Omelia (10-04-2009)
don Ezio Stermieri
Tutto è compiuto.

Questo è il giorno in cui al "tutto è compiuto" di Dio in Cristo corrisponde il nostro "volgere lo sguardo a Colui che hanno trafitto". E, davanti a noi la Parola disegna un trittico che con tre immagini racconta il compimento dell'ora di Dio che consiste nel riportarci nel Giardino, Eden, Paradiso iniziale attraverso il dono della vita del nuovo Adamo, Cristo, perché seguendo il vecchio Adamo dal Paradiso eravamo usciti per sperimentare la nostra debolezza, la nostra solitudine, la nostra miseria. E il primo quadro presenta proprio il Servo di Javhè che attraversa ogni umiliazione, abiezione, ingiustizia dell'umanità per riscattare e divenire causa di "salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono". Israele ha visto raccontata la sua storia in quel personaggio misterioso. Noi cristiani, con la sapienza del "dopo", dell'aver visto Gesù Cristo affermiamo essere Gesù, il servo, Colui che ha detto al Padre: manda me!, il compimento della storia della salvezza, perché il racconto della sua passione dei vangeli combacia con quanto aveva intravisto, secoli prima, Isaia. E se quel "servo" è il Figlio di Dio rivestito della nostra carne, siamo di fronte a "come" Dio in Gesù ci ha riscattati e redenti ma anche all'unico modo con il quale anche noi possiamo "amare" senza cadere nella retorica, nella ideologia, nella menzogna: pagando di persona.
L'immagine frontale del trittico (Ebrei, seconda lettura) ci presenta un uomo "sacerdote" e dunque "ponte" tra cielo e terra. Ci è così detto come percorrere la "via" della salvezza che è Cristo. Egli è venuto a strappare il velo, andar oltre la morte, per condurci nel santuario. E quel gesto, di quel primo venerdì Santo, è per sempre: rinnova la salvezza ogni volta che è ripetuto. Ogni volta che all'Eucaristia la Chiesa innalza il Pane ed il Calice, è Lui che continua a farci strada sulla via della salvezza, toglie il velo della morte, diventa causa di una salvezza che non riguarda solo la qualità di questa vita perché ci introduce nel "per sempre" di Dio. Al centro del trittico, un re! Quanto è regale il Gesù della passione di Giovanni. Quale compostezza, dignità, signoria! Davvero il momento in cui Gesù spira, muore è anche il momento in cui ci è dato il suo spirito. Diventiamo Figli, dirà Paolo, e dunque eredi, partecipi della vita che non muore, dell'amore che fa ricca ogni cosa, della fraternità che si apre ad ogni uomo. Sotto la Croce del Re innalzato sul trono che svela la grandezza di Dio nell'amare ci siamo noi. C'è Maria, la chiesa. C'è Giovanni, ogni cristiano a ricevere l'acqua che pulisce, lava ogni sporcizia con cui siamo imbrattati e il sangue che immette nel nostro sangue meticcio i cromosomi di Dio. Ognuno può dirsi Signore. Grazie alla Croce ogni uomo acquista la sua dignità. Portiamo con la preghiera tutta l'umanità ai piedi della Croce perché non sia inutile la morte di Cristo.