Omelia (14-06-2009) |
mons. Vincenzo Paglia |
Questo è il mio corpo. Questo è il mio sangue. "Ecco il pane degli angeli, pane dei pellegrini. Conduci i tuoi fratelli alla tavola del cielo nella gioia dei santi". Così abbiamo pregato in questa domenica del Corpus Domini, festa nella quale celebriamo e veneriamo la presenza del Signore come corpo. Dio non è un’idea astratta; una filosofia vaga e senza tempo, inafferrabile, lontana. Gesù non è mai un fantasma: è un corpo, concreto, che si presenta nell’oggi, pellegrino che affianca i nostri passi e resta con noi quando si fa sera. "E il verbo si è fatto carne". Non si può amare Dio senza amare il suo corpo, la sua concretezza; senza ascoltare la sua parola, voce di quel corpo. Il Corpo del Signore non è muto, inerte come un idolo, da interpretare a piacimento. Parla, si spiega, diviene seme, consegna tutto se stesso a chi vuole accoglierlo, a chi non disprezza l’amore, a chi non scappa, a chi non si crede giusto. Quel corpo continua a comunicare il suo Vangelo di amore nella confusione, nell’incertezza della nostra vita e di questo mondo, parola di liberazione e di gioia: "Dio è con te, si dona a te, il male non vince, impara da me a volere bene!". Fermiamoci e contempliamolo: è un corpo che ci accompagna nelle diverse stagioni della nostra vita, fin da quando, con emozione, lo abbiamo ricevuto la prima volta. Ed ogni volta che ci nutriamo di Lui deve essere come la prima volta, sempre stupiti davanti a un amore così grande tanto da prendere dimora dentro di noi. Questo pane non diventa mai un diritto: non si compra, non ha prezzo, per noi calcolatori, che pensiamo non si faccia niente per niente; per noi che rendiamo tutto una convenienza, un interesse, anche la vita stessa. È un corpo che ci insegna a volere bene gratuitamente: è il corpo di amore di Dio. L’amore è sempre un dono. La vita è solo dono. Il Corpus Domini è corpo del cielo e della terra. Quest’altare è posto in alto, al centro della Basilica, sotto gli occhi di Gesù e di sua madre, quasi ad indicare come questa mensa unisce i due lati di quel tavolo di Pasqua. Gesù prese il pane, lo spezzò e lo diede ai suoi. "Questo è il mio corpo". "Questo è il mio sangue". Quel pane e quel vino, secondo le parole stesse di Gesù, sono veramente il "Corpus Domini", il corpo di Gesù. Un corpo che si dona totalmente, che non conosce avarizia, calcolo, risparmio. Giovanni Crisostomo, padre della chiesa, vescovo di Costantinopoli, amava dire: "Se volete onorare il corpo di Cristo, non disdegnatelo quando è ignudo. Non onorate il Cristo eucaristico con paramenti di seta, mentre fuori del tempio trascurate quest’altro Cristo che è afflitto dal freddo e dalla nudità". "Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli l’avete fatta a me", disse Gesù. Non si può onorare il Corpus Domini sulla mensa e poi disprezzare lo stesso Corpus Domini nei poveri e nei fratelli. Non amiamo un’idea! Il Vangelo ci aiuta ad amare la concretezza, tutta umana, della carne, del corpo. Un corpo umano e concreto, come il mio. È quel corpo segnato dalla vita, con quelle mani grandi, consumate, belle, di un anziano. Quello è il corpo di Dio: quel vecchio che non può alzarsi, che non chiede nemmeno più, che si vergogna, che aspetta qualcuno con cui parlare, che non ha chi lo sorregga o, peggio, lo visiti. Il Corpo di Dio è quello di poveri emigranti: di donne piene di sogni e di paure; di bambini sperduti; di uomini che cercano con disperazione il futuro, costretti ad affidarsi a trafficanti, trattati come cose; corpi di cui gli uomini non hanno saputo e voluto conoscere la storia, il volto, il nome, inghiottiti come sono dal mare. Dio conosce il nome di quei poveri corpi. Di ognuno. Li scalda lui, li accoglie, li protegge, li capisce, li ascolta, li accarezza, ci perde il tempo lui. Il loro corpo è il suo. Amiamo il corpo di Gesù nella sua eucaristia. Amiamo, amiamo il corpo del Signore nel corpo dei poveri e dei fratelli. La debolezza dell’altro è quella di Dio. Andiamo a visitare i soli; onoriamo il Corpus Domini fermandoci davanti a chi chiede e rendiamolo bello con l’amore. Venerare il corpo spezzato e versato sulla mensa ci farà amare la debolezza del corpo di Dio nei suoi fratelli più piccoli. Signore, raccogli tutti nel tuo regno di salvezza. Resta con noi, Signore. Amen. |