Omelia (07-06-2009) |
don Mario Campisi |
La grandezza che si fa intimità E’ normalissimo che, giunti alla cima della salita, guardiamo il panorama. La Trinità rappresenta vita e mistero: abbiamo visto Dio nelle sue manifestazioni di tenerezza, di misericordia, di annientamento e nelle sue diverse Epifanie. Ora lo guardiamo in sé, nella sua essenza, ed è ancora lui ad aiutare la nostra cecità. La solennità odierna ha per oggetto il mistero della vita intima di Dio e le letture bibliche ci invitano a cogliere due aspetti apparentemente antitetici: Dio è l’Altissimo che riempie i cieli (1^ lettura), ma rischia di inviare i discepoli per una "missione" che non ha limiti di spazio e di tempo (vangelo). Ma insieme è così vicino che viviamo del suo Spirito e col battesimo siamo introdotti nel mistero della sua vita, tanto da poterlo invocare con termini familiari (2^ lettura). La Chiesa ha sempre sostenuto contro scismi ed eresie una lotta appassionata perché la profondità del mistero non venisse vanificata a vantaggio di un’immediata comprensione. E ha obbedito sempre alla logica rigorosa che le imponeva di non separare mai, nell’unità della sua fede, la triplice credenza nella divinizzazione dell’umanità, nella divinità di Cristo e della Trinità. Se infatti Dio non è Trinità, l’incarnazione è un mito; se l’incarnazione è un mito non ci sono possibilità per l’uomo di essere figlio di Dio. Tutto è concatenato. Nei rapporti umani noi possiamo credere che una cosa è vera: possiamo credere a una persona, possiamo credere in una persona. Crediamo alle verità che Dio rivela, a Dio che le rivela, in Dio di cui ci possiamo fidare. Allora "in" diventa l’inarrestabile movimento, l’unico spiritualmente dinamico, la tensione ad "andare verso" chi ci cerca e, da tempo, pazientemente ci attende. La rivelazione del mistero trinitario diventa la prova che rende possibile la fiducia in Dio. Se Dio fosse solo potenza, sarebbe pericoloso o sospettoso, se non follia, arrendersi disarmati, come sarebbe idiozia affidarsi incautamente ad un essere che non ha potenza o finge di averla e pretende tutto. Dio è potente della potenza di amare fino in fondo. Si rischia di andare fuori strada, quando si cerca la comprensione del mistero di Dio, attraverso scorciatoie che non passano sull’esaltante strada che è l’amore, la sola vita della Trinità: "Dio è amore" (1Gv 4,7). La vita divina trinitaria è il dinamismo della spiritualità cristiana e, insieme, la suprema finalità. Il resto è surrogato. Siamo all’essenza del cristianesimo. Il cristiano "provvisorio", cliente di chiese "bottegaie", appagato da messaggi deboli e senza implicanze, in un clima di irrequietezza spirituale come il nostro tempo, deve tornare alla fonte della spiritualità essenziale. Anche i piani pastorali, ridotti spesso a "tastapolso" della società, devono mettere in conto corsi di spiritualità, scuole di preghiera, centri di ascolto, esperienze propositive di modelli cristiani, per non stagnare in metodologie inutili e precarie, dove ci si dibatte all’insegna di slogan, che col Vangelo hanno poco a che fare e, a volte, ne sono la controindicazione evidente. Per insegnare agli uomini che cosa sia l’amore a Dio e ai fratelli, quali le condizioni, le conseguenze, le implicanze, e quali possono esserne la falsificazioni e le illusioni, la Chiesa non può che riferirsi al vivere trinitario, come ama e vive Dio. E’ il suo "pedaggio", il suo esistere, la sua gioia e la sua corona. |