Omelia (31-05-2009) |
Marco Pedron |
Varcare la soglia della materia Oggi la chiesa celebra la festa di Pentecoste. Il centro delle letture non è, come al solito, il vangelo, ma la prima lettura dagli Atti degli Apostoli, in cui si racconta l’evento fisico della Pentecoste. Pentecoste è una parola greca e significa cinquantesimo giorno; si celebra cinquanta giorni dopo Pasqua. Pasqua era anticamente la festa di primavera, Pentecoste l’inizio della raccolta del grano. Per gli ebrei Pasqua ricorda il passaggio del mar Rosso e Pentecoste i comandamenti sul Sinai. Per i cristiani, Pasqua è la resurrezione di Gesù, Pentecoste l’effusione dello spirito. Gesù a Pasqua se ne va al cielo, ma a Pentecoste ritorna sotto un’altra forma: lo Spirito. Per gli antichi cinquanta era il numero della pienezza di un tempo. A cinquant’anni anni a Roma, si era dispensati dal servizio militare. Per gli ebrei il cinquantesimo anno era l’anno del giubileo, della riflessione, dove uno si fermava per riflettere su quanto c’era stato di corretto e di scorretto nella propria vita. Allora la Pentecoste, i cinquanta giorni, indicano che un tempo è finito. E’ giunto a compimento il tempo del Gesù terreno e delle sue apparizioni e si apre un nuovo tempo: il tempo dell’uomo, della chiesa e dello spirito. Cos’era successo? Dopo la morte di Gesù, gli apostoli furono presi dallo scoraggiamento, dalla paura e dalla delusione. Si trovano insieme nel cenacolo, ma sono rinchiusi, hanno una paura folle. Il cenacolo rappresenta il grembo materno, l’essere avvolti, protetti: lì sono al sicuro, nascosti, ma nello stesso tempo non annunciano nessun messaggio. Si sono rinchiusi e temono di uscire fuori, sono in preda alle loro paure. Quante persone sono rinchiuse nei loro luoghi protetti, impaurite da tutto, in panico, con una folle paura del cambiamento. Una ragazza ha detto: "Non lo amo, ma me lo sposo lo stesso. Ho troppo paura di rimanere da sola". Per gli apostoli, la pentecoste è stato un momento di forte crisi, di forte scelta, di ridiscussione della propria vita. E’ stato un terremoto, un uragano, uno scossone. Da una parte si dicevano: "Ma come facciamo a fidarci di quell’uomo, Gesù, che adesso è morto?". Dall’altra: "Però è anche vero che lo sentiamo prepotentemente vivo dentro di noi". Ritirarsi dall’impresa o andare fino in fondo? Che fare? Rimanere chiusi e tranquilli nel cenacolo, o uscire fuori con i rischi che tutti sappiamo? Scom-bussolare vuol dire che la tua bussola, i tuoi pensieri e la tua vita andavano in un senso, verso un punto cardinale, e adesso cambi orientamento. Nessuno spirito può scendere in chi non si vuole lasciar scombussolare. Perché lo spirito distrugge le tue case, i tuoi rifugi mentali, le tue certezze, i tuoi nidi. Allora è da augurare a certe persone uno scossone, non perché gli vuoi male, ma perché gli vuoi bene, perché altrimenti sopravvivono, non si rendono conto, non vedono proprio certe cose. Allora ci serve una pentecoste, una crisi, uno scossone, un terremoto, che distrugga i nostri nidi e ci butti fuori; che ci costringa a venire fuori dai nostri cenacoli di paura e ci costringa a porci certe domande. L’irruzione dello spirito, di qualcosa di nuovo, è sempre preceduto da una crisi. La crisi è il momento in cui si decide se una cosa deve continuare, essere modificata o finire. La crisi è un conflitto tra due tendenze. Una dice: "Stai qui, non rischiare. Non lasciare il vecchio per il nuovo. Ma chi te lo fa fare. E’ pericoloso". L’altra dice: "Quello di prima non va più bene. Adesso bisogna cambiare, bisogna crescere, bisogna evolvere, anche se costa ed è doloroso". Allora quando chiedete lo spirito, ricordatevi che lo spirito non viene se non scombussolandovi, mettendovi sotto-sopra, cambiandovi. Sarà per voi un terremoto: lo volete ancora? Molte persone parlano un po’ troppo a vanvera dello spirito: non sanno cosa voglia dire. Vogliono lo spirito, ma non il cambiamento e i terremoti: cioè, rifiutano lo spirito! La parola greca crisi vuol dire separare, distinguere, dividere: la crisi è un punto di svolta, di separazione, dove è importante distinguere ciò che è da tenere e ciò che è da lasciare; riconoscere il nuovo e avere il coraggio di lasciare il vecchio. Non possiamo crescere, evolvere, sfuggendo le crisi. Ci sono le crisi della vita: gli anni che passano; il passaggio all’adolescienza; i quarant’anni; la fine della gioventù e l’immissione nel mondo adulto; la morte di una persona che si amava; uno che ci lascia o che si allontana da noi; la perdita del lavoro. Ci sono le crisi mentali: i nostri concetti religiosi chiedono di essere allargati; le nostre sicurezze non tengono più; le nostre convinzioni vengono scalzate. Ci sono le crisi affettive: il nostro modo di amare oggi non va più bene, richiede nuova profondità; emergono dal nostro profondo paure, blocchi o cose che ignoravamo; ci accorgiamo di non essere poi così tanto liberi. Ogni crisi è un terremoto, un travaglio, un conflitto; ma ci matura, ci fa più forti, ci scuote. La crisi è il momento della discesa dello spirito, in cui ti purifichi, in cui lasci spazio perché la Vita ti faccia più vero, più maturo, più libero e più trasparente. Chi evita la crisi rimane infantile. La crisi è il modo con cui la Vita, Dio ci modella e ci plasma, ci forgia e ci rende come Lui vuole. La festa di Pentecoste esprime la verità che Dio abita dentro di noi. Dio non è più presente fisicamente in mezzo a noi; Dio è presente con il suo Spirito. Quando noi sentiamo questa affermazione pur registrandola con la mente e sapendola ripetere a memoria, traduciamo così: "E cosa vuol dire tutto questo? Io non lo sento! Cos’è lo Spirito?". Se noi chiediamo alle persone cos’è lo Spirito, la maggior parte non vi saprà cosa rispondere. E se non sa rispondervi è perché non lo conosce, non ne ha esperienza, non lo ha mai vissuto. Molti pensano che lo Spirito sia qualcosa che si aggiunga a quello che siamo. Quindi, ne posso fare anche a meno. Ma lo Spirito non è un di più, ma qualcosa che noi già siamo. Altri pensano – e non vi è cosa più errata – che lo Spirito sia in contrasto con la materia. Per cui spirituale vuol dire disincarnato, fuori del mondo. E quando pensano ad una persona spirituale si immaginano un monaco che vive quasi fuori dal mondo, solo pregando e che odia tutto ciò che c’è nel mondo. Queste persone potrebbero leggere un po’ di più il vangelo e osservare quanto materiale fosse Gesù, che mangiava, beveva, faceva festa, si divertiva e toccava. E non si può dire che non fosse spirituale! Lo Spirito non viene in noi un giorno della nostra vita, ma abita già in noi. Lo Spirito non è nient’altro il modo con cui Dio abita in noi. Ed essere spirituali non è pregare molto, o fare cose religiose, frequentare la chiesa o fare pellegrinaggi. Essere spirituali vuol dire vivere facendo emergere ciò che ci abita dentro. E’ un modo di vivere. Lao-Tse (taoismo) dice: "Tutto è Uno e l’Uno è in tutto". E così il Buddismo Zen o altre mistiche orientali hanno idee simili: dietro a ciò che si vede (apparenza) c’è una realtà più grande, o meglio, c’è la vera realtà. I mistici cristiani (Eckhart) dicono: "Tutte le creature sono orme di Dio... Dio ha creato tutte le cose, non che le abbia fatte divenire e poi abbia proseguito il suo cammino, ma è rimasto in esse". Eppure se io guardo una persona non vedo Dio, vedo una persona. Che cosa vedevano questi uomini? Madre Teresa è ancor più chiara. Un giorno disse ad un giornalista: "Vede, io Dio lo vedo chiaramente. E’ qui in questo uomo che soffre o in quello lì, di quel letto lì, abbandonato da tutti. Dio è in me, Dio è in lei. Se lei non lo vede non è un affare mio. Per me la cosa è così evidente!". Che cosa vedeva questa donna? Che occhi aveva da vedere Dio presente in ogni creatura? Francesco vedeva Dio nell’acqua, nel sole, nella luna, perfino nella sorella morte. Che era, pazzo? Era solo un romantico, un poeta? O aveva valicato la soglia della materia? Gesù che guardava gli uccelli del cielo o i gigli del campo e affermava che neppure Salomone in tutta la sua ricchezza vestiva come loro: cosa vedeva? Era pazzo o aveva varcato al soglia della materia? Quando Gesù proclamava le beatitudini e diceva beati i poveri, quelli che piangono, quelli che soffrono, era un pazzo? Chi vuole soffrire, chi vuole essere perseguitato, deriso o imprigionato? Nessuno che sia sano di mente! E allora, che cosa vedeva Gesù? Non è che avesse valicato la soglia dell’apparenza? Einstein un giorno definì una formula E=mc2. Questa formula stabilisce che la materia è anche luce, spirito. Questa formula scientifica dice ciò che i mistici da sempre hanno vissuto migliaia di anni prima. Quando guardavano le persone, la natura ed ogni cosa, non vedevano la materialità, ma la luce, lo spirito che abitava in ogni cosa. Tu guardi un sasso e dici: "Che pieno!". Ma, invece, dentro è vuoto. Il 99% delle cose è fatto di vuoto. Se noi togliessimo il vuoto della materia, lo spazio che c’è tra gli atomi, la città di Milano sarebbe nient’altro che una pallina da tennis. Tu prendi un sasso e dici: "Senti che duro, senti che resistenza". Ma la resistenza non è data dalla materia ma dalle connessioni, dai rapporti che si instaurano tra i vari atomi del sasso. Tu prendi un sasso, lo guardi e dici: "Più materia di questa!". Dipende con quali occhi lo guardi. Perché quel sasso lì è energia condensata. Se tu lo guardi con altri occhi, gli occhi dello spirito, è luce. Tu sei seduto su di una sedia in questo momento. Indossi degli abiti e porti delle scarpe: più materia di questo! Ma ti sbagli perché tutto questo è energia condensata: così come il ghiaccio è acqua condensata, così la materia è energia condensata. Se tu entri dentro la materia della sedia e di ogni cosa, troverai degli atomi che ballano e danzano in maniera allucinante in un movimento frenetico. La sedia non è ferma, la sedia vive! La sedia dove sei seduto è materia, ma più dentro è energia. La scienza non fa altro che rendere scientifico ciò che da sempre i mistici hanno saputo: tutto è al tempo stesso onda, energia o particella, materia. Quando oggi lo scienziato analizza la materia, scopre tre cose fantastiche. Primo: ogni cosa è materia e spirito (luce, energia). Lo spirito si trova nell’unghia, nell’osso, nella pelle. Non c’è uno spirito dentro la materia. La materia è simultaneamente spirito e materia. Non esiste uno spirito distaccato dalla materia ma la materia stessa è spirito. Secondo: "Tutta la materia è formata dagli stessi elementi". Gli atomi del tuo corpo possono essere stati prima di Hitler, di Gesù, di un bue o di un dinosauro. "Ciò che può essere distinto è il tipo di connessione". E’, cioè, la relazione che io instauro con le creature che ne determina la diversità. Ma nel profondo io sono uguale ad ogni essere. La mia diversità è dovuta alla relazione che io instauro con le cose. La mia diversità è dovuta solo alla mia opera di trasformare in luce la materia che io sono. Ma ciò che viveva in Hitler o in un animale qualsiasi potrebbe vivere in me. Terzo: non esistono leggi determinate nel profondo della materia. Mentre il cosmo ha delle leggi ferree nei grandi sistemi, nella fisica subatomica non esistono leggi ferree, ma la domanda orienta la risposta (principio di indeterminazione). Cioè: tu avrai risposte in base alle tue domande. E vedrai in base ai tuoi occhi. Ora cosa c’entra tutto questo con la festa di Pentecoste di oggi? C’entra eccome: lo Spirito abita ogni cosa, è ogni cosa. Tutto è spirito o tutto è materia e questo dipende solo da come tu guardi le cose. Si tratta di andare oltre le apparenze. Gesù fu l’uomo del vedere dietro l’apparenza o dentro la realtà. Questa cosa Lui la chiamava "regno di Dio". E lo diceva sempre: "Il regno di Dio non è il paradiso, ma è qui, oggi, adesso. Dipende dai tuoi occhi". Gesù vedeva un fiore e vedeva Dio (vedeva la luce, lo spirito del fiore). Gesù vedeva gli uccelli del cielo ed esclamava: "Che meraviglia; chi può vestire come loro? che liberi!". Gesù vedeva i fatti di cronaca e vi vedeva dentro, leggeva la mano di Dio che insegnava. Gesù vedeva i sofferenti, i poveracci, le donne e mentre tutti se ne stavano lontani Lui li abbracciava, li incontrava, li baciava, li accarezzava e coglieva il loro desiderio e bisogno d’amore. Gesù vedeva i peccatori e mentre tutti si fermavano all’apparenza ("Siete peccatori, avete sbagliato, lontani da Dio!"), Lui andava dentro. Lui sapeva cogliere la luce che li abitava; Lui sapeva vedere la forza e il desiderio di vita che dormiva dentro di loro. Lui vedeva un pescatore qualsiasi e, mentre la materialità dice: "Uno che pensa solo ai soldi, al pesce e a vendere", Lui vi coglieva i desideri profondi del suo animo. Lui era vicino in croce ad un peccatore che aveva ucciso e, mentre tutti vedevano il malfattore Lui, gli disse: "Oggi sarai con me in Paradiso". Fu condannato a morte e, mentre noi non proviamo che rabbia verso coloro che lo condannarono, Lui vide la luce che si nascondeva nel profondo delle loro tenebre e disse: "Padre perdonali, perché non sanno quello che fanno". Gesù non vedeva tanto la materia; Gesù vedeva lo Spirito, la luce che c’è dentro ad ogni cosa. Tuo figlio ha 15 anni, è nervoso, ti risponde spesso in malo modo e spesso è aggressivo. Puoi guardare alla materia, rimanere nella superficie e dire: "Tu così a tuo padre non rispondi. Io vado a lavorare per te (cosa che è vera, per altro), fatico e porto a casa i soldi per i tuoi studi. Tu non mi rispetti". Allora lui ci prova; ma non ci riuscirà. Tu ti sentirai incompreso e offeso; lui si sentirà incompreso e in colpa. Ma tu lo puoi guardare con gli occhi dello spirito: "Cosa c’è dietro tutto questo? Cosa sta vivendo per essere così?". Forse non ce l’ha con te; forse sta tentando di muovere i suoi primi passi nella vita e ha molta paura. Forse nel suo animo c’è una confusione terribile e neppure lui sa chi è e cosa vuole. "Guarda meglio, guardalo dentro. La verità non è quello che sembra". Tu sei stata abusata da un tuo familiare. Questo ti ha creato un senso di vergogna e di non dignità enorme. Ti guardi allo specchio e ti fai schifo. Ti senti colpevole di ciò che è successo; anzi, credi di essere stata proprio tu la causa (ma avevi solo tredici anni!). E nel profondo ti senti sempre con quest’onta. Se guardi alla materia, a ciò che è successo, non hai scampo. Ti terrai per te tutto questo, non lo dirai a nessuno, rimarrà il tuo segreto e per tutta la vita avrai la sensazione di essere sporca e indegna di vivere. Ma se tu riesci ad entrare dentro, potrai trovare la luce. Tu sei ancora degna di vivere; questo fatto così doloroso non ha cancellato la tua bellezza profonda, quella che Dio vede. Tu sei ancora pura ai suoi occhi. Se tu riesci, tra dolore e lacrime, ad andare oltre, tu puoi ritrovare la luce. Tu puoi trasformare la dura realtà e accedere al tuo spirito, alla tua parte incontaminata, quella che sta oltre l’esterno, oltre i fatti della vita. Ogni mattina passi davanti ad un albero secolare. E’ lì da tanto tempo, prima di te e forse lo sarà per tanto tempo anche dopo di te. Ma tu non ti sei mai reso conto che c’è, non ti sei mai fermato a guardarlo, non ti sei mai seduto alla sua ombra, non lo hai mai visto, realmente visto. Per te è solo legno e non ti sei mai fermato a pregare ai suoi piedi, non hai mai imparato da lui. Non cogli il suo spirito, non riesci a penetrarlo, non riesci ad accedere alla luce che contiene. Hai un sacco di cose da fare – ti dici-, ma non ti chiedi mai perché sei sempre così irrequieto, nervoso? Nel fondo sei sempre insoddisfatto e mai pienamente felice. Poi te la racconti che "bisogna accontentarsi", "che è così per tutti", ma la verità è che c’è qualcosa che non va. Ma tu continui a correre, a fare, a produrre, e così continui a rimanere nell’ordine della materia. Non puoi accedere allo spirito che c’è in ogni cosa. Non puoi vedere il divino che si nasconde dentro le persone e la vita stessa. Perché sbatti le porte così forte? Perché urli sempre quando parli? Perché sei sempre arrabbiato? Perché non c’è luce nel tuo volto? Perché non sai esprimere un sentimento che sia uno? Perché se puoi "fregare" gli altri lo fai? Perché niente ti intenerisce? Perché non sai dire "grazie"? Perché non sai pregare? Perché sei nell’ordine della materia. Ciò che è tremendo della nostra società è l’incapacità di essere spirituali. E’ una vera disabilità. Il segno evidente della nostra malattia è: "Quanto costa? Quanti soldi? Quanti soldi servono?". Un altro segno eclatante è l’espressione: "Io, io". "Io faccio così; se non ci fossi io; ti dico io cosa fare; io di qua, io di là; parlo io; io so; io non ho bisogno". Noi tutti ci stiamo scandalizzando per ciò che è successo nel mondo del calcio. Ma forse è il riflesso della nostra società. Perché, quando vincere è il primo valore, quando arrivare primi è prima di tutto, allora non si può che perdere lo spirito del gioco, non può che venire meno l’anima dello stare insieme. Quando non mando mio figlio ad una festa di compleanno del suo amichetto, perché mi vergogno di non potergli fare il regalo (e gli altri glielo fanno), io ho perso lo spirito della festa. Sto costruendo un figlio materialista. "Ma sarà più importante la presenza umana che il regalo!". Sto mettendo prima la materia all’anima. Quando giudico o valuto le persone in base al vestito; quando ammiro le auto e le case della gente, invidiandole; quando "mi farei tutte le donne"; quando il mio unico pensiero è il conto in banca; quando il lavoro viene prima di ogni cosa; quando tutto viene monetizzato: "Quanto costa?"; quando ragiono in base alla logica che "una mano lava l’altra", cioè che io aiuto te solo se tu aiuti me, sto facendo della materia il centro della mia vita. Quando la gente non sa più pregare, quando non trova più tempo per congiungere le mani, per fare silenzio, per mettersi in contatto con la propria anima, si sta materializzando, si sta sganciando dal suo spirito. Materia è il pane della domenica sull’altare. Spirito è quando io vedo in quel pane, il Pane, il Cristo. Materia è quando vedo nel mio collega o in una persona solo uno che rompe i miei piani, uno che scoccia, uno che mi dà fastidio. Spirito è quando inizio a vedere uno che soffre, che ha una storia, uno che ha un cuore e un’anima. Materia è quando vedo di fronte al nuovo giorno solo un altro giorno di lavoro. Spirito è quando posso vedere un’altra opportunità che mi viene data per sperimentare la vita. Materia è quando qualcosa mi fa innervosire. Spirito è quando inizio a chiedermi il perché, il che cosa devo imparare o che cosa devo cambiare del mio comportamento o del mio modo di pensare. Materia è quando guardo una donna e voglio possedere il suo corpo. Spirito è quando inizio a percepire che quella donna è una creatura, con un cuore che batte e che pulsa. Materia è quando guardo alla mia vita in termini di successi e fallimenti, di cose raggiunte, di posizione sociale, di quale immagine do agli altri. Spirito è quando inizio a percepire i movimenti del mio cuore. Materia è mangiare, spirito è gustare. Materia è respirare (avviene in automatico), spirito è essere consapevoli del respiro (non a caso ruah, spirito, in ebraico vuol dire anche soffio). Materia è udire il canto degli uccelli, spirito è ascoltare il canto degli uccelli. La stessa vita può essere terribilmente materiale o terribilmente spirituale, piena di buio o di luce. Tutto può essere materia o tutto può essere spirito, dipende dai miei occhi. Un ladro un giorno andò dal maestro: "Che cosa vuoi" gli disse il maestro. "Mi servono le tue cose preziose". "Bene", disse il maestro, "prenditele pure, ma non so se ti serviranno". Dopo alcuni mesi tornò e si prese i suoi libri. Passati alcuni mesi si prese tutti i suoi libri. Infine tornò e si prese quel che rimaneva della casa del maestro. Dopo alcuni mesi ancora tornò di nuovo e disse al maestro: "Maestro non hai più niente da darmi?". "No, amico perché per quanto io ti dia è il tuo spirito malato. Ciò che cerchi non è materiale; tu cerchi qualcosa che nessuno ti può dare". Famosa è la storia del re Mida che ottenne dagli dei il dono di poter trasformare tutto in oro. Non gli sembrava vero: tutto ciò che toccava si trasformava in oro: alberi, sassi, legno, vestiti. Ma a sera di quel giorno ebbe fame. Prese un pezzo di carne per mangiarlo ma si trasformò in oro. Prese della verdura e si trasformò in oro. Prese del pane e si trasformò in oro. E così, pieno d’oro, morì di fame. Pensiero della Settimana Sono materia che aspira a trasformarsi in luce. |