Omelia (14-06-2009)
don Marco Pratesi
Il sangue dell'alleanza

La lettura ci presenta un momento capitale della storia di Israele: la stipulazione dell'alleanza al Sinai. Diversi elementi concorrono a realizzarla. Esistono due parti contraenti, Dio e il popolo, che comunicano tramite un mediatore, Mosè. Egli riporta le parole di Dio al popolo e la risposta del popolo a Dio. Inoltre traspone questo accordo sul piano cultuale e simbolico. C'è un altare, che rappresenta Dio, e dodici stele*** di pietra, che rappresentano il popolo. L'elemento che collega queste due realtà è il sangue delle vittime sacrificali, grazie al quale si realizza una solidarietà di sangue, un'appartenenza reciprocamente vincolante. Il patto crea una consanguineità elettiva, una parentela volontaria. La presenza del sangue esprime un impegno di vita, totale, decisivo (cf. Eb 9,18-22;12,4). Le vittime sono immolate da giovani scelti da Mosè: tutto il popolo è depositario della funzione sacerdotale, che però viene esercitata non per iniziativa personale ma in risposta a un chiamata.
La formula eucaristica sul calice richiama le parole di Mosè (v. 8), in particolare in Matteo e Marco (Mt 26,28 e Mc 14,24), dove il testo dice: "Questo è il mio sangue, dell'alleanza". Gesù afferma che nel proprio sangue, versato sulla croce e reso presente dal sacramento eucaristico, è cominciato il nuovo e definitivo rapporto tra Dio e l'uomo, la nuova ed eterna alleanza. Si noti la concentrazione Cristologica dei temi anticotestamentari, ossia il fatto che i vari aspetti del racconto dell'Esodo trovano in Gesù la loro realizzazione. Dio e uomo, egli è il mediatore che mette in comunicazione cielo e terra; che realizza la nuova alleanza in se stesso e sulla base di quella vivente Parola che è egli stesso; che sulla croce diviene altare, sacerdote e vittima, unendo nel proprio sangue Dio e l'uomo, e facendo dell'umanità una sola famiglia (cf. Ef 2,13; Col 1,20).
Temi fondamentali, come fondamento per la vita cristiana è l'eucaristia, nella quale incontriamo il Cristo mediatore, parola, sacerdote, altare, vittima, con una presenza che, dopo averli concentrati in sé, nuovamente si rifrange nei vari segni: non solo del vino, che rappresenta la vittima, ma anche della parola, del sacerdote, dell'altare. Incontrando nella molteplicità dei segni l'unica, ricca realtà personale del Cristo, siamo e diveniamo sempre più popolo di Dio, popolo dell'alleanza nuova. Per Dio non esiste il singolo, ma il popolo, nel senso che il singolo ha valore e prende consistenza in quanto parte di un popolo. Nella Messa entriamo in questo grande movimento di comunione universale realizzato e rappresentato dal sangue di Cristo. Comunicando ad esso, diveniamo consanguinei di Dio, secondo la bella espressione di S. Cirillo di Gerusalemme: "Nel segno del pane ti è dato il corpo, e nel segno del vino ti è dato il sangue affinché, comunicando al corpo e al sangue di Cristo, tu diventi concorporeo e consanguineo di Cristo. E così diveniamo anche "cristofori", giacché il suo corpo e sangue è diffuso per le nostre membra. Così, secondo il beato Pietro, diveniamo 'partecipi della natura divina' (2Pt 1,4)" (Catechesi mistagogica IV,3).

I commenti di don Marco sono pubblicati dal Centro Editoriale Dehoniano - EDB nel libro Stabile come il cielo.