Omelia (12-07-2009) |
mons. Antonio Riboldi |
Esigenza di un Vangelo 'vissuto' C'è nel Vecchio Testamento una figura destinata a turbare i sonni tranquilli di tanti di noi: quei sonni mai basati sulla verità, che non concede respiro nella sua ricerca – che sono solo frutto di menzogne o ipocrisie, a cui sappiamo ben assuefarci, creando un comodo 'nido' in cui adagiarci. Dio che ci ama – come solo Lui sa farlo nell'immensità di un Amore che a stento riusciamo anche solo a immaginare, tanto è grande, totale ed eterno – dà corpo a questo Amore con la volontà della nostra salvezza, che è ciò che più conta nella vita, e non esita a mandarci Suo Figlio Gesù; contesta in continuità le tante mortali sicurezze che ci creiamo 'dentrò e tali non sono; manda uomini, donne destinati appositamente a scuotere le nostre coscienze, la stessa coscienza del mondo intero, se necessario, senza preoccuparsi delle reazioni o delle persecuzioni. Ogni giorno, ancora oggi, leggiamo le difficoltà che incontrano i nostri fratelli missionari e le sorelle che cercano di portare, non solo il Vangelo, ma Cristo stesso, ovunque, sapendo di rischiare la vita. Basterebbe leggere qualche rivista missionaria, per sentirci in colpa per la nostra pigrizia. Tante volte, succede, si ha paura di professare la fede o, ancora di più, di crescere nella conoscenza di Dio, nelle nostre stesse famiglie....come se il Vangelo desse fastidio o disturbasse qualcuno e non fosse la necessaria Buona Notizia di Dio per ogni creatura. Davanti a tanta tiepidezza, che genera ignoranza di Dio, quasi ci si augura la persecuzione, che perlomeno ci fa consci del pericolo che si corre nel rifiuto o nella ignoranza della Parola di Dio, anziché vivere in una 'quiete', simile ad un sopore da cui c'è il pericolo di non risvegliarsi. La figura 'scomoda' di cui parlavo all'inizio è il profeta Amos, a cui Dio si rivolge così: "In quei giorni il sacerdote dì Betèl Amasìa disse ad Amos: 'Vattene, veggente, ritirati verso il paese di Giuda, là mangerai il tuo pane e là potrai profetizzare, ma a Betèl non profetizzare più, perché questo è il santuario del re ed è il tempio del regno. Amos rispose ad Amasìa: 'Non ero profeta, né figlio di profeta: ero un pastore e raccoglitore di sicomori; il Signore mi prese di dietro al bestiame e il Signore mi disse: 'Va', profetizza al mio popolo in Israele". (Am. 7, 12-15) Deciso davvero il richiamo che Dio fa al Profeta Amos, invitandolo a recarsi dal popolo d'Israele. Dio non ama che la Sua Parola rimanga nascosta, perché sa bene che solo la Sua Parola, come dirà Gesù, è 'pane di vità. Il grande Paolo, apostolo delle genti, così ringrazia Dio: "Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli, in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi ed immacolati al suo cospetto nella carità, predestinandoci a essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo, secondo il beneplacito della sua volontà. In lui anche voi, dopo aver ascoltato il vangelo della vostra salvezza e avere in esso creduto, avete ricevuto il suggello dello Spirito Santo che era stato promesso, il quale è caparra della nostra eredità, in attesa della completa redenzione di coloro che Dio si è acquistato, a lode della sua gloria". (Ef. 1, 3-14) Dovremmo ricordarci sempre che il primo nostro vero Maestro, che ci ha manifestato 'il pensierò del Padre, che è la Sapienza della nostra vita, è stato Gesù, il Verbo di Dio. Basta leggere i Vangeli – ma ne leggiamo con fede un brano al giorno, per farci guidare da Dio? – per dare alla vita il senso divino che ha creato i grandi santi e quelli feriali (e sono tanti!). Qualcuno ha affermato che se S. Paolo tornasse tra noi, in una mano terrebbe il giornale per conoscere la storia dell'uomo di oggi nel mondo, la nostra storia, e nell'altra la Sacra Scrittura in cui cercare 'la medicina' che ci guarisca. Non so quanti viaggi e quante comunità ho incontrato in tutta Italia, quanto Vangelo ho donato, ma sempre da una parte vedevo lo stupore di tanti che, trovandosi di fronte alla Parola di Dio, conosciuta superficialmente o per nulla, ritrovavano il desiderio di un approccio vero e vivo al Vangelo. Quanta gente splendida ho incontrato, ma anche quanta ignoranza che fa male! Ho consumato e consumo la mia vita donando la Parola, facendo dell'evangelizzazione il primario servizio che si possa fare a tutti. Così come da anni, tramite questo servizio di Internet e le e-mail che mi scrivete con tanta bontà – e vi ringrazio – è come sentire Gesù che mi dice: "Va' in tutto il mondo e annunzia la mia Parola, pane della vita" E sono davvero grato a voi che mi accogliete con amore, sapendo che non svendo parole vuote, ma offro parole di verità, quelle che solo Dio sa suggerirci. Grazie di cuore. Così come so che tanti di voi, si fanno 'evangelizzatori', offrendo le riflessioni ai vicini, agli amici, ai conoscenti, divenendo così 'missionari del Vangelo'. Dio ve ne è tanto grato. È vero che siamo spesso come storditi dal chiasso delle parole che arrivano da tanti mass-media e ignorano verità divina e speranza. Nei Vangeli, dietro le scarne note di cronaca della vita di Gesù, si nota come la Sua parola era accolta perché 'parla come uno che ha autorità'; altre volte era rifiutata, perché smontava false sicurezze interne o giungeva come una sferzata che strappava la maschera dell'ipocrisia, fino a suscitare tanto odio che portò Gesù alla croce. Ma Gesù mai si lasciò sviare o condizionare: la Sua preoccupazione era che la voce del Padre non conoscesse silenzi, ma continuasse il suo cammino nel mondo fino a raggiungere tutti gli uomini. Un mandato che è valido anche oggi e noi assistiamo alla fatica di tanti sacerdoti, suore, comuni fedeli, che si spingono sulle frontiere di tutto il mondo per recare la Parola di Dio. Basterebbe pensare alla Cina o alle difficoltà dei cristiani nel mondo mussulmano. Davvero in tanti posti evangelizzare è vivere sul filo del rasoio: è facile imbattersi con la morte e, quindi, il martirio. Gesù è stato chiaro in questo e ce lo racconta il Vangelo di oggi: "In quel tempo Gesù chiamò i Dodici ed incominciò a mandarli a due a due e diede loro potere sugli spiriti immondi. E ordinò loro che, oltre al bastone, non prendessero nulla per il viaggio, né pane, né bisaccia, né denaro nella borsa, ma calzati solo i sandali, non indossassero due tuniche E diceva loro: 'Entrati in una casa, rimanetevi finché ve ne andate da quel luogo. Se in qualche luogo non vi riceveranno, andandovene scuotete la polvere di sotto ai vostri piedi a testimonianza per lorò. E partiti, predicavano che la gente si convertisse, scacciavano molti demoni, ungevano di olio molti infermi e li guarivano". (Mc. 6, 7-13) Fino a poco tempo fa, si aveva quasi la certezza che tutto fosse chiaro, almeno per quanto riguarda i grandi valori della vita: valori la cui origine e consistenza era nella Parola di Dio. Chi avrebbe mai osato discutere, per esempio, del grande ed intoccabile valore della famiglia? O del dono della vita? O del valore dell'onestà o, addirittura, della necessità di una fede cosciente e coerente, che era la dignità e il volto dell'uomo? "La gente – scriveva Paolo VI, cui faccio sempre riferimento per la grandezza e il coraggio del suo pensiero — o se vogliamo l'uomo contemporaneo, ascolta più volentieri i testimoni che i maestri o, se ascolta i maestri, è perché questi sono testimoni. Egli infatti prova una ripulsa istintiva per tutto ciò che può apparire mistificazione, apparenza, compromesso. In tale contesto si comprende l'importanza di una vita che risuoni veramente del Vangelo. L'uomo contemporaneo innanzitutto impegnato nella conquista e nell'utilizzazione della materia, ha fame di altro, prova una strana solitudine. Il cristiano consacrato a Gesù Cristo conosce un mistero più insondabile della materia: il mistero di Dio che invita l'uomo a una partecipazione di vita in comunione senza fine con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. In verità l'uomo aspira a questa pienezza di dialogo personale che la materia gli nega. Gli uomini di questo tempo sono degli esseri fragili che conoscono facilmente l'insicurezza, la paura, l'angoscia. Così come i nostri fratelli hanno bisogno di incontrare altri fratelli che irradiano la serenità, la gioia, la speranza, la carità, malgrado le prove e le contraddizioni delle quali essi stessi sono colpiti. Ed essere testimoni del Vangelo non significa alienare l'uomo, ma proporgli il cammino della libertà. Le nuove generazioni, soprattutto, sono particolarmente assetate di sincerità, di verità, di autenticità. Hanno orrore del fariseismo sotto tutte le forme. Davvero il mondo attende il passaggio dei santi, discepoli del Vangelo trasparente a Dio e rimasti giovani della giovinezza della grazia". Possiamo, anzi è nella nostra voglia di autenticità e felicità, essere profeti. Non dobbiamo avere paura del mondo, di quello che dice il mondo. Tutto questo appartiene al maligno. Invece, andiamo, grati e fieri della nostra saggezza evangelica, felici di spargerla ovunque e con chiunque incontriamo. |