Omelia (28-06-2009)
mons. Roberto Brunelli
La speranza, virtù da svegliare ogni giorno

Il Vangelo racconta di due don­ne guarite, una potenza che e­sce da Gesù, una mano che ti prende per mano. Per riportare nel mondo la speranza promessa dalla prima lettura: le creature del mondo sono portatrici di salvezza, in esse non c’è veleno di morte (Sap 1, 13-15).
Nel breve tragitto tra la sponda del lago e la casa di Giàiro è come se Gesù fosse ancora sulla barca in balìa della burrasca, assediato da una folla che porta il veleno della malattia e della morte. Dalla tem­pesta sul lago alla tempesta della vita: la gente che preme, il vento della disperazione, le onde della sofferenza. Il cuore, sorretto dalla parola di Dio, dice vita, l’esperien­za risponde morte. Eppure nelle creature del mondo c’è salvezza: germoglio che deve ancora fiorire, seme da cui germo­glierà l’albero grande. Riprendia­mo a sillabare lo stupore dell’esistenza: tu, mio familiare, mio ami­co; tu, fratello sconosciuto, tu por­ti salvezza. Dio ti ha fatto buono e sano, senza radice di veleno: tu do­ni salute all’anima. Davanti a te Dio ha gridato: «Come sei bello, figlio mio!».
«Figlia mia» dirà Gesù alla donna guarita, con una parola dolcissima. Adesso sì sei figlia, ora sì guarita e libera, ora che il cuore impaurito di felicità ode Dio che ti chiama per specchiarsi nei tuoi occhi. Ora a tua volta darai salute.
Il racconto per due volte parla di fede. Quella della donna è quasi su­perstizione, quella di Giàiro è fede sopraffatta d’amore per la figlia.
Forse poca cosa, eppure a Dio ba­sta. E noi dovremmo, come Gesù, godere di ogni segno minimo di fe­de, di ogni appartenenza parziale, essere amici della fede a frammen­ti di ogni creatura. Fragile fede, che per questo ha ancora più bisogno di Lui.
Ciascuno di noi è quella fanciulla di dodici anni nella casa del pianto. Ciascuno ha qualcosa di morto dentro, per ciascuno Gesù ripete: «Talità kum!», giovane vita, alzati! Riprendi la gioia, la lotta, la sco­perta, l’amore. La fanciulla che dorme è la spe­ranza, virtù bambina che occorre svegliare ogni giorno, farla alzare, rimettere in cammino. Gesù dice: «Àlzati», verbo di ogni nostro mat­tino, quando ogni giorno è come il giorno di Pasqua. Là dove l’uomo si è fermato, Dio fa ripartire, ridà bel­lezza a ciò che è appassito, vertica­lità a ciò che è stanco. Su ogni creatura, su ogni fiore, su o­gni uomo scende la benedizione delle antiche parole: tu sei porta­tore di salvezza! «Talità kum»: alza­ti, rivivi, risplendi!