente di un dato di fatto misterioso e la conseguenza sembra essere più che un inferno, la morte in eterno.
I segni che accompagnano i credenti oggi nella chiesa sono mal visti, forse perché non siamo più credenti come i primi discepoli, o perché la gran maggioranza dei credenti non riesce più a farli, o perché considerati fonte di vanagloria, o semplicemente perché la chiesa è cresciuta; fatto sta che sono stati abbandonati o reinterpretati. Cosa resta? La predicazione e l'azione del Signore nella vita delle persone, che conferma l'autenticità della parola. Questo è rimasto a sostegno di chi annuncia e di chi ascolta, ma per arrivare a questo la prima condizione era l'ascensione di Gesù al Cielo, anzitutto perché fin quando c'era Lui, nessuno osava parlare, e poi perché dal Cielo può intercedere per noi. In questo modo la sua presenza cambia stile, ma soprattutto diventa universale.
Anche noi siamo chiamati a parlare e a fare per un certo tempo, e poi a sparire per lasciare spazio ad altri, che sicuramente, grazie a Dio e a quello che avranno imparato da noi, sapranno parlare e fare meglio di noi.
Gesù ha avuto questo coraggio e questa generosità di andarsene; non si è insediato definitivamente a Gerusalemme da risorto, la sua assenza è voluta, e gioisce ogni volta che vede qualcuno di noi fare cose belle o nuove, come dei genitori che sono contenti guardando i loro figli crescere.
Anche per noi è bello vedere gli altri crescere, ma riesco ad essere contento quando vedo che mi superano e che io sono destinato a diminuire? Oppure prevale un disagio e la domanda: "Che ne sarà di me?". Questa è la condanna di chi non riesce a credere alla buona notizia, al fatto che Gesù è salito al Cielo, dove il Padre gli ha preparato un posto alla sua destra, e ora sta preparando un posto anche per noi. Questa è la prospettiva, questo è il futuro, e questo è ciò che può permettere anche a me di avere la libertà di amare, di fare spazio agli altri, godendo dei loro successi.