Omelia (28-06-2009) |
Omelie.org (bambini) |
Nel Vangelo di questa domenica è sempre l’evangelista Marco a proseguire il suo racconto: ci ricordiamo tutti, penso, della tempesta sul lago di cui abbiamo letto domenica scorsa e immagino sia rimasto ben impresso lo stupefacente miracolo con cui Gesù, sgridando il vento e le onde, ha fatto tornare la calma. Bene, da quell’episodio sono trascorsi alcuni giorni quando si verifica la straordinaria giornata che il Vangelo ci ha appena proposto. Una giornata, in fondo, cominciata come tante, per il Maestro di Nazareth e i suoi discepoli: ancora una volta sono lì, sulla riva del grande lago, con tanta folla che si è radunata per ascoltare il rabbi. Gesù parla, spiega, insegna, e presta attenzione alle mille richieste delle persone che gli si accalcano intorno. Tra i tanti c’è anche un personaggio famoso e conosciuto da tutti: è Giairo, il capo della sinagoga. Quest’uomo potente, con un incarico così importante, si inginocchia davanti a Gesù e prega il Maestro di aiutare la sua bambina: "La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva". Gesù accetta e si avvia insieme a Giairo. Ma non è affatto semplice farsi strada in mezzo alla gente che vuole vedere il Rabbi da vicino, che vuole parlargli, che cerca una parola speciale... Avanzano lentamente, perciò, Gesù e i discepoli, preceduti da Giairo che li guida e si stringe le mani pieno di ansia: vorrebbe correre, sbrigarsi, fare in fretta per raggiungere presto la sua casa, per condurre il più presto possibile il Maestro vicino al letto di stuoie dove la sua bambina sta male... Povero Giairo! Capiamo bene lo stato d’animo di questo papà in pena per la sua figlioletta, ma le cose non vanno secondo i suoi desideri: tutti si muovono a rilento e capita anche uno strano imprevisto che allunga ancora di più il tempo del cammino. Avviene, infatti, un miracolo che Gesù non sceglie di fare. Com’è possibile? In mezzo alla folla c’è una donna malata ormai da 12 anni: ha speso tutti i suoi soldi inutilmente, per pagare medici famosi che non sono riusciti a curarla. Questa donna è sicura che Gesù possa guarirla, ma si vergogna di disturbare il Rabbi che ha già tante voci a cui dar retta. Però questa donna è decisa ad avvicinarsi al Maestro di Nazareth, perché è convinta, certa, certissima, che le basterà toccare anche solo il bordo del mantello di Gesù per guarire. Non chiede pubblicità, non vuole mettersi in mostra, anzi: approfitta della calca, per raggiungere il Rabbi e afferrare non vista il mantello. Guarisce in quello stesso istante: lo sente subito, e si allontanerebbe volentieri senza farsi notare, con la sua segreta felicità. Ma Gesù ha avvertito la forza che è uscita da lui al contatto con questa donna. Sa che lo Spirito Santo ha agito passando attraverso di Lui, perciò chiede: "Chi ha toccato le mie vesti?" Gli apostoli si stringono nelle spalle, un po’ increduli che Gesù rivolga una domanda tanto assurda: "Maestro – gli rispondono - con la calca che c’è, con la gente che ci spinge da tutte le parti, come puoi chiedere: chi mi ha toccato? Continuamente qualcuno ti urta, toccando le tue vesti!" La donna senza nome che è stata guarita, però, capisce bene che è a lei che si riferisce Gesù. Lo vede, che si guarda attorno, per cercare chi gli ha strappato quel miracolo così strano. Così, tremante e spaventata, la donna si fa avanti e racconta tutto. Il Maestro e Signore l’ascolta e poi la benedice con parole dolci e piene di affetto e comprensione: "Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male." Mentre Gesù sta ancora parlando, arrivano alcuni parenti di Giairo per avvisarlo che ormai la bambina è morta, può fare a meno di condurre il Rabbi fino a casa. Morta... la figlia di Giairo è morta... Andare a chiamare il Maestro è stato inutile, ormai è troppo tardi... Deve essere sceso un silenzio improvviso tra la gente, a quell’annuncio. Ma Gesù si rivolge con sicurezza al capo della sinagoga: "Non temere, soltanto abbi fede!" Immaginatevi i commenti! Chi sospira e scuote la testa: questo rabbi dev’essere proprio pazzo, per parlare così! Sguardi di commiserazione verso Giairo e verso Gesù, forse anche qualche sorrisino ironico: figuriamoci! La bambina è morta e il Maestro che invita ad avere solo fede! Stranamente, l’unico che sembra non accorgersi di tutte le possibili reazioni è proprio Giairo: ha occhi e orecchie solo per il Maestro e perciò riprende il cammino. Gesù non permette a nessuno di andare con loro, tranne a Pietro, Giacomo e Giovanni: c’è bisogno di silenzio e tranquillità, ora, non di una folla che commenta e chiacchiera a vuoto. Chissà cosa passa nel cuore di Giairo, mentre vanno... gli hanno appena detto che sua figlia è morta, ma lui, con fermezza, tiene accesa nell’animo la piccola luce della speranza. C’è ancora una possibilità di speranza, finché il Maestro è lì con lui. Giairo sceglie di fidarsi e fa strada al piccolo gruppetto, verso la sua casa. Lasciamo che siano le parole semplici e intense dell’evangelista Marco a descrivere quello che avviene: "Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. Entrato, disse loro: Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme. E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. Prese la mano della bambina e le disse: Talità kum, che significa: Fanciulla, io ti dico: àlzati!. E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore." Grande stupore e sicuramente un’immensa gioia! Chissà che spumeggiante felicità ha invaso la casa e il cuore di Giairo! Lui che ha continuato ad avere fede anche quando sembrava pura pazzia fidarsi ancora del Maestro, ora può abbracciare la sua bambina, viva, guarita, che siede a tavola tranquilla. Due grandi miracoli in una sola giornata, quelli che il Vangelo ci ha presentato oggi. Due miracoli accomunati dalla stessa parola: fede. La fede della donna, che è certa di guarire anche solo toccando un lembo del mantello. La fede di Giairo, che mantiene viva la speranza, anche quando gli dicono che la figlioletta è ormai morta. Quando rileggo queste pagine mi chiedo sempre: e io? Che fede ho io? Sinceramente, vi dico che non so se mi sarebbe mai venuto in mente di afferrare il lembo del mantello di Gesù per ottenere la salute e la salvezza. Sì, mi rivolgo a Lui in ogni momento di bisogno, ma voglio la sua completa attenzione, mi aspetto che si prenda cura di me con ogni premura. Non mi basta il lembo del mantello: pretendo, in qualche modo, che il Maestro e Signore, si curvi su di me, per accontentare le mie attese. Invece questa donna coraggiosa e riservata è stata premiata per la sua fede, che non viene sbandierata, ma che è profonda, salda, fino al punto da ottenere un miracolo senza lasciare alternative allo stesso Signore Gesù. E poi, di fronte alla fede di Giairo, mi sento veramente piccolissima. Voi, al suo posto, cosa avreste fatto? Sapendo che la bambina era ormai morta, io proprio non so se avrei continuato a insistere per condurre con me il Rabbi. Ma quest’uomo e questa donna hanno una fede forte, profonda, che non si scoraggia. Come vorrei far crescere la mia fede, farla diventare robusta come la loro; coraggiosa, come la loro; testarda come la loro! La volete anche voi, vero?, una fede di questa qualità eccellente. Una fede resistente anche alle peggiori delusioni. Una fede che non appassisce malgrado il passare del tempo, un tempo lungo come i 12 anni di malattia della donna. Prendiamoci allora, un momentino in silenzio, per chiedere allo Spirito Santo di farci assomigliare, nella fede, a Giairo e alla donna senza nome. Chiediamo allo Spirito di far crescere la nostra fede, di renderla salda, senza paure o incertezze. Una fede così, è un dono prezioso che dobbiamo chiedere sempre, senza stancarci. Commento a cura di Daniela De Simeis |