Omelia (24-05-2009)
don Giovanni Berti
La fede salva... nell'aldiquà

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La fede salva!
E’ questo il primo messaggio che appare chiaro dalle parole che Gesù consegna ai suoi discepoli alla fine del suo percorso terreno prima di staccarsi definitivamente, dopo gli anni nei quali è stato maestro e dopo che è morto e risorto.
La salvezza viene dal credere: perciò è importante allargare sempre più la cerchia dei credenti, diffondendo Gesù...
Ma la salvezza e, allo stesso modo, la condanna che vengono dal credere dal non credere, che cosa significano? Gesù parla della salvezza e della condanna ultraterrena?
Credere o non credere fa la differenza solo nell’aldilà?
Dalle parole successive che Gesù risorto pronuncia prima di salire al cielo sembra proprio di no: la salvezza o la condanna hanno più a che fare con l’aldiqua che con l’aldilà.
Se ci penso bene, io credo non tanto perché penso all’aldilà come luogo di premio o di condanna, ma penso più a quello che vivo ora e adesso.
Sicuramente questo modo di impostare la mia fede cristiana viene dal fatto che sono ancora relativamente giovane e in salute, e non penso alla morte e a quello che ci sarà dopo la vita.
Io credo in Dio, e in particolare in Gesù, perché sento che questo salva la mia vita già adesso e non solo nel regno futuro che sento lontanissimo...
Nel film "Angeli e Demoni", in questi giorni al cinema, ad un certo punto uno dei personaggi, un prete, chiede al protagonista principale se crede in Dio, e questo, mostrando un certo imbarazzo di fronte ad una domanda così profonda, risponde dicendo: "questo non mi è concesso...". Vedendo questa scena mi sono sentito interpellato, e mi sono chiesto che cosa risponderei io ad una domanda così semplice ma nello stesso tempo così radicale e decisiva.
Non mi viene chiesto se approvo la Chiesa, se credo in questo o quel dogma o insegnamento, ma "chi è Dio per me e se ci credo..."
Posso dire che credo in Dio, non perché ho paura in una condanna finale, ma perché l’esperienza di vita mi ha portato a credere che davvero la mia vita in Gesù si salva, e al contrario, se non curo questa fede e lascio andare via Gesù dal centro di quel che sono, allora sperimento che la vita si perde e si "guasta".
Credere è diventare capaci di scacciare i demoni dell’ingiustizia, della violenza, dell’orgoglio che ci sono in noi ma anche fuori, nel mondo nel quale viviamo.

Oggi ho visitato una mostra sull’Olocausto degli ebrei durante il periodo nazista e fascista. All’ingresso della mostra c’era lo slogan che diceva più o meno così: "ricordare il passato per proteggere il futuro".
Come cristiano mi sento obbligato a diffondere il Vangelo della pace, il Vangelo della tolleranza e dell’accoglienza. Se riesco a far sì che sempre più persone credano in questo Vangelo allora davvero il mondo si salva insieme a me.
Credere è anche, secondo le parole di Gesù, parlare lingue nuove. Sento davvero che la fede mi spinge a trovare sempre nuovi spazi e occasioni di dialogo, imparando a gettare ponti di comunicazione fraterna anche laddove sembra ci sia solo incomunicabilità.
Mi è piaciuto molto quello che il Papa ha fatto nel suo recente viaggio in Medio Oriente e in particolare in Terra Santa. Mi è piaciuto come ha esortato alla fede e alla fiducia i cristiani di quelle terre, che sono pochi e schiacciati tra i due grossi contendenti che sono gli ebrei e gli islamici. Benedetto XVI ha detto, ai cristiani di quelle terre, di essere un piccolo ma insostituibile segno di pace e stimolo al dialogo.
Ecco cosa intende Gesù, quando dice che chi crede è accompagnato dalla capacità di parlare nuove lingue. Credere è comunicare e mettere gli altri in comunicazione tra loro. Al contrario se nella nostra vita prevale il disaccordo, il continuo fraintendimento, il pregiudizio... tutto questo diventa un chiaro segno di poca fede, anche fossi devotissimo e piissimo nelle celebrazioni domenicali.
Chi crede invece è accompagnato dai segni buoni che cambiano il mondo e lo rendono vivibile, proprio come pensava e pensa ancora adesso Gesù.


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