Omelia (14-06-2009) |
don Daniele Muraro |
Il tabernacolo Ciò che distingue una chiesa cattolica è il tabernacolo. Le norme prevedono che chiunque entri in chiesa lo individui facilmente, grazie anche alla lampada perenne. Può essere necessario conservare delle ostie oltre la Messa per permettere la comunione degli ammalati nelle loro case, ma questo non è la ragione principale del tabernacolo in una chiesa. Nel tabernacolo il Corpo di Cristo sotto la specie del pane viene custodito per rimanere presente in mezzo al suo popolo e per continuare il suo dialogo di amore con i fedeli. Il tabernacolo fa di ogni chiesa un tempio. Esistono santuari, basiliche, duomi, ma queste distinzioni si fermano al prestigio umano. La vera differenza per giudicare il valore di una chiesa la fa il tabernacolo abitato. In questo senso le nostre chiese, anche quella del più piccolo paese di montagna o in uno sperduto villaggio di missione, se custodiscono stabilmente il Corpo del Signore, sono radicalmente diverse da ogni altro luogo di preghiera e anche dalle sinagoghe degli Ebrei che non sono Tempio appunto perché mancano della presenza di Dio. Fino a Gesù l’unico domicilio di Dio presso l’umanità era il Tempio di Gerusalemme. Dal santo dei santi, ossia dalla stanza più interna, il Signore espandeva il suo sguardo per così dire su tutta la terra. Una volta all’anno e basta il Sommo Sacerdote entrava nel luogo più interno del Tempio per il rito dell’espiazione. Dopo essere rimasto confinato per sette giorni in una camera adiacente infine l’ottavo giorno egli portava a compimento la cerimonia dentro il santo dei santi offrendo incenso e il sangue di un vitello e di un capro. A questi riti del giorno dell’espiazione fa riferimento la seconda lettura: "se il sangue dei capri e dei vitelli e la cenere di una giovenca, sparsa su quelli che sono contaminati, li santificano purificandoli..., quanto più il sangue di Cristo... purificherà la nostra coscienza". Sarebbe troppo lungo spiegare tutto. Per rimanere in tema possiamo dire che gli ebrei pensavano di poter ottenere il perdono di Dio una sola all’anno, appunto nel giorno dell’espiazione e per questo si servivano di un vitello e di due capri (il secondo capro non veniva ucciso, ma liberato nel deserto). Non li dobbiamo giudicare male perché non avevano niente altro a disposizione per manifestare il loro pentimento e devozione verso Dio. Certamente il rito andava superato. Lo fece Gesù Cristo, il quale offrì se stesso per la nostra salvezza eterna, la lettera agli Ebrei la chiama redenzione. Delle parole della lettera agli Ebrei sottolineo un particolare: si dice che anche Gesù passò attraverso una tenda. Una tenda segnava l’accesso nella stanza del santo dei santi e ne impediva la vista all’interno. Secondo la testimonianza degli evangelisti nel momento preciso della morte di Gesù questo "velo del tempio" si squarciò in due da cima a fondo. Con quel segno Dio dichiarava terminata una alleanza, la prima quella del Sinai e ne dichiarava l’apertura di un’altra, quella definitiva in Gesù. La tenda del santo dei santi rimandava alla tenda del Convegno nell’Esodo. Durante il pellegrinaggio nel deserto, alla presenza di Dio Mosè aveva destinato una tenda speciale. Lì si poteva stare con il Signore. Su di essa riposava la nube luminosa che serviva da guida al popolo nel cammino. Sotto il regno di Salomone questa tenda nomade fu sostituita da una costruzione in pietra, il Tempio appunto. Nell’anno 70 il Tempio fu distrutto dai romani. Nel frattempo la presenza di Dio era tornata ad essere mobile; non più però come prima, bensì moltiplicata per quante chiese esistono sulla terra dotate di un tabernacolo. Il tabernacolo dunque è la nuova tenda di Dio, che ospita la sua presenza. Adesso possiamo capire meglio il ragionamento della seconda lettura. Durante la vita terrena di Gesù la Tenda del Convegno, ossia il luogo per incontrare Dio, era il corpo umano di Gesù. Gesù ci ha detto la lettura, "è venuto come sommo sacerdote dei beni futuri, attraverso una tenda più grande e più perfetta, non costruita da mano d’uomo, cioè non appartenente a questa creazione." Qui l’autore della lettera agli Ebrei fa riferimento al concepimento verginale di Gesù. Al momento stabilito Gesù mosso dallo Spirito eterno, offrì se stesso senza macchia a Dio. L’offerta da parte di Cristo del suo corpo, ossia della sua persona, ottenne quello che i sacrifici antichi potevano solo preannunciare senza effettuare: la nostra salvezza. Uno degli effetti di questa redenzione eterna, e non il meno importante, è la presenza di Cristo molteplice e tuttavia sempre unica in ogni chiesa, nel sacramento dell’altare e nel tabernacolo che lo custodisce oltre il tempo della Messa. "Cede al nuovo il rito antico, la realtà disperde l'ombra" diceva la sequenza, "Chi ne mangia non lo spezza, né separa, né divide: intatto lo riceve... Quando spezzi il sacramento non temere, ma ricorda: Cristo è tanto in ogni parte, quanto nell’intero." Non sempre ci accosta alla Comunione e non tutti la possono ricevere, ma tutti possiamo adorare, lodare e ringraziare il santissimo Sacramento custodito nel tabernacolo e ancora di più desiderare di entrare in Comunione spirituale con Lui. Il Signore è lì nel tabernacolo la nuova tenda del Convegno apposta per questo e aspetta un segno di attenzione da parte nostra ogni volta che entriamo in chiesa. |