Omelia (05-07-2009) |
mons. Antonio Riboldi |
Profeti disprezzati Difficile compito, oggi, quello di coloro che si propongono di fare dono del Vangelo, o meglio della Parola di Dio, agli uomini del nostro tempo. In troppi sono così sazi delle dannose e vuote parole nostre e del mondo, che non sentono più il bisogno di 'parole vere, che contengano verità e vità, come sono quelle che Dio offre, gratuitamente, per il Suo grande Amore, che desidera comunicare con noi. Eppure quando, con fiducia, ci si lascia illuminare da un Dio che ci parla, senza rumore, con la Sua delicatezza, ci si sente come sollevati. È anche vero, per fortuna, che molti, oggi, accompagnano i passi della propria vita con il Vangelo, sempre con sé, alla ricerca delle ragioni della loro stessa vita: una ragione che supera le miserie della nostra natura e ci mostra la bellezza di una Parola, che non solo è verità, ma comunica amore, tanto amore. Basterebbe pensare ai tanti che nei monasteri o nelle case, dedicano ore, ogni giorno, perché la Parola diventi sostanza e gioia della vita. Ma, per troppi, non è cosi, ed è veramente doloroso assistere a tanti sbandamenti, perdita di senso della vita, nelle difficoltà. Ha meravigliato tantissimi, se ricordiamo, quella settimana di lettura continua dell'intera Bibbia, ininterrottamente, a Roma. E quello che ha destato stupore non era l'iniziativa coraggiosa di fare conoscere l'intera Sacra Scrittura, leggendola senza commenti, a turno, ma la grande affluenza di fedeli che si sentivano come ‘quell'uomo, di cui racconta il Vangelo, che ha trovato un tesoro nel campo e va, vende tutto quello che ha e compra il campo’. La Parola del Padre, per vivere serenamente e conoscere la bellezza di Dio e del dono della vita, senza provare il vuoto dell'anima, non può essere ignorata. Ecco perché noi non possiamo tacere. 'Guai a noi se non predicassimo!' - ci avverte l'Apostolo. Un 'guai' che pesa sulla nostra società, tante volte priva di valori umani e divini: valori che solo la Parola sa suggerire. Penso che le parole. che oggi la Liturgia ci offre, suonino come un grave avvertimento. il profeta Ezechiele che parla: "In quei giorni, uno spirito entrò in me, mi fece alzare in piedi e io ascoltai colui che mi parlava. Mi disse: Figlio dell'uomo, io ti mando agli Israeliti, a un popolo di ribelli, che si sono rivoltati contro di Me. Essi e i loro padri hanno peccato contro di Me sino ad oggi. Quelli a cui ti mando, sono figli testardi e dal cuore indurito. Tu dirai loro: Dice il Signore Dio - Ascoltino o non ascoltino – perché sono una genìa di ribelli, sapranno almeno che un profeta si trova in mezzo a loro" (Ez. 2, 2-5). Un giorno, mi trovavo di passaggio per una cittadina. Era una domenica. Mi venne spontaneo cercare una chiesa dove stare un momento con Cristo, che è luce della vita, senso della pace interiore. Vicino all'altare, poche persone. Dall'altare un sacerdote, dal volto veramente ispirato, stava offrendo la Parola di Dio. Non ricordo con precisione le parole, talmente fui preso dalla luce che emanava dal suo volto. Ho bene in niente il volto, che mostrava Dio, più delle parole, ma quella poca gente aveva l'aria annoiata, propria di chi non riesce a 'vedere' qualcosa di veramente bello. "Mostraci, Signore, il Tuo Volto", preghiamo tante volte, ma ‘quel volto’, nell'annuncio del sacerdote, non veniva colto. Erano distratti. Ad un certo punto alcuni, di quel piccolo gregge, si alzarono ed abbandonarono la Messa. Mi passarono vicino e uno disse, con voce alterata: 'Questi preti non sanno proprio quello che dicono, mai, hanno solo la capacità di rubarci del tempo prezioso'. Io continuavo a farmi invadere dalla luce che proveniva dalle parole di quel semplice sacerdote, vero profeta disprezzato, e provai tanta sofferenza nel constatare come tanta luce divina venisse rifiutata. Mi chiedevo: 'Ma cosa vogliono sentire da noi, missionari del Vangelo?' Il rifiuto veniva dalla semplicità, diremmo dalla povertà, di quel sacerdote, simile a quella del Santo Curato d'Ars: una semplicità che metteva in disparte gli aspetti dí rilevanza umana, donando la nuda ed essenziale Parola di Dio. Lì davvero c'era testimonianza di vita evangelica, come se Parola e vita si fossero fuse. È quello che successe a Gesù e ci racconta il Vangelo oggi: "In quel tempo, Gesù andò nella sua patria e i discepoli lo seguirono. Venuto il sabato incominciò a insegnare nella sinagoga. E molti ascoltandolo rimanevano stupiti e dicevano: Donde gli vengono queste cose? E che sapienza è mai questa che gli è stata data? E questi prodigi compiuti dalle sue mani? Non è costui il carpentiere, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Joses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle non stanno qui da noi?. E si scandalizzavano di lui. Ma Gesù disse loro: Un profeta non è disprezzato che nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua. E non vi poté operare nessun prodigio, ma solo impose le sue mani a pochi ammalati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità" (Mc 6, 1-6). La dice lunga questo atteggiamento di Gesù, rifiutato per la semplice ragione di essere uno di loro, vissuto tra di loro e, quindi... di nessuna importanza!... come se Dio avesse bisogno di fare conoscere Se stesso, la Sua Parola, solo attraverso gente 'importante'!! Quante volte, invece, le parole semplici, quelle che tante volte le nostre stesse mamme ci dicevano, illuminate ed ispirate dalla Parola, vanno diritte al cuore. Molte volte più in là di quelle che diciamo noi sacerdoti. Dio per parlarci non si offre alla nostra loquacità o importanza, che tante volte offrono il fianco alla superbia e chiudono il cuore di chi ascolta, mettendo in risalto ciò che si è e non ciò che si dice, che chiede umiltà e spirito di servizio. È bello risentire quanto scriveva San Paolo, il grande Apostolo delle genti, nella lettera ai Galati: "Fratelli, vi dichiaro che il Vangelo da me annunciato non segue un modello umano: infatti io non l'ho ricevuto né imparato dagli uomini, ma per rivelazione di Gesù Cristo. Voi certamente avete sentito parlare della mia condotta di un tempo nel giudaismo; perseguitavo ferocemente la Chiesa di Dio e la devastavo, superando nel giudaismo la maggior parte dei miei coetanei, accanito come ero nel sostenere le tradizioni dei padri. Ma quando Dio, che mi ha scelto fin dal seno di mia madre, mi chiamò con la sua grazia, si compiacque di rivelare in me il Figlio suo, perché Lo annunziassi in mezzo alle genti, subito, senza chiedere consiglio a nessuno, senza andare a Gerusalemme da coloro che erano apostoli prima di me, mi recai in Arabia e poi a Damasco. In seguito, tre anni dopo, salii a Gerusalemme per andare a conoscere Pietro e rimasi con lui quindici giorni; degli apostoli non vidi nessun altro, se non Giacomo, il fratello di Gesù" (Gal 1, 11-20). Conoscendo i lunghi viaggi di Paolo per tante nazioni, con la passione di dare agli uomini il dono più grande, la conoscenza di Gesù e della Sua Parola, arrossiamo davanti alla pigrizia che ci assale di fronte al nostro dovere, ricevuto nel Battesimo, di essere tutti missionari. Tanto meno ci si deve lasciare prendere dalla paura di essere criticati; si dovrebbe, invece, sentire la necessità, ogni giorno, di trovare un tempo per nutrirci della Parola di Dio, per poi viverla ed annunciarla. Ci avverte il 'nostrò grande Paolo VI, verso cui nutro un grande amore, lui che voleva imitare l'apostolo Paolo per donare la fede a tutti: "Forse mai come oggi il mondo ha avuto cosi grande bisogno di valori spirituali e ne siamo convinti: mai è stato cosi ben disposto ad accogliere l'annunzio. Anche le nazioni più prospere del mondo stanno scoprendo che da sé la felicità non consiste nel possedere molti beni; stanno imparando da un'amara esperienza 'del vuoto', quanto siano vere le parole di Gesù: 'Non di solo pane vive l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio'. Dobbiamo dire a tutti gli uomini che la chiave, il centro e il fine di tutta la storia umana si trova in Cristo, nostro Signore e Maestro. Dobbiamo dire a tutti gli uomini che questo è vero non solo per i credenti, ma si applica a tutti. No, 'non ci vergogniamo del Vangelo' e il Papa, i Vescovi, i sacerdoti e i fedeli non si vergognano di evangelizzare". Se mai ci fu un tempo in cui i cristiani sono chiamati, più che in passato ad essere luce che illumina il mondo, questo è il nostro tempo. Noi infatti possediamo l'antidoto al pessimismo, agli oscuri presagi, allo scoraggiamento, alla paura di cui soffre il mondo. Noi abbiamo la Buona Novella" (25 giugno 1971). Così pregava Madre Teresa di Calcutta e noi con lei: O Signore, fa' sì che ogni uomo sulla terra conosca la Bibbia. Suscita in loro la fame della Tua Parola e lascia che sia il nostro pane quotidiano. Fa' che quanti sanno leggere guardino al Vangelo con i loro occhi; mentre quanti non sanno leggere, incontrino chi possa leggere per loro. |