Omelia (24-05-2009)
padre Antonio Rungi
Il nostro canto di gioia per l'Ascensione del Signore

Celebriamo oggi l’Ascensione al cielo di nostro Signore Gesù Cristo, mistero della gioia e di speranza per ogni cristiano. Cristo, infatti, sale al cielo tra i canti di gioia del suo popolo in festa, perché va a preparare un posto nel suo Regno per tutti i suoi figli e per gli uomini di buona volontà. La solennità dell’Ascensione ci proietta con la mente ed il cuore al nostro ultimo e definitivo destino, quello della vita oltre il tempo e per un’eternità beata. Oggi, più della stessa solennità della Pasqua i cristiani sono in festa e gioiscono perché il loro Signore e Redentore ritorna al luogo della sua partenza, non dopo aver portato a termine la sua missione redentiva nei confronti del genere umano. Infatti, il Signore Gesù, re della gloria, vincitore del peccato e della morte, oggi è salito al cielo tra il coro festoso degli angeli. Mediatore tra Dio e gli uomini, giudice del mondo e Signore dell’universo, non si è separato dalla nostra condizione umana, ma ci ha preceduti nella dimora eterna, per darci la serena fiducia che dove è lui, capo e primogenito, saremo anche noi, sue membra, uniti nella stessa gloria. E’ questa la consolante promessa per tutti noi: dove è Lui saremo anche noi. Ma per realizzare questo sogno di eternità è necessario lavorare per la nostra personale santificazione e per quella dei nostri fratelli. Siamo invitati a guardare e a fissare il cielo, ma siamo anche richiamati a camminare con i piedi per terra.
E’ bello guardare e fissare l’azzurro del cielo, il sole, la luna, le stelle ed il creato intero che esprimono il senso dell’infinito e dell’eterno, ma è dovere di ciascuno di noi fissare lo sguardo sulle realtà, non sempre positive, di questa nostra martoriata terra, che necessita di testimoni di santità e di vita nuova in Cristo, capace di risvegliare le coscienze dei lontani. Cristo non è infatti lontano, egli è più intimo a noi più del nostro stesso cuore. La sua ascensione è in realtà la nostra maggiore vicinanza a Lui. Egli ci attende in un luogo meraviglioso, eterno, di vera felicità. Il posto è stato prenotato, bisogna far sì che venga occupato quando Egli ci convocherà e noi dobbiamo essere pronti per rispondere: Eccomi Signore, prendimi per mano, Dio mio, verso i pascoli eterni e la gioia senza fine.
Nel racconto circostanziato degli Atti degli Apostoli del momento dell’Ascensione, comprendiamo perfettamente ciò che hanno sperimentato nel loro cuore i discepoli di Gesù: dolore per la partenza, ma certezza e gioia della sua vicinanza, comunque e sempre, anche se in modo diverso rispetto al passato.
Il breve brano del Vangelo di Marco ci dice come stanno esattamente le cose per i cristiani e per la chiesa dopo l’ascensione al cielo del Signore. Noi siamo i suoi missionari, noi siamo i suoi inviati. Dovunque siamo e qualsiasi cosa facciamo abbiamo il dovere di far conoscere, amare e servire il Signore. E ciò è possibile in vari modi e in molteplici circostanze; ma un modo più rispondente alla cultura di oggi è quello dell’uso dei mass-media. Nell’annuale messaggio del Papa per le comunicazioni sociali, in occasione della giornata mondiale delle comunicazioni che si celebra nel giorno dell’Ascensione, dobbiamo comprendere cosa ci spetta fare per evangelizzare ed andare in tutto il mondo a portare il vangelo. Una volta i missionari camminavano fisiacamente per portare il vangelo, oggi camminano virtualmente attraverso la rete e sicuramente questo nuovo modo di evangelizzare risponde meglio alle attese dei giovani che usano Internet e che in questo modo possono accostarsi indirettamente a Cristo e alla Chiesa. Le comunicazioni sono un’opportunità nuova rispetto al passato: oggi, nell’era della globalizzazione, dobbiamo viaggiare e navigare nella rete telematica per far conoscere Cristo a quanti hanno l’unico modo per comunicare con gli altri.
Il comando del Signore rivolto a tutti i suoi discepoli, quindi anche a noi, ci obbliga ad andare in tutto il mondo per portare la parola della salvezza, senza violare la coscienza e la libertà degli altri, ma semplicemente proponendo la via di Cristo, come via maestra verso la verità e la felicità. La salvezza che Cristo è venuto a portare riguarda tutti e la Chiesa in questo suo compito di evangelizzazione e missione non può assolutamente venir meno, anzi, deve farsi carico dell’esigenza di una nuova evangelizzazione utilizzando anche le nuove tecnologie per incontrare fisicamente e virtualmente il popolo di Dio sparso in tutto il mondo.
Il mistero dell’Ascensione che celebriamo oggi ci impegna a verificare la nostra fedeltà al vangelo e di conseguenza ad annunciare il vangelo con la coerenza della vita, prima di ogni parola che possiamo e dobbiamo dire a questo scopo. Giustamente l’Apostolo Paolo nella seconda lettura di oggi ci richiama ai nostri fondamentali doveri di cristiani anche in questo nostro tempo, che allontana sempre di più dal proprio orizzonte l’esperienza di una fede vissuta e proclamata. Bisogna comportarsi in maniera degna della nostra identità umana e cristiana, come leggiamo nella lettera agli Efesini, oggi.
La grande gioia che pervade il nostro cuore in questo giorno di festa, perché Cristo è andato a prepararci un degno posto a ciascuno di noi nel suo Regno di luce, pace, amore, carità e verità, ci fa elevare con forza la preghiera a Colui è la nostra speranza e la nostra vera felicità: "Esulti di santa gioia o Padre, per il mistero che celebra in questa liturgia di lode, poiché nel tuo Figlio asceso al cielo la nostra umanità è innalzata accanto a te, e noi, membra del suo corpo, viviamo nella speranza di raggiungere Cristo, nostro capo, nella gloria".