Omelia (21-06-2009) |
don Daniele Muraro |
La purificazione - 1 Dopo avere visto i principali elementi della liturgia, oggi parliamo della spiritualità. Non è necessario essere cattolici per appassionarsi a temi spirituali, però è stato necessario soffermarci sulla liturgia per occuparci da cattolici della spiritualità. Infatti esiste anche una spiritualità non cristiana, delle religioni orientali per esempio e perfino una spiritualità solo umana senza riferimenti ad una divinità. Solo la preghiera comune e ufficiale della Chiesa invece garantisce ad ogni singolo credente cristiano di praticare una corretta spiritualità. Nella visione cristiana delle cose spiritualità è un termine molto ampio e si riferisce all’intero processo di avvicinamento e di rapporto con Dio, attraverso tre tappe principali, ossia quella della purificazione, del progresso e della perfezione. Oggi ci soffermiamo sulla prima tappa, ossia la purificazione. Possiamo anche mettere in dubbio che gli apostoli nell’episodio appena proclamato si facessero problemi sulla spiritualità. La loro preoccupazione era di avere salva la vita. Eppure ad un certo punto essi non trovano niente di meglio da fare che rivolgersi a Gesù con una preghiera: "Maestro, non ti importa che siamo perduti?" In mezzo alla tempesta, chini sui remi nell’arduo sforzo di controllare la barca e di uscire indenni da un rischio grande gli apostoli faticavano. Incurante di tanta agitazione Gesù dormiva in fondo alla barca, al posto del timoniere. L’evangelista Marco annota perfino che c’era un cuscino. Certamente Gesù aveva avuto una giornata pesante. Aveva appena finito di insegnare ad un folla considerevole. Aveva raccontato le parabole del Regno, prima fra tutti quella del seminatore. In quel medesimo giorno, venuta la sera, aveva dato ordine ai suoi di trasferirsi da Cafarnao verso Betsaida, ossia dall’altra parte del lago. Si vede che voleva continuare là la sua missione. Ma era esausto e infatti crolla nel sonno. Nemmeno l’infuriare del vento e le onde che quasi sommergevano la barca riescono a svegliarlo. Allora qualcuno degli Apostoli prende l’iniziativa e lo scuote. In breve Gesù ristabilisce la calma e invita tutti ad avere fede in Lui. Ciò provoca una reazione di sconcerto negli ascoltatori: a Gesù obbediscono il vento e il mare. Il Signore aveva invitato i discepoli "a passare all’altra riva". La vita è tutta una traversata in attesa di arrivare al porto sospirato della quiete. Religiosamente parlando noi partiamo da una condizione terrena ma siamo chiamati a distaccarci dal nostro amor proprio e a superare noi stessi per giungere a conoscere e a praticare il vero amore di Dio. Nella traversata però dobbiamo fare i conti con tante prove difficili da superare. Nel racconto questi fattori di ostacolo sono due: uno è la notte e il secondo la tempesta di acqua e vento. Il Vangelo di Marco delinea con precisione il quadro iniziale: "E’ sera!" Questo ci suggerisce subito che la possibilità di vedere chiaro è limitata e nelle tenebre, lo sappiamo, prevalgono forze oscure, fuori dalla possibilità di controllo. L’acqua poi mentre nel suo ritmo normale rappresenta la purezza, la trasparenza e la fonte della vita, quando è alterata, torbida e tempestosa raffigura la condizione dell’uomo schiavo delle sue passioni. Come dice il Profeta nell’Antico Testamento: "I malvagi sono come un mare agitato, che non può calmarsi e le cui acque portano su melma e fango. Non v'è pace per gli empi, dice il mio Dio." Anche il turbine del vento è immagine usata spesso per descrivere la condizione l’anima portata qua e la dai suoi desideri istintivi e non controllati. San Paolo scolpisce la condizione comune dell’uomo senza la grazia di Cristo con delle espressioni indimenticabili: "Io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio... quando voglio fare il bene, il male è accanto a me... nel mio intimo acconsento alla legge di Dio, ma nelle mie membra vedo un’altra legge, che mi rende schiavo... del peccato." Gli Apostoli volevano arrivare all’altra riva, ma un vento impetuoso e delle onde spaventose sembravano essere più forti di loro. La barca si stava riempiendo d’acqua e per l’oscurità degli elementi scatenati mancavano punti di riferimento. In questa condizione disperata gli Apostoli non avevano ancora fatto appello a tutte le loro risorse. Ne mancava una risolutiva: chiedere aiuto a chi lo poteva dare. Sulla barca infatti, passeggero al momento inerte ma potente, c’era Gesù. Essi lo avevano fatto salire nella loro imbarcazione "così com’era" e poi ne avevano trascurato la presenza. Gesù calma gli elementi esterni, ma con la sua parola anche acquieta la tempesta nel cuore dei suoi Apostoli. Quando le nostre forze sono messe alla prova e quasi esaurite non è proprio allora il momento di accorgerci che tutti abbiamo a bordo un "passeggero" speciale, capace di placare con un gesto qualsiasi infuriare di burrasca? Per i sacramenti la grazia di Cristo, ossia Cristo stesso, abita in noi; ma il più delle volte sembra addormentato. In realtà non è Lui che non si cura di noi, ma siamo noi che non ricorriamo a Lui nella dovuta maniera. Come appare dal Vangelo di oggi il Signore ci permetterà di recuperare il controllo di tanti aspetti della nostra vita che ci sfuggono solo se noi glielo chiediamo con insistenza. Prima di intervenire Egli aspetta siamo ben convinti di quello gli diciamo in modo che la preghiera spunti dal cuore e non passi solo sulle labbra. Siamo a Messa, continuiamo la nostra preghiera ora che sappiamo che essa per essere gradita deve muovere da un appello, quasi un grido, spirituale e interiore. |