Omelia (14-06-2009) |
don Giovanni Berti |
Messa fast-food? Clicca qui per la vignetta della settimana Penso capiti a tutti, quando si va a mangiare in qualche ristorante o pizzeria, di osservare la disposizione dei clienti. Da come sono disposti i tavoli e da come sono sedute le persone, è abbastanza immediato capire i legami che ci sono e il grado di conoscenza reciproca. Se si va dove di solito a mezzogiorno si recano a mangiare, nella pausa pranzo, i lavoratori, può capitare benissimo di vedere persone che mangiano da sole oppure piccoli gruppi di colleghi che si mettono vicino e si scambiano qualche chiacchiera, anche se hanno poco tempo. La sera e nei giorni di festa invece è possibile veder mangiare insieme grossi gruppi. Quando si esce in compagnie numerose si cerca il più possibile di unire i tavoli per far in modo che ci sia un unico punto di aggregazione. E anche se con molta probabilità molti dei commensali del gruppo non riusciranno a parlarsi perché troppo distanti, non si vuole mangiare in tavoli divisi, ma in un unico tavolone, cosa che mette sempre un po’ in crisi i camerieri... E la riuscita di una cena di gruppo (una famiglia, un gruppo di amici...) non è solo nelle cose che si mangiano, ma prima di tutto è nella qualità del gruppo stesso. Anche i piatti più gustosi e raffinati non riescono a fare bella una festa, se il gruppo è diviso e ci sono tensioni e freddezze. Quando Gesù prepara quella che sarà la sua ultima cena, è davvero preoccupato non solo di quello che ci sarà in tavola, ma è preoccupato della qualità del gruppo che è presente. Quando meditiamo l’istituzione dell’Eucarestia, ci fermiamo sempre molto sulle parole che Gesù ha pronunciato ("Questo è il mio corpo...", "Questo è il mio sangue...") e poca attenzione mettiamo a tutto quello che succede attorno, che nei Vangeli invece ha un’enorme importanza. Per comprendere bene le parole di Gesù sul pane e sul vino, che ancora oggi sono al centro delle nostre celebrazioni domenicali e feriali, non possiamo non tener presente cosa il Signore vuole dai suoi discepoli. Gli evangelisti danno molto spazio agli insegnamenti che Gesù da’ in quella sua ultima sera con i suoi amici. Gesù parla di comunione tra i suoi amici. Insegna loro ad essere un corpo solo e di distinguersi dagli altri nella capacità di volersi bene, perdonandosi e sostenendosi nelle difficoltà. Quando pensiamo al Corpo di Cristo e al suo Sangue, non possiamo pensare solo al contenuto del Tabernacolo e al vino dentro il Calice. Questi due elementi sono il segno sacramentale della presenza di Gesù che non si esaurisce lì, ma si realizza nel Corpo di Cristo che è la comunità dei cristiani e anche di tutti gli uomini. Sottolineo questo perché tante volte la nostra preoccupazione riguardo la Messa domenicale sembra cadere tutta sul Pane e sul Vino consacrati come Corpo e Sangue di Cristo, mentre poca attenzione viene data al Corpo di Cristo che è la comunità che sta celebrando. Nella nostra mentalità si è molto radicata una concezione di Messa come fatto personale, quasi magico, con Dio che possiamo "toccare" nella particola che riceviamo alla comunione. Il Corpo di Cristo prima di tutto è la comunità che celebra il Signore. Come sono attento a venerare il Pane consacrato, così devo porre attenzione al mio fratello e alla mia sorella che ho vicino, o anche al fratello e sorella che non ho vicini fisicamente, ma che come me fanno parte della stessa fede e della stessa umanità, anche se sono dall’altra parte della terra. Clicca qui per lasciare un commento. |