Omelia (01-11-1998)
mons. Antonio Riboldi
Perchè paura della morte?

Saggiamente la Chiesa ogni anno ci ricorda il perché Dio ci ha creati e quindi il vero senso della vita, attraverso la duplice celebrazione del 'fare festa per tutti i fratelli che vissero secondo Dio e sono ora in Cielo, ossia tutti i Santi'; e la commemorazione di tutti i defunti, ossia di tutti quanti hanno vissuto vicino a noi e che ora sono nella realtà della vita eterna.
Meraviglia un po' tutti come da qualche tempo la Chiesa innalza agli onori degli altari tante persone, da Papi a semplici fedeli – quelli dalla vita feriale – in ogni parte del mondo. E tutti sappiamo che i Santi proclamati tali dalla Chiesa tali sono definiti e preposti alla nostra venerazione e intercessione, solo dopo un attento esame della loro vita che deve avere un esercizio di virtù eroiche, fino al martirio. La gioia che provo ogni volta che sento della beatificazione di qualcuno, viene dal fatto che mi conferma che la morte che mi viene sempre incontro, non è un salto nel buio, ma è davvero un partecipare alla resurrezione di Cristo: ossia un passaggio da questa povera vita mortale, ad un'altra vita che è impossibile descrivere per la sua bellezza eterna.
Del resto dovremmo tutti sapere che la vita ha in sé il senso della eternità: sempre che pensiamo alla vita, non a quella 'temporale', questa che viviamo, che ha solo caratteristiche di una 'morte quotidiana', ma a quella che va oltre. E' frequente la domanda di 'senso della vita'. E' segno di autentica saggezza che ogni uomo o donna si ponga la domanda 'perché questa vita?' Se io guardo le meraviglie della natura, trovo sempre in tutte le cose una ragione che desta sempre stupore, al punto che sempre mi viene da dire 'grazie' a Dio che le ha create.
E tutto è stato fatto come cornice della vita per l'uomo, quasi a essere 'voce delle ragioni per Chi ci ha donato la vita'.
Dobbiamo ammetterlo con sincerità: c'è stata una vera guerra contro il senso della vita dell'uomo, la sua chiamata alla felicità eterna, che è la vera e sola ragione che giustifica il grande dono della vita. Si è come cancellato dalla coscienza la verità dell'eternità, ossia quella che veramente saremo dopo la parentesi di questa vita. Ed è come se ogni giorno, dopo tante fatiche e sofferenze, con poche soddisfazioni, morissimo, ossia avessimo scritto le nostre memorie sulla sabbia, senza possibilità di trovarne traccia il giorno dopo.
Quando ero piccolo, mia mamma aveva l'abitudine, come una lenta, ma proficua educazione al senso della vita chiedendoci: "Chi ti ha dato la vita?" "Dio", era la risposta. "Ma perché Dio ti ha dato la vita" incalzava mamma. Per conoscerLO, amarLo servirLo e così essere felice con Lui nella vita eterna". In altre parole, secondo la nostra fede, noi 'usciamo dal seno di Dio' per una sola ragione: partecipare alla gioia che Gli e propria e per sempre. Questa vita vissuta sulla terra è solo un 'momento', in attesa di tornare a casa. Un momento che si deve vivere facendo il bene che è nella sua volontà.
"Carissimi, - scrive Giovanni in una sua lettera - vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! La ragione per cui il mondo non ci conosce e perché non ha conosciuto Lui.
Carissimi, noi fin d'ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando Egli si sarà manifestato, noi saremo simili a Lui, perché Lo vedremo così come Egli è. Chiunque ha questa speranza in Lui purifica se stesso, come Egli è puro" (Gv.3,1-3).
Comprendiamo allora come quelli che noi chiamiamo e veneriamo 'Santi' avevano una grande felicità nel cuore, quella di farsi amare da Dio ed una grande bontà. Vivevano con il desiderio di prepararsi a tornare 'a casa'.
E per loro morire era solo finalmente 'vedere il volto del Padre', il volto della felicità: quel volto meraviglioso che è misericordioso che sa capire le nostre debolezze e perdonarle e sa illuminare la vita di gioia. A differenza del mondo.
Ricordare nella preghiera i nostri defunti e mettersi in comunione già ora con il futuro che ci attende. Da qui le liturgie per i defunti, le elemosine. Commemorarle solo con 'esibizioni esterne di fiori, di lampade, che servono solo per gli occhi degli uomini. Una vanità che certamente non fa bene ai nostri cari che si attendono ben altro!
Ed allora i Santi, i nostri defunti, ci insegnano che la nostra vita altro senso non ha che un'attesa del Signore che viene. E viene quando meno ce lo aspettiamo. La vita come una lunga ma breve 'vigilia' che la saggezza invita a vivere bene.