Omelia (28-06-2009) |
padre Antonio Rungi |
La bambina riportata in vita Celebriamo oggi la XIII domenica del tempo ordinario e il vangelo ci parla di una bambina riportata in vita da Cristo, chiamato al capezzale della stessa dal suo genitore, afflitto ed angosciato dalle condizioni di salute disperate in cui si trova la sua creatura. Il Vangelo di Marco che ci racconta il fatto è molto preciso, dettagliato e circostanziato nel riportare l’antefatto, il fatto e il post-fatto. Gairo, va da Lui perché salvi sua figlia che sta morendo; mentre sta informando il Maestro della situazione estremamente delicata giunge la notizia che la bambina è morta. Di questi tempi, con cellulari e sistemi moderni di informazione, sarebbe arrivata in tempo reale la ferale notizia, come tante ne arrivano tutti i giorni e purtroppo solo queste, dimenticandosi anche delle belle e buone notizie che ci sono; invece è necessario un messaggero di morte in questo caso per informare dell’avvenuto. A questo punto non c’era null’altro da fare che esprimere le condoglianze a Gairo e ripromettersi di una visita di umana pietà nella casa della defunta. Invece Gesù, nonostante la notizia sia certa e di fonte attendibile, si reca ugualmente alla casa della morta per rendersi personalmente conto di quanto sia successo. Nell’andare verso questo luogo di morte e di dolore, Gesù guarisce un’altra persona, una donna affetta da emorragia da 12 anni e che tra tanta folla, per la fede che ha nel potere taumaturgico del Signore, toccando solo il mantello di Gesù ottiene la guarigione. Dopo questo ulteriore gesto d’amore di Cristo verso una donna sofferente, Gesù arriva alla casa della bambina morta e subito dice che non è morta, ma dorme. Prepara, in poche parole, le persone che sono presenti nel luogo al mistero della risurrezione. Ma come in questi e in altri casi la fede è talmente labile dei presenti che lo deridono, lo prendono in giro. Ma quello che Gesù sta per fare lo sa benissimo a dimostrazione della sua divina potenza, ma soprattutto per educare i suoi discepoli ad accettare la vita oltre la stessa vita, a guardare l’esistenza umana nell’orizzonte dell’eternità. La bambina viene riportata e richiamata alla vita, perché i tanti scettici e dubbiosi lì presenti si ricredano e ammettano che a Dio è tutto possibile; mentre agli uomini tutto è impossibile se Dio non interviene, sostiene ed assiste il loro cammino. La bambina di fatto viene rianimata (qualcuno potrebbe dire che siamo di fronte ad una morte apparente, secondo la scienza dubbiosa ed incerta di ieri, di oggi e di sempre e sminuire il miracolo; oppure di coma temporaneo da cui riemerge la fanciulla) e questo è il dato di fatto, la notizia certa dopo la certezza che la bambina era morta. Gesù le fa dono della rinascita fisica, ma soprattutto della rinascita spirituale. Dopo averla riportata alla vita raccomanda ai presenti di darle da mangiare. E’ evidente l’invito a dare il necessario alla sua alimentazione corporea, ma anche altrettanto evidente è il riferimento al sostegno spirituale e quindi all’eucaristia di cui necessita la bambina. Questa fanciulla come tutti gli esseri umani ha bisogno di Cristo e del suo pane spirituale, senza il quale si muore di inedia interiore. Questo Cristo al quale crediamo è il Dio della vita e non della morte. Un Dio che anche in questo miracolo della vita ridata ad una fanciulla ci porta al senso più vero della nostra esistenza terrena e della nostra fede. Questo aspetto lo evidenzia in modo chiaro il primo brano della Parola di Dio di questa domenica, tratto dal Libro della Sapienza. Uno dei testi più belli e significativi dell’Antico Testamento riguardante l’immagine di Dio. Noi siamo stati creati ad immagine e somiglianza di Dio, Dio ci ha pensato e posto in essere per la vita. La morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo, fonte di ogni morte e dolore per l’umanità. Ma Cristo ha vinto la morte con la sua risurrezione dai morti e ci ha preparato un posto nel suo regno di luce e di felicità eterna. In prospettiva di questa felicità, dobbiamo impegnarci nella quotidianità a costruire la nostra futura salvezza con le opere di bene. La carità, il servizio disinteressato verso i fratelli, soprattutto se bisognosi e in necessità di qualsiasi genere ci chiede un supplemento di donazione e generosità, che non siamo sempre disposti a dare. Non si tratta di rinunciare a tutto quello che è pure nostro diritto e sono nostre reali necessità economiche, interiori e spirituali, ma di mettere altri nella condizione di sopravvivere, meglio se fosse nella condizione di vivere con dignità di uomo. La carità ci deve sostenere nelle opere di bene come ci ricorda l’apostolo Paolo, oggi, nel testo della seconda lettura della parola di Dio, tratta dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi. Sia questa la nostra preghiera di ringraziamento a Dio per tutti i benefici che ci concede in ogni momento della nostra vita: "Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato, non hai permesso ai miei nemici di gioire su di me. Signore, hai fatto risalire la mia vita dagli inferi, mi hai fatto rivivere perché non scendessi nella fossa". Non si tratta solo del riferimento alla morte, ma spesso tocchiamo il fondo della fossa con l’abbrutimento morale, con il cedere alle tentazioni e alle passioni della carne, determinando in noi una morte più grave della stessa morte corporale, quella spirituale che estingue in noi il desiderio di Dio e del bene. Chiediamo al Signore che ci liberi dalla tentazione di abbrutimento totale nella nostra esistenza temporale che avrà un termine e certamente avrà un appuntamento con la morte ma anche con il giudizio di Dio. Ecco perché possiamo con semplicità dire e pregare cosi: "O Dio, che ci hai reso figli della luce con il tuo Spirito di adozione, fa’ che non ricadiamo nelle tenebre dell’errore, ma restiamo sempre luminosi nello splendore della verità". Amen. |