Omelia (05-07-2009) |
CPM-ITALIA Centri di Preparazione al Matrimonio (coppie - famiglie) |
"Nemo propheta in patria". Quante volte citiamo questo detto quando vogliamo scusarci per non essere accettati pur convinti della nostra buona ragione. Non è facile credere. In tempi diversi e in modi diversi Dio ha mandato a noi i suoi profeti e nell'ultimo tempo il suo Figlio perché noi credessimo e ci convertissimo, credendo in Lui. Ma per il peccato originale l'uomo ha perso la certezza ed acquistato il dubbio come certezza, con la conseguenza di una debolezza spirituale e carnale nel respingere i modelli pseudoprofetici che la fallacità umana creava e crea ogni giorno. Pochi, come Pascal, hanno saputo descrivere le difficoltà che possono frapporsi alla testimonianza di fede da parte delle seduzioni della vita, della idolatria, della scienza e dei dubbi della filosofia. Gli scritti "Pensés" rivelano una sorprendente contemporaneità ed offrono un singolare e tipico documento della Verità divina di fronte alla miscredenza ed alla incredulità moderna. Bellissima la riflessione n. 430 dei suoi "Pensieri" ed in particolare l'annotazione "Dio ha voluto riscattare gli uomini, ed aprire la via della salvezza a quelli che lo cercavano. Ma gli uomini se ne rendono così indegni che è giusto che Dio rifiuti ad alcuni, per il loro indurimento, ciò che agli altri accorda con un atto di misericordia a cui non possono pretendere". L'atto di Fede non è un accomodamento o un opportunismo in vista di un guadagno presente o futuro. L'atto di Fede, l'atto di credere è sic et simpliciter l'accettare incondizionamtamente ciò che per dubbio si rifiuterebbe. Il carattere della Fede è enigmatico e tragico. Cristo, oggetto della Fede, sarà sempre "scandalo per i giudei e follia per i greci (1Cor.1,23) termine di incomprensione e di persecuzione. E' facile abbandonarsi ad una sensibilità inquinata e divenire così infedeli alla sensibilità spirituale ed ai suggerimenti dello Spirito; materializzare il Regno di Dio riguardandoli nei limiti ristretti di un psicologismo storico e culturale, riducendo tutto il nostro credo al risolvimento dei dubbi che già duemila anni fa alcuni si ponevano di fronte alla divinità di Cristo: "Non è forse il figlio di Giuseppe?" (Lc 4,22) oppure "Non è costui il carpentiere, il figlio di Maria?" (Mc. 6,3). E forse uno dei limiti di questa nostra modernità è l'accettare la chiamata ad essere "profeti" per la incapacità di saper soffrire per la Verità ed essere segno visibile di contraddizione. Maria, Giuseppe, Gesù ognuno profeta per una missione disegnata da Dio, ma ognuno chiamato ad un gesto di Fede in Dio di fronte al dubbio o quanto meno alla tentazione umana di non accettare l'incomprensibile (Maria la maternità divina, Giuseppe lo sposarsi con una donna già incinta) o la difficoltà e il dolore (Cristo il momento della passione nel Getsemani). Così nelle Famiglie spesso l'accettazione della vita nelle sue più variegate sfaccettature di gioia o di dolore, di impegno o di abbandono, se non sorretti da una solida Fede nel Dio trino ed unico e nella sua Chiesa possono portare a rinunciare, con forme di lassismo e di rifiuto passivo, il ruolo profetico di mediazione a cui è chiamata nell'affascinante progetto di Dio per la salvezza di tutta l'umanità. Domande alla 14a Domenica: • Come Famiglia ho la capacità di essere profeta con la testimonianza quotidiana di attenzione verso il prossimo sapendo agire anche contro corrente alle facili proposte del mondo? • Quanto so essere "scandalo" nella vita familiare, sul posto di lavoro, nella vita sociale, nella mia stessa comunità ecclesiale, impegnandomi con gesti concreti di carità che testimonino che Dio ama tutti? • Ogni giorno sono chiamato a credere, anche contro ogni ragione umana, che Dio c'è, mentre il mondo ci presenta modelli idolatrici apparentemente facili da raggiungere. Quanto mi rifugio e confido nella Parola di Dio per superare le tentazioni umane? Commento a cura del C.P.M. di Pisa. |