Omelia (25-05-2003)
Totustuus
Commento Giovanni 15,9-17

NESSO TRA LE LETTURE

Il tema dell'amore di Dio raccoglie oggi il nostro pensiero.

La prima lettura ci mostra che l'amore di Dio non fa preferenza di persone, e che la salvezza ha un carattere universalee, come dimostrano i fatti accaduti nella casa del centurione Cornelio. Dio vuole che tutti gli uomini si salvino, e a tutti è offerto il perdono dei peccati (prima lettura). La seconda lettura, presa della prima lettera di san Giovanni, fa un'affermazione sorprendente: "Dio è amore.

Chi non ama non ha conosciuto Dio". Pertanto, conoscere Dio, ascoltarlo, seguirlo, è sinonimo di vivere nell'amore, di sperimentarlo vivamente e farlo proprio (seconda lettura). Il vangelo ci presenta un momento di intimità tra Cristo ed i suoi apostoli: "Non vi chiamo più servi, siete i miei amici, rimanete nel mio amore". L'amore di Cristo è espressione dell'amore del Padre. Come il Padre ha amato Cristo, così Cristo ci ha amato.

MESSAGGIO DOTTRINALE

1) Dio non fa preferenze di persone La seconda lettura ci presenta la parte finale della conversione al cristianesimo di Cornelio e della sua famiglia. Cornelio era un centurione della coorte italica, che aveva la sua sede a Cesarea. Era un uomo che temeva Dio e faceva elemosine, ma non era ebreo. Cornelio ha una visione nella quale gli viene chiesto di far venire un certo Simone, detto Pietro, che si trova a Giaffa. Così, inviò dei messaggeri alla ricerca di quell'uomo.

Mentre questi sono in viaggio, anche Pietro ha una visione nella quale una voce l'invita a mangiare alimenti che erano ritenuti impuri dagli ebrei. La richiesta viene ripetuta per tre volte, sempre con il rifiuto di Pietro. La visione si conclude con un'affermazione perentoria: "ciò che Dio ha purificato, tu non chiamarlo più profano".

Dopo questo, Pietro si reca a Cesarea per incontrare Cornelio e, dopo aver ascoltato la narrazione di questi, conclude: "In verità, sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone, ma chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga, è a lui accetto". Lo Spirito discese sui presenti, come se si trattasse di una seconda Pentecoste, la Pentecoste dei Gentili, e la narrazione si conclude col battesimo di Cornelio e di tutta la sua famiglia.

Il brano è di massima importanza per comprendere il carattere universale della salvezza. Dio, nel suo amore salvifico, non fa preferenze di persone. Inviandoci suo Figlio ci ha manifestato un amore che non conosce limiti di razza, di categoria o dignità civile. Dio, il Buon Pastore delle nostre anime, desidera che tutte le pecore entrino nel suo ovile.

Incarnandosi, il Figlio di Dio, in qualche modo, si è unito ad ogni uomo e l'ha invitato alla salvezza. Questa è la scoperta che fa Pietro. Egli non può chiamare nessuno impuro, perché tutti sono figli di Dio, tutti sono immagine di Dio, perché Dio ha creato ogni uomo per amore, l'ha creato anzi per una sovrabbondanza d'amore. La dignità dell'uomo si rivela nella sua vocazione alla vita divina.

"L'aspetto più sublime della dignità dell'uomo consiste nella sua vocazione alla comunione con Dio. Fin dal suo nascere l'uomo è invitato al dialogo con Dio. Se l'uomo esiste, infatti, è perché Dio lo ha creato per amore e, per amore, non cessa di dargli l'esistenza; e l'uomo non vive pienamente secondo verità se non riconosce liberamente quell'amore e se non si abbandona al suo Creatore" (Gaudium et spes 19,1).

In questo testo dagli Atti degli apostoli, non anteriore all'anno 80, Pietro colloca un principio fondamentale: in Dio non c'è preferenza di persone. Principio che egli ha ricevuto per illuminazione divina nell'episodio dell'incontro con Cornelio. Già san Paolo, nella lettera ai romani (anni 54-59), aveva stabilito lo stesso principio: "Tribolazione e angoscia per ogni uomo che opera il male: per il Giudeo prima e poi per il Greco; gloria invece, onore e pace per chi opera il bene; per il Giudeo prima e poi per il Greco, perché presso Dio non c'è parzialità" (Rm 2, 9-11).

Così, i criteri di razza, temperamento e tutte le altre distinzioni umane, vengono rimosse per dar luogo ad una nuova visione dell'uomo, del mondo, della creazione: "Tutto ciò che è stato creato da Dio è puro".» il peccato che introduce il disordine nella creazione, e nell'essere umano. Perciò, abbiamo tutti bisogno di salvezza e di redenzione, tutti abbiamo peccato, tutti abbiamo contratto il peccato originale e c'è un disordine interiore, una tendenza disordinata al piacere.

2) Dio ha sempre l'iniziativa sulla via della salvezza: ci ha amati per primo
Nella seconda lettura, san Giovanni ripete in due occasioni: "Dio ha mandato suo Figlio". Dio invia suo Figlio unigenito per redimerci dal peccato che ci aveva soggiogati. Ci trovavamo in disgrazia, come l'"uomo che scendeva da Gerusalemme a Gerico, e cadde nelle mani dei briganti" (cf. Lc 10,30) e Dio, nella sua infinita bontà, ebbe pietà di noi.

Il costo di questa pietà supera ogni immaginazione: mandò suo Figlio. Dio invia suo Figlio come vittima di espiazione, perché ci riscatti dal peccato e dalla "seconda morte", l'eterna dannazione, la perdita definitiva di Dio. Per questo, dobbiamo sostenere fermamente che Dio ci ha amati per primo. L'amore non consiste, dunque, nel fatto che noi abbiamo amato Dio, bensì che egli ha voluto amarci quando eravamo in disgrazia.

All'inizio del Catechismo della Chiesa Cattolica troviamo un testo mirabile: "Dio, infinitamente perfetto e beato in se stesso, per un disegno di pura bontà, ha liberamente creato l'uomo per renderlo partecipe della sua vita beata. Per questo, in ogni tempo e in ogni luogo, egli è vicino all'uomo. Lo chiama e lo aiuta a cercarlo, a conoscerlo e ad amarlo con tutte le forze. Convoca tutti gli uomini, che il peccato ha disperso, nell'unità della sua famiglia, la Chiesa. Per fare ciò, nella pienezza dei tempi, ha mandato il Figlio suo come Redentore e Salvatore. In lui e mediante lui, Dio chiama gli uomini a diventare, nello Spirito Santo, suoi figli adottivi e perciò eredi della sua vita beata" (Catechismo della Chiesa Cattolica, n.1).

"Non siamo, dunque, noi che prima osserviamo i comandamenti e dopo Dio viene ad amarci, bensì il contrario: se Egli non ci amasse, noi non potremmo osservare i suoi comandamenti. Questa è la grazia che è stata rivelata agli umili e rimane nascosta ai superbi" (Sant'Agostino, Trattati su san Giovanni 82, 2-3; 83; ns. trad.)» la grazia dell'amore di Dio che ci precede, ci prepara e accompagna le nostre opere. Senza Lui o lontano da Lui e dal suo amore, non possiamo niente.

3) L'amore di Dio si mostra in suo Figlio Gesù Cristo
Il vangelo ci mostra un momento di intimità di Cristo coi suoi apostoli: "rimanete nel mio amore". Cioè, rimanete nell'amore del Padre, che si esprime attraverso il Figlio. Cristo è la rivelazione dell'amore del Padre. E Cristo ci mostra la via per arrivare alla casa del Padre. Egli è la strada, la verità e la vita. Come il Padre invia Lui, così Egli invia noi cristiani nel mondo, a compiere una missione di salvezza. Potremo realizzare questa missione, solo se osserveremo il comandamento principale: "amarci gli uni gli altri come Cristo ci ha amati".

SUGGERIMENTI PASTORALI

1) Sapere sperare nella provvidenza di Dio
Il mondo che ci circonda ci fa dubitare della provvidenza di Dio. Da un lato, siamo abituati ad "assicurare" in qualche modo il nostro futuro. Non ci piace lasciare nulla nelle mani di un altro, neanche di Dio. Ci costa affidarci ai suoi disegni amorosi, e cerchiamo qualche conferma di tipo naturale. I grandi progressi della scienza e della tecnologia hanno ampliato, quasi senza limiti, il desiderio di dominare la materia e di averla sotto il nostro stretto controllo.

Tutto deve essere programmato e nulla può rimanere nell'arbitrio di qualche forza che non sia quella dell'uomo stesso. Questa sete di dominio e di potere sulla materia non lascia posto, nella società umana, alla provvidenza divina. D'altra parte, la presenza del male è sempre uno scandalo davanti alla provvidenza di Dio. Se Dio è buono, come mai esiste il male? Questa domenica siamo invitati a contemplare la provvidenza di Dio alla luce della fede.

Cioè, siamo invitati a rinnovare la nostra fede in Cristo, morto e risuscitato, che vince il peccato e vince il male, e ci mostra l'amore del Padre, incorporandoci nel suo amore: "come io vi ho amati, così dovete amarvi gli uni gli altri". Di contro alla tentazione di voler dominare sulla propria vita o sulla vita altrui, Gesù ci chiede l'abbandono filiale alla provvidenza del Padre celeste, che si prende cura fin delle più piccole necessità dei suoi figli.

Colui che ci ha dato suo Figlio, cosa non ci darà se glielo chiediamo correttamente? Non si tratta certo di un atteggiamento ingenuo ed irresponsabile di fronte al futuro, no. Si tratta, invece, di "cercare prima il Regno di Dio", sapendo che tutto il resto non ci mancherà. Si tratta di sapere che Dio è amore e che, pertanto, tutto quanto viene da Dio è amore, perfino il dolore o la malattia, perfino gli impegni e le fatiche. Quante volte le vie aspre di Dio ci hanno fatto molto meglio che non le valli tranquille della nostra routine! Dio sa di che cosa abbiamo bisogno. Quando dubitiamo su che cosa fare, su come agire, su quale opera intraprendere, facciamoci questa domanda: cos'è che Dio mi chiede più insistentemente? Non abbiamo timore di intraprendere le opere di Dio, ché la provvidenza non mancherà di sostenerci e accompagnarci.

Una preghiera di Soren Kierkegard dice così: "Oh Dio, Tu ci hai amati per primo. Ecco, qui noi parliamo di ciò come di un semplice fatto storico, come se Tu ci avessi amati per primo una sola volta. Ma, Tu lo fai sempre. Molte volte, in ogni occasione, durante tutta la vita. Tu ci ami per primo. Quando ci svegliamo al mattino e Ti rivolgiamo il nostro pensiero, Tu ci precedi. Tu ci hai amati per primo. E se mi levo per lodarti e in quello stesso istante elevo verso di Te la mia anima in adorazione, Tu mi hai già preceduto e mi hai amato per primo. Quando raccolgo il mio spirito da una distrazione e penso a Te, Tu sei stato il primo. E così sempre! E noi, ingrati, parliamo sempre come se solo una volta Tu ci avessi amati per primo".

2) Sapere amare i nostri fratelli nella realtà concreta della vita
Per amare i nostri fratelli dobbiamo praticare la purezza di cuore. E questa non è cosa di poco conto. La purezza di cuore significa essere slegati dell'amore disordinato di se stessi. La mancanza di purezza di cuore è ciò che mi porta a pensare a me, dimenticandomi delle necessità dei miei fratelli; l'impurità di cuore fa sorgere la gelosia, le invidie, i rancori, gli affetti disordinati.

Quanto male si nasconde dietro questa impurità di cuore! Al contrario, chi è puro di cuore ama con cuore libero. Sa negarsi a se stesso. Non fa preferenze di persone. Tratta tutti con rispetto e dignità.» universale nel suo amore e nella sua dedizione agli altri. Quanto bisogno hanno gli uomini e le donne del nostro tempo di questa virtù! Hanno bisogno di essa i padri e le madri di famiglia, per mantenere la loro mutua fedeltà e per educare i figli con prudenza, dimenticandosi di se stessi.

Una madre, un padre, di cuore puro è una persona che irradia fiducia, sicurezza, è luce nella sua famiglia, mantiene acceso il fuoco dell'entusiasmo. Aiuta a crescere ciascuno dei suoi figli, senza compensazioni personali. Sa di essere "servitore di Dio e della sua famiglia, dei suoi figli". La purezza di cuore non conosce gli affetti disordinati, ignora l'invidia e l'egoismo ad oltranza. I puri di cuore, secondo la beatitudine, "vedranno Dio". Quale premio! Vedere già Dio in questa vita, mantenendo il cuore libero.