Omelia (18-05-2003) |
don Fulvio Bertellini |
Occhio alle spie Connessione in corso Sul mio computer scorrono i titoli dei giornali di tutto il mondo. Basta un clic ed ecco davanti a me la strage in Cecenia, la strage in Arabia, le dive patinate del Festival di Cannes, il gol di Schevchenko e, volendo, anche la ricetta da cucinare per pranzo. Volendo è possibile vedere come la pensano in Inghilterra, in America, in Francia, e financo in Cina e in Arabia, se solo ci si sapesse districare tra incomprensibili segni grafici, arabeschi, arzigogoli e ideogrammi. In realtà non c'è mai tempo di leggere granché: a malapena scorro i titoli e qualche foto. La possibilità di avere tutte le informazioni resta solo teorica. Occorrerebbe leggere tutte le informazioni, confrontarle, vagliarle, distinguere le buone dalle cattive... ma chi ha tempo di farlo? Per cui l'importante non diventa più quanto effettivamente si viene a conoscere di nuovo, e quanto effettivamente si apprende, ma il fatto stesso di ESSERE CONNESSI. Di essere in contatto con il mondo. Rimanete in me Qualcosa di simile vogliono indicare le parole di Gesù con la parabola della vite. La prima cosa importante, su cui soffermare l'attenzione, è il contatto, la connessione, la relazione con lui. Da questa relazione deriva la capacità di fare, di agire, di amare, di lottare. Senza questo contatto vitale siamo come un computer scollegato, che funziona per conto suo, magari benissimo, ma non ha nessuna possibilità di interagire, scambiare dati, ricevere informazioni... Se c'è invece il contatto vitale con Gesù, siamo come appunto un tralcio di vite che può germogliare, fiorire, fare frutto. Queste parole di Gesù vogliono farci aprire gli occhi sulla nostra esistenza, sul senso della nostra vita, farci rendere conto se tutto sta funzionando bene. Prima di un viaggio, la prima cosa da fare è controllare l'auto. Prima ancora di chiedersi che strade fare, quale scorciatoia prendere, dove fermarsi e dove proseguire, è necessario essere sicuri che l'auto funzioni. Ma io ho l'impressione che a volte ci comportiamo come viaggiatori distratti, che partono senza preoccuparsi, e rischiano di ritrovarsi in panne. Basterebbe essere attenti alle spie che si accendono sul cruscotto, per vedere se è vero che tutto è a posto. Spia rossa - pericolo Senza la relazione vitale con Gesù anche noi diveniamo freddi, insensibili, demotivati, indifferenti, cristiani tiepidi e insipidi. Ed è inutile andare a cercare se sia questa o quella cosa che non va: il male è nella radice. O meglio, nel fatto che ci siamo staccati dalle radici. Inutile sforzarsi, impegnarsi, darsi da fare: "senza di me non potete far nulla". Abbiamo bisogno di ritrovare il contatto vitale con Gesù. Spia gialla - senza carburante E' difficile però che ci ritroviamo completamente "senza frutto". Completamente a vuoto nella nostra vita cristiana. Sarebbe una visione troppo negativa. E' bene anzi abituarsi a riconoscere nella nostra vita i segni della presenza di Dio, e ciò che grazie a lui riusciamo a fare. Ma un ritornello ci accompagna: "è difficile" o "è faticoso...". Il nostro essere discepoli appare quasi più un peso che una gioia. Gesù ci dice: "Chiedete quel che volete e vi sarà dato". Non si tratta di qualcosa tipo lampada di Aladino, che esaudisce istantaneamente i nostri desideri. Ma della forza della preghiera che viene in aiuto alla nostra debolezza, che ravviva il legame vitale con Gesù. Spia verde - tutto bene - potare. Ci sono anche momenti in cui la nostra vita di fede vive momenti felici, in cui si sente la presenza di Dio, in cui fare il bene è quasi spontaneo, non forzato, immediato; in cui si possono riscontrare immediatamente gli effetti dell'annuncio, in cui si tocca con mano l'amore fraterno, la pace in famiglia, la concordia e la solidarietà nella comunità... qui la parola di Gesù ci appare forse troppo dura: "il tralcio che porta frutto lo pota perché porti più frutto". Il testo greco più precisamente dice "lo purifica". E aggiunge: voi siete già puri per la parola che vi ho annunziato. In alcune zone d'Italia si possono vedere vigneti in cui i tronchetti della vite, ridotti a moncherini, non più alti di mezzo metro, difficilmente si potrebbero considerare coltivati piuttosto che massacrati. Eppure proprio la potatura estrema consente loro di produrre uve e poi vini di alta qualità. Qualcosa del genere avviene anche a noi, quando ascoltiamo sul serio le parole del Signore: ci accorgiamo che la nostra vita deve sempre più tendere all'essenziale, privarsi del superfluo, eliminare ostacoli, togliere zavorre. E a volte anche le prove della vita ci portano a questo. Solo dopo ci accorgiamo che non è per impoverirci, ma per portare più frutto. Flash sulla I lettura "Paolo... cercava di unirsi ai discepoli, ma tutti avevano paura di lui": pesa su Paolo la reputazione di persecutore della Chiesa. Nessuno si fida di lui. La situazione è paradossale: la conversione non viene creduta. Paolo si è convertito a Cristo, ma ora è la comunità che deve in qualche modo "convertirsi" nei suoi riguardi. Non si tratta dunque di un fatto privato, limitato all'ambito segreto della coscienza: la conversione di uno solo tocca tutti, e non è completa finché non ha determinato un certo cambiamento in tutta la comunità. "Allora Barnaba lo prese con sé, lo presentò agli apostoli...": l'impasse è superato da Barnaba: all'interno della comunità qualcuno si prende cura della situazione del singolo, e può rivolgersi a coloro che si prendono cura della comunità. La funzione degli apostoli in questo caso è essenziale: Barnaba non ha bisogno di convincere uno per uno tutti i cristiani di Gerusalemme, ma gli basta rivolgersi agli apostoli. "... tentarono di ucciderlo": leggendo le testimonianze neotestamentarie, notiamo che ovunque vada Paolo suscita reazioni forti: di accoglienza gioiosa e di rifiuto feroce. Il più delle volte è costretto a scappare, per non rendere insostenibile la situazione. Così Paolo diviene l'apostolo sempre proteso a cercare nuovi orizzonti, ad espandere la Chiesa; altri hanno il compito di renderla stabile, di seguirla, di accompagnarla nella sua vita quotidiana. Paolo diviene consapevole di ciò, e trasforma un punto critico della sua personalità in un punto di forza. Quello che potrebbe essere un limite diviene un vantaggio per la diffusione della Parola e la crescita del Regno di Dio. "La Chiesa era dunque in pace...": affermazione paradossale, che troviamo alcune volte negli Atti. Dopo la descrizione di problemi, difficoltà, tensioni, persecuzioni, si viene a dire che tutto sommato si è "in pace"! Si tratta in effetti della pace del Risorto, che non evita le difficoltà, ma permette di affrontarle con coraggio e franchezza. Una Chiesa dove mancano problemi e persecuzioni, o dove tutto resta nascosto e sopito, è una Chiesa in coma, e non in pace. Flash sulla II lettura "Non amiamo a parole, né con la lingua, ma con i fatti e nella verità". Fatti e non parole, verrebbe da dire. Ma ciò che si intende non è così banale. Non basta un agire generoso: occorre "la verità". E per Giovanni la verità è Gesù stesso: "io sono la via, la verità e la vita". Subito dopo si aggiunge: "Da questo conosceremo che siamo nati nella verità": evidentemente rinascere nella verità significa rinascere in Cristo. La rinascita in Cristo è il vero obiettivo dell'autore, e non si tratta di una realtà che proviene da noi, ma da Dio stesso. Il problema è vedere in che modo è possibile riconoscerla in se stessi. Per questo continuamente si ripete "da questo conosceremo che siamo nati nella verità..."; "da questo conosciamo che dimora in noi...". Non si tratta dunque di sforzarci per ottenere obiettivi morali, ma di riconoscere e lasciar agire una realtà che già opera in noi. Giovanni si oppone sia alla tentazione volontaristica (quando ci sforziamo di fare il bene da noi stessi, prescindendo dal dono di Dio), sia alla deriva spiritualistica (quando ci illudiamo di giustificarci da noi stessi, a forza di belle parole, di bei pensieri, di generiche dichiarazioni di intenti, ma i fatti non seguono le parole). |