Omelia (31-05-2009) |
don Daniele Muraro |
L'ambone È già da qualche settimana che nell’omelia stiamo esaminando i vari elementi che compongono la liturgia. Non tante domeniche fa ho parlato dell’altare; oggi invece prendiamo in considerazione l’ambone, cioè il luogo da dove si proclamano le letture e da dove vi parlo. Nell’Antico Testamento troviamo questa testimonianza: "Esdra lo scriba stava sopra una tribuna di legno, che avevano costruito per l'occorrenza. Esdra aprì il libro in presenza di tutto il popolo, poiché stava più in alto di tutto il popolo; come ebbe aperto il libro, tutto il popolo si alzò in piedi. Esdra benedisse il Signore Dio grande e tutto il popolo rispose: ‘Amen, amen’". L’ambone sta in un luogo elevato secondo le parole del profeta Isaia: "Sali su un alto monte, tu che rechi liete notizie in Sion!". L’ambone in alto ci invita ad elevare i nostri pensieri e a metterli in sintonia con il messaggio di Dio. Si può stabilire un collegamento fra l’ambone e l’altare anche perché entrambi richiamano la Pasqua del Signore. Il tempo di Pasqua si conclude proprio oggi e allora soffermiamoci sul punto. Nell’interpretazione antica tutta l’area dell’altare richiama il giardino dove fu sepolto Gesù; l’altare rappresenta la tomba vuota e l’ambone la pietra di chiusura fatta scivolare a lato. Le donne venute la mattina presto dall’angelo seduto su quella pietra ricevono l’annuncio della resurrezione. Il sacrificio del Signore si rinnova sull’altare, ma prima dall’ambone viene data la buona notizia della sua vittoria sul male e sulla morte. L’ambone dunque è il luogo della Parola di Dio e della sua attualizzazione. Omelia infatti significa conversazione, cioè pausa di intrattenimento per capire meglio e applicare alla propria vita quanto si è ascoltato. Che ci sia bisogno anche di questa aggiunta sembra suggerirlo Gesù stesso nel Vangelo di oggi: "Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità..." Non è che Gesù abbia taciuto qualcosa di essenziale a riguardo della nostra salvezza e nemmeno è possibile superare in qualche maniera il suo messaggio. Una seconda rivelazione non è necessaria. "Chi volesse ancora interrogare il Signore e chiedergli visioni o rivelazioni, non solo commetterebbe una stoltezza, ma offenderebbe Dio, perché non fissa il suo sguardo unicamente in Cristo e va cercando cose diverse o novità al di fuori di lui". Non è possibile fare progressi nella vita spirituale se non ci si lascia guidare dallo Spirito santo: "se viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito" diceva san Paolo. La maniera più semplice per ricevere le giuste ispirazioni da questo Spirito santo è ascoltare con fede e mettere in pratica con decisione la Scrittura di cui Egli è il primo autore. Secondo il dettato del Concilio Vaticano II tutti i cristiani sono invitati a familiarizzarsi con le sacre Scritture in modo da conoscerle con sicurezza e trarne profitto fino ad imbeversi per così dire del loro spirito. La Parola di Dio tuttavia è più grande della stessa sacra Scrittura e comprende anche la divina Tradizione. La Tradizione della Chiesa infatti non condensa solo un portato umano, ma anch’essa gode dell’assistenza dello Spirito santo. Come dice Gesù nel Vangelo di oggi, lo Spirito santo non parla da se stesso, ma attingendo da tutto quello che appartiene a Gesù lo formula in maniera sempre nuova. La prima lettura ci ha messo davanti la scena della discesa dello Spirito santo sugli Apostoli sotto forma di lingue come di fuoco. Esse si posarono su ciascuno di loro e li resero capaci di farsi capire dai tanti stranieri presenti quel giorno a Gerusalemme. Di fronte a modi diversi di esprimersi chi mantiene unita la Chiesa nella professione è il medesimo Spirito santo. Lo Spirito infatti che un tempo parlò attraverso i profeti, continua ora ad ispirare l’azione genuina della Chiesa. Già nel secondo secolo, san’Ireneo vescovo di Lione diceva: "La Chiesa, benché disseminata in tutto il mondo, custodisce con cura [la fede degli Apostoli], come se abitasse una casa sola; allo stesso modo crede in queste verità, come se avesse una sola anima e lo stesso cuore; in pieno accordo queste verità proclama, insegna e trasmette, come se avesse una sola bocca. Le lingue del mondo sono diverse, ma la potenza della Tradizione è unica e la medesima...". Anche nella spiegazione della sacra Scrittura non è questione di essere più o meno bravi nell’arte del parlare, ma di fare spazio all’azione misteriosa ma continua dello Spirito santo. Ancora sant’Ireneo: "Né, tra i capi delle Chiese, colui che è molto abile nel parlare insegnerà dottrine diverse da queste (nessuno infatti è al di sopra del Maestro), né chi non è abile nel parlare impoverirà la Tradizione." L’ambone è il luogo dello Spirito, perché egli parla nella Scrittura ispirata e si fa sentire anche nelle parole di attualizzazione, sempre che noi non opponiamo resistenza alla sua azione. Nella Scrittura non troviamo solo altezza di dottrina, ma anche precetti di vita: se sapremo unire entrambe le cose potremmo dire che lo Spirito santo in noi ha compiuto la sua opera. A queste due dimensioni, la dottrina e la vita, si deve attenere anche una buona predica. Quello della predicazione non è un compito facile: si può esagerare con le idee e diventare astratti, oppure si può cadere nel moralismo e diventare noiosi... Come abbiamo detto l’ambone è elevato da terra, eppure le norme non prevedono che resti sospeso a mezz’aria. Per questo vi invito oggi a pregare lo Spirito santo che metta misura nei discorsi, in maniera che la fede, come una pianta ben curata, abbia radici profonde e porti frutti generosi. |