Omelia (21-06-2009)
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COMMENTO ALLE LETTURE
a cura di Padre Alvise Bellinato

IL "DESTINO" E L’AMORE DI DIO
La recente sciagura del volo Air France 447, misteriosamente sparito nell’Oceano Atlantico mentre volava da Rio de Janeiro a Parigi, ha suscitato nell’opinione pubblica mondiale, reazioni di cordoglio unanime.
Oltre alle consuete discussioni sulla sicurezza aeronautica, sulle responsabilità, sulle cause di questa tragedia, è spuntato anche, su alcuni mass media, un dibattito parallelo, accompagnato da varie riflessioni, circa l’impotenza dell’uomo nell’affrontare situazioni che sfuggono totalmente alle sue previsioni.
Ci sono ancora condizioni ed eventi davanti ai quali l’essere umano sperimenta la sua sostanziale impotenza, la scomoda incapacità di governare l’esito di una situazione.
Sono quelle circostanze che in America vengono definite "out of control", fuori controllo.
L’uomo moderno, abituato a dominare la natura per mezzo della tecnologia, fa molta fatica ad accettare la perdita del controllo, a qualsiasi livello.
Il timore di perdere il controllo, poi, sia nelle relazioni umane, come nella vita affettiva, professionale, familiare, è annidato, in fondo, nell’inconscio di ciascuno di noi.
Per tragica ironia della sorte, sui monitor dell’aeroporto di Rio de Janeiro il giorno dell’incidente, appariva il numero del volo, 447, l’orario, la località di partenza e poi quella parola portoghese "destino", che in Brasile indica la località di arrivo, ma che per noi italiani significa qualcosa di molto diverso.
Chi di noi, in quei giorni, assistendo ai telegiornali, non ha pensato al "destino"?
Chi di noi non ha riflettuto un momento, domandandosi se nella nostra vita non ci sia davvero un "destino" che sfugge del tutto al nostro controllo?
È molto difficile, e forse sarebbe più onesto dire impossibile, dare una giustificazione coerente ai nostri fratelli e sorelle che sono colpiti dalla sciagura, che sono provati in vario modo dall’esperienza del dolore, della morte, e, più di tutto, della assenza di significato.
Ma pur nell’atteggiamento del silenzio rispettoso e della preghiera solidale, forse noi oggi, qui, a settimane di distanza, non possiamo esimerci dal porci una domanda con tutta franchezza.
Chi ha il controllo della nostra vita?
Dio o il "destino"?
La liturgia della Parola odierna ci spinga a parlare e non a rassegnarci a un silenzio privo di significato.
Le tre letture che abbiamo appena ascoltato, ci aiutano a mettere a fuoco una verità fondamentale e teoricamente semplice della nostra fede cristiana, quella verità che è espressa in modo sintetico e chiaro (e quasi disarmante) nella orazione iniziale di questa Messa: "Tu, o Dio, non privi mai della tua guida coloro che hai stabilito sulla roccia del tuo amore".

L’uomo è stabilito su una roccia, che è l’amore di Dio.
Qualunque cosa accada, Dio ama l’uomo.
Questo amore di Dio per l’uomo è talmente grande che, possiamo dire, non è mai "out of control". Non esiste un momento della vita dell’uomo sulla terra, in cui questo amore si fermi o cessi.
Non c’è mai un momento in cui Dio "dorma" o si dimentichi di noi, o non sappia cosa accade ai suoi figli. Nemmeno quando il dolore e la morte bussano alla porta della nostra vita.
Non siamo in balia di forze oscure, di potenze misteriose, di un destino imperscrutabile. Siamo "stabiliti sulla roccia del suo amore", ci dice oggi la liturgia.
La nuova traduzione del lezionario festivo è particolarmente forte, nella seconda lettura: "Fratelli, l’amore di Cristo ci possiede!".
Siamo posseduti dall’amore e non abbandonati al destino o "out of control".
Dio ci ama e ha "under control" (nel Vangelo, che non fu scritto in inglese, si direbbe che è kyrios, cioè ha signoria, domina) la natura (prima lettura), la vita umana (Vangelo) e perfino la morte (seconda lettura).

1. Il Signore delle forze della natura
Nella prima lettura abbiamo ascoltato come il mare, questa realtà potente e tumultuosa, è sotto il controllo di Dio. Dio era là quando nacque uscendo dal seno della terra; è molto bello il linguaggio usato nel libro di Giobbe: come un bambino indifeso Dio avvolse il mare di fasce (caligine) e lo vestì (nube).
Il cristiano sa che il mondo non è un caos disordinato, dominato da forze aliene e irrazionali: esso è un cosmo ordinato, in cui Dio ha messo l’impronta della sua sapienza e amore.
Dio, come dice uno dei prefazi della liturgia eucaristica: "ha messo al servizio dell’uomo le immense energie del mondo" Scrive un commentatore: "L'uomo primitivo aveva istintivamente il senso del sacro, viveva i suoi rapporti con la natura come se esseri divini presiedessero al divenire implacabile degli avvenimenti. L'uomo moderno ha raggiunto un notevole dominio sulle forze naturali, e lo aumenta di giorno in giorno. La natura non gli incute più timore; vi si sente a suo agio, la sceglie come quadro e materia di un'opera storica da compiere con le sue proprie forze. L'atteggiamento dei suoi antenati gli appare come una sorgente di alienazione. Anche quando si trova dinanzi ad avvenimenti inattesi, la sua reazione istantanea è quella di ricercarne la spiegazione scientifica e non più quella di rivolgersi al mondo divino.
Questo comporta un mutamento (ed una purificazione) dell'immagine stessa di Dio. Dio non è visto più soltanto o principalmente come fondamento, garante e vindice dell'ordine della natura. Il Dio della fede è «altro» dal mondo, sta al di là delle sue leggi e non può essere raggiunto a partire soltanto dal mondo e dai suoi eventi".
Questa visione cristiana del mondo comporta alcune conseguenze importanti per noi e la nostra fede.
Il mondo ci è affidato perché viviamo in giusta relazione con esso: lo rispettiamo e facciamo la nostra parte per comprendere le leggi naturali che lo governano, ma sempre consapevoli che non lo potremo mai dominarlo completamente.
L’atteggiamento di fede matura ci porta a ricercare la spiegazione razionale di ciò che accade, utilizzando l’intelligenza, che Dio ci ha dato come dono per esplorare la sua creazione.
Fede matura è, poi, renderci conto che le creature sono buone, ma non devono sostituirsi al creatore: tutto ci è stato messo a disposizione ed è per noi, ma non deve trasformarsi in idolo o prendere il posto di Dio.

2. Il Signore della vita umana
Se Dio ha creato con amore il mondo e ha messo la sua impronta nelle cose che ci circondando, molto più ci chiama a riconoscere la sua opera nella vita degli uomini, creati a sua immagine e somiglianza.
La vita dell’uomo è oggetto dell’amore infinito di Dio. Egli "ha tanto amato il mondo, da mandare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna" (Gv 3, 16).
Il tema della fede-fìducia anche nelle prove, che talvolta appaiono nella vita degli uomini e sembrano mettere in crisi la certezza che Dio ci ama, diventa centrale nel Vangelo. Gesù fa agli apostoli la domanda-rimprovero: «Perché siete così paurosi? Non avete ancora fede?».
È strano che Gesù rimproveri di mancanza di fede proprio quando essi gli si rivolgono pieni di fiducia. Evidentemente qui Gesù rimprovera non tanto la fiducia, quanto l'atteggiamento interessato per cui la fiducia è tutta rivolta ad ottenere qualcosa. Questa fede è troppo imperfetta.
È un po’ vero che la nostra fede in Dio si ravviva specialmente quando abbiamo bisogno di qualche favore, quando abbiamo qualcosa da chiedergli o siamo in difficoltà.
Nei momenti in cui ci sembra che Dio "dorma", anche noi ci rivolgiamo a lui con l’atteggiamento degli apostoli nella barca, nel mezzo della tempesta.
Il Vangelo ci richiama, però, ad una fede più matura: "Perché avete paura? Non avete ancora fede?".
La fede di cui parla Gesù è quella certezza che, porta a dire, come recita una bellissima preghiera, intitolata Preghiera di libertà: "Tu sei il mio Rifugio e la mia Roccia di salvezza. Tu hai il controllo di tutto ciò che succede nella mia vita. Io sono il tuo figlio, la tua figlia e porto il tuo nome".
Il cammino di crescita nella vita cristiana dovrebbe portarci sempre più a passare da una fede un po’ "opportunista" a una fede senza paura, libera e fiduciosa.
"Perché avete paura? Non avete ancora fede?".



3. Il vincitore della morte
La seconda lettura ci ha ricordato che Cristo ha il potere anche sulla morte.
Non esiste il "destino" o la fatalità.
Cristo ha, tanto per continuare ad usare il linguaggio adottato finora, "preso il controllo" anche dell’ultima e più grande sconfitta dell’uomo: la morte.
Lo ha fatto, ci dice S. Paolo, morendo per tutti noi.
L’accettazione nella fede di questa grande verità ci porta a un cambiamento esistenziale importante.
Non c’è più spazio per la paura, l’ignoranza, la superstizione. Appare la fiducia e il desiderio di rispondere a questa chiamata, attraverso il dono della nostra vita, il servizio agli altri, la gioia: "Quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risorto per loro!".
L’accettazione della signoria di Cristo, vincitore della morte, comporta, per noi cristiani, un cambiamento nel modo divedere la realtà: non c’è più il timore del destino, il sentirsi in balia degli eventi, il vivere prigionieri dell’incertezza. "Noi non guardiamo più niente alla maniera umana".
Anche qui, ritorna il tema della fede: per chi crede e si lascia "possedere" dall’amore di Cristo, cambia il modo di vedere, di interpretare la realtà. Anche quella realtà che più ci colpisce e ci inquieta: la morte.
Ma la morte di cui ci parla S. Paolo non è soltanto quella fisica. C’è anche quella spirituale, che, a volte, è ancora peggiore.
È la morte della mancanza di senso, di gioia, di prospettiva. È la morte del peccato, delle cose che offuscano nell’uomo l’immagine del Creatore. Anche questa morte è stata sconfitta: "Se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove!".
"God has everything under control"
Concludiamo citando brevemente il pastore evangelico americano David Wilkerson, da una sua meditazione, intitolata "God has everything under control" (Dio ha tutto sotto controllo).
"In questo momento tutto il mondo trema sotto l’esplosione di terrore e delle calamità che avvengono in tutta la terra. Tutti i giorni ci svegliamo e veniamo a conoscenza di un altro disastro.
I non credenti sono giunti alla conclusione che non ci rimane altra soluzione, che tutto sta ruotando velocemente verso il caos perché non c’è più un timone.
Ma il popolo di Dio la pensa diversamente. Sappiamo che non c’è motivo di aver paura, perché la Bibbia ci ricorda ancora una volta che il Signore ha tutto sotto controllo. Nulla avviene nel mondo senza la sua conoscenza e la sua guida. Isaia poi parla al popolo di Dio, che è sbattuto e preoccupato per gli eventi del mondo. Consiglia: Guarda in alto verso il cielo, alla sede gloriosa. Contempla i milioni di stelle. Il tuo Dio le ha create e le ha nominate una ad una. Non sei più prezioso di ciascuna di esse? Perciò, non temere.
Dobbiamo sapere che in cielo c’è una mappa, un piano che il nostro Padre ha stabilito per il corso della storia. E lui lo conosce dal principio alla fine".