Omelia (21-06-2009)
Totustuus


Con la solennità di Pentecoste ha avuto termine il Tempo di Pasqua ed è ripreso il Tempo Ordinario, anche se nelle 2 Domeniche precedenti abbiamo celebrato rispettivamente le solennità della Santissima Trinità e del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo. Dunque, oggi riprendono le Domeniche del Tempo Ordinario, con la lettura semi-continua del Vangelo secondo Marco, il Vangelo dell’Anno "B".

Oltre i tempi che hanno proprie caratteristiche, ci sono 33 o 34 settimane durante il corso dell’anno, le quali sono destinate non a celebrare un particolare aspetto del mistero di Cristo, ma nelle quali tale mistero viene piuttosto venerato nella sua globalità, specialmente nelle domeniche. Questo periodo si chiama "Tempo Ordinario".

Le Domeniche del Tempo Ordinario riflettono la contemplazione amorosa e fedele della Chiesa "sposa" che dirige tutta la sua fede e il suo amore al Signore risorto ed è spinta, da questa stessa fede e da questo stesso amore, ad essere testimone dell’amore e delle opere di Dio in favore degli uomini.

Il ciclo domenicale ordinario rappresenta la più antica celebrazione della Pasqua del Signore ed è anteriore alla formazione dei cicli "Quaresima-Pasqua" e "Avvento-Natale". Queste Domeniche costituiscono la parte più lunga dell’Anno liturgico.

Non si tratta di un Tempo liturgico meno importante solo perché definito con l’appellativo ordinario. Ricordiamo che la Domenica sempre è il giorno della Pasqua, giorno fatto dal Signore... giorno di festa che celebra l’incontro con il Risorto presente e vivo tra coloro che sono "convocati" nel suo nome, giorno al quale deve essere riservato sempre un particolare clima di gioia.

Pertanto, la Liturgia si celebri sempre "nella bellezza": il Tempo Ordinario è il "Tempo dello Spirito" che opera nella Chiesa, "nuovo Israele"! Ogni Domenica, anche e soprattutto nel Tempo Ordinario, trasmetta il senso della solennità e sia opportunamente celebrata come tale! Non si ometta mai l’uso dell’incenso, le processioni con la croce, i ceri e il libro dei Vangeli, la distribuzione della Comunione Eucaristica sotto le due specie, il canto della Grande Dossologia, del Salmo responsoriale, ecc.

Per comprendere il cammino di fede offerto dalle Domeniche del Tempo Ordinario è necessario partire sempre dall’Evangelo poiché esso è, in ogni Domenica, il gioioso annuncio di Cristo risorto che presenta alla sua Chiesa le proprie opere e parole perché essa le viva nella forza e nella gioia dello Spirito Santo.

Il Tempo Ordinario è il tempo della santificazione quotidiana e della perseveranza, rappresenta il pellegrinaggio del cristiano verso la méta finale. Questo ci aiuta ad assimilare e meditare i misteri della vita di Gesù attraverso la lettura progressiva e quasi continua che ogni Domenica si fa della sua Parola. E’ anche il tempo dell’approfondimento della fede che siamo chiamati a vivere nelle nostre Comunità, per calare nella vita quotidiana i misteri della Redenzione che abbiamo celebrato in parte nel tempo di Natale e che proseguiremo a celebrare nel tempo di Pasqua.

La Liturgia odierna mette al centro il dono della Fede. Il mondo oggi reclama la ragion d’essere della nostra fede in mezzo ai turbamenti della storia. Abbiamo molte ragioni umane per avere paura, ma questa nostra paura svela le nostre complicità con il mondo. Siamo succubi degli elementi del mondo, per questo abbiamo paura.

La contrapposizione solenne tra la potenza di Dio e la violenza della natura sono i due termini del conflitto in cui siamo calati: noi non siamo i narratori di cose nuove perché preferiamo essere i consacratori di cose vecchie. Aver fede, invece, significa lasciarci investire dalla potenza divina che mette sotto giudizio tutto ciò che c’è. Perché lui il Signore sta contro, sta di fronte, e pone limiti. In nome dell’amore.

Il "potere" di Gesù abbraccia oggi gli elementi della natura nella loro raffigurazione più grandiosa e potente: il mare. Nel simbolismo della Bibbia, il mare, pur sottomesso al dominio di Dio, è un mondo carico di misteri e di pericoli, a motivo della profondità dei suoi abissi, dell'amarezza delle sue acque, del perpetuo fluttuare delle sue onde, della sua potenza distruttrice quando si scatena. Esso diventa perciò anche l'immagine più eloquente ed efficace delle forze del male, orgogliose e minacciose, che trovano una plastica raffigurazione nei mitici e favolosi mostri che la fantasia popolare colloca nei suoi abissi. Eppure il mare, questa realtà potente e tumultuosa, è sottomessa a Dio. Dio era là quando nacque uscendo dal seno della terra; come un bambino indifeso lo avvolse di fasce (caligine) e lo vestì (nube). Il Salmo responsoriale ed il Vangelo, mentre sottolineano la signoria di Gesù sul mare, ci suggeriscono l'invocazione fiduciosa a Dio nel pericolo e lo stupore e il timore di fronte alla potenza del Signore che comanda. Entrambi i brani scritturistici presentano lo stesso schema letterario: la situazione di pericolo (lo scatenamento delle forze del mare), l'invocazione fiduciosa di Dio, l'intervento miracoloso del Signore, l'azione di grazie (Salmo), lo stupore e il timore (Vangelo). Il tema della fede-fìducia nelle prove diventa centrale nel Vangelo. Gesù fa agli apostoli la domanda-rimprovero: «Perché siete così paurosi? Non avete ancora fede?». È strano che Gesù rimproveri di mancanza di fede proprio quando essi gli si rivolgono pieni di fiducia. Evidentemente qui Gesù rimprovera non tanto la fiducia, quanto l'atteggiamento interessato per cui la fiducia è tutta rivolta ad ottenere qualcosa. Questa fede è troppo imperfetta.

L'uomo primitivo aveva istintivamente il senso del sacro, viveva i suoi rapporti con la natura come se esseri divini presiedessero al divenire implacabile degli avvenimenti di cui lui si scopriva lo zimbello. Il mondo divino lo affascinava, ma gli ispirava una specie di "sacro" terrore. Cercava, perciò, di propiziarsi la divinità con riti magici. L'uomo moderno ha raggiunto un notevole dominio sulle forze naturali e lo aumenta di giorno in giorno. La natura non gli incute più timore; vi si sente a suo agio, la sceglie come quadro e materia di un'opera storica da compiere con le sue proprie forze. L'atteggiamento dei suoi antenati gli appare come una sorgente di alienazione. Anche quando si trova dinanzi ad avvenimenti inattesi – un terremoto ad esempio – la sua reazione istantanea è quella di ricercarne la spiegazione scientifica e non più quella di rivolgersi al mondo divino. Questo comporta un mutamento (ed una purificazione) dell'immagine stessa di Dio. Dio non è visto più soltanto o principalmente come fondamento, garante e vindice dell'ordine della natura. Il Dio della fede è "altro" dal mondo, sta al di là delle sue leggi e non può essere raggiunto a partire soltanto dal mondo e dai suoi eventi.

Il nostro Dio non è il Dio delle false sicurezze umane. Non è la formula risolutiva delle nostre difficoltà e dei nostri problemi: sarebbe un Dio alienante, un surrogato, il Dio tappabuchi. La nostra fede in lui non è né fuga, né disimpegno. Ci sarebbe da sospettare di una fede tranquilla, facile, senza difficoltà. La fede è impegno continuo, proprio perché crede nonostante le tempeste in cui viene continuamente messa alla prova. Sarebbe una falsa fede quella che cercasse Dio solo come consolazione individuale e come soluzione diretta delle difficoltà nelle quali ci troviamo. Alla base di questa fede non ci sarebbe la disponibilità assoluta nei confronti di Dio, ma il tentativo di "utilizzare" Dio ai fini della nostra sicurezza. Aver fede significa abbandonarsi a Dio anche quando lui "dorme", perché sappiamo che nessuna difficoltà può vincerci; Dio le ha già vinte. Questo, però, non ci isolerà dal mondo fino a saltare i problemi del mondo, perché sappiamo che il piano di Dio è quello di liberare il mondo dal male, e che in questo processo di liberazione il cristiano è chiamato a collaborare, lottando al suo fianco, prendendo sul serio i problemi del mondo, senza perdersi di coraggio.

La paura è una brutta compagna. Anche nella migliore ipotesi, che cioè nessuno ci abbia mai fatto paura, ce la troviamo addosso come una triste eredità. Può essere la paura del buio o del domani, il timore di qualche nemico o di una malattia, qualcosa comunque che viene a turbare la nostra serenità, impedendoci la realizzazione della felicità. Non si vuole negare al credente l’aspetto umano della paura davanti al pericolo, tanto più se questo è grave. Si vuole, tuttavia, ricordargli che la presenza di Gesù aiuta a ridimensionare la paura, fino a scacciarla, Il vero credente è colui che è sicuro dell’assistenza divina, anche in situazioni umanamente disperate. Scrive a questo proposito J. Daniélou: «Oggetto della fede non è credere nell’esistenza di un Dio inaccessibile, conosciuto attraverso simboli e miti. La fede è il credere in azioni divine, in un Dio che interviene nell’esistenza umana e che vi si manifesta compiendovi opere che egli solo ha il potere di compiere».

Costruendo i nostri progetti personali e pubblici, noi dobbiamo aprirci alla possibilità del nuovo. E la novità non è quella che prolunga il vecchio, ma quella che cambia la qualità della vita: chi si preoccupa di difendere sé sta nella paura; chi sceglie di offrire sé come Cristo, costui ha vinto il mondo con le sue paure e vive nella gioia.

Il clima di festa aiuti a capire come la Parola di Dio va oltre le paure dell’uomo e rende vera la vittoria sul male.

La signoria di Cristo deve evidenziarsi in tutta la celebrazione liturgica di questa Domenica: la si colga nei canti dal testo marcatamente Cristologico; la si avverta nella fede e nello spirito di preghiera dell’assemblea; la si percepisca nell’onore reso ai simboli di Cristo (l’altare, l’evangeliario...); la si veda nello stile di presidenza (per esempio: le parole del sacerdote, soprattutto nell’omelia, siano forti come quelle del Signore che comanda ai venti, ovviamente senza essere aggressive).

In questo primo giorno d’estate, anche se il caldo si fa sentire da un pezzo, è bene ricordare alle famiglie che la fine dell’anno scolastico/catechistico non deve e non può coincidere con il termine della frequenza alla Celebrazione domenicale della santa Messa (Senza la Domenica non possiamo vivere!). Inoltre, proiettandoci verso il tempo delle vacanze, chiediamo di progettare, almeno personalmente o familiarmente, qualcosa di significativo per la vita spirituale da attuare durante il tempo delle ferie.