Omelia (26-07-2009) |
Agenzia SIR |
Commento su Giovanni 6,1-15 Gesù manifesta la misericordia di Dio parlando alla folla e saziando la sua fame. Sente compassione perché è fatto dello stesso amore del Padre. La pagina di oggi è importante anche perché l'episodio della moltiplicazione dei pani è riportato da tutti i quattro Vangeli: Mt 15,32; Mc 6,30-40; 8,1-10; Lc 9,10-17; Gv 6,1-13. Dopo la notizia della morte del Battista, Gesù lascia Cafarnao e si ritira in un luogo solitario. La folla, entusiasta, lo segue, lo ha visto guarire i malati, ridare loro salute e dignità. Lo segue perché è affamata e stremata dalle prepotenze dei forti: Gesù ne sente compassione fin dentro le viscere. I discepoli non sanno come affrontare la responsabilità di tutta quella folla affamata. La sfida è oltre la loro misura, anzi superiore ad ogni possibilità umana. Cosa sono, infatti cinque pani d'orzo e due pesci? Una cosa ridicola dinanzi a quella moltitudine di affamati. Ma la risposta dei discepoli porta ancora una volta a trovare la soluzione del problema in Gesù. Tutto è orientato verso Cristo; non solo si sfama della gente sbandata, ma è un vero banchetto, per questo alla gente viene ordinato di sedersi come in un grande convito (il verbo usato è quello del sedersi a tavola). Il riferimento alla molta erba dice che è primavera; dunque la pasqua è vicina e il miracolo dei pani è legato all'ultima cena. Anzi, l'evangelista attribuisce a Gesù gli stessi gesti dell'ultima cena: prendere i pani, rendere grazie, darli a quelli seduti... E i discepoli eseguono il comando di Gesù. Ogni giorno e in ogni luogo continueranno a distribuire quel pane alla folla, andranno avanti nell'opera iniziata da Gesù. Portarono via dodici ceste piene di pezzi avanzati: indica la preoccupazione di non lasciare mai sprovvisto il popolo del nutrimento eucaristico. Il numero dodici che richiama il collegio degli apostoli, fondamento della comunità ecclesiale, indica a chi è affidata la ripetizione della cena che sazia la fame dell'uomo. Il simbolo del pane è ricco e immediato: dice fame e sazietà, carità ed egoismo (il ricco epulone), convito e fraternità, ma evoca anche quel nutrimento dato da Dio che supera il pane materiale e che è la sua Parola. Anche l'Eucaristia dice compassione per l'uomo, forza che guarisce, condivisione nell'amicizia, fedeltà di Dio, amore appassionato per ogni uomo, soprattutto quello stanco e affamato. Dall'Eucaristia ricevuta e amata nasce la forza di servire. Solo un cuore nutrito di questo pane si può fermare davanti alla debolezza di un altro uomo che chiede aiuto e compassione. Il pane condiviso insegna l'umiltà, insegna a raccogliere i pezzi avanzati, a non scartare nessuno, perché ognuno è sempre parte di un unico corpo. E l'Eucaristia insegna l'obbedienza della fede, a fidarsi di un Dio che si fida di me e mi fa capace di distribuire il pane a una grande folla, che nemmeno posso contare. A cominciare dalla preghiera, che ci suggerisce le parole credibili: "Se desidero medicare le mie ferite, tu sei medico. Se brucio di febbre, tu sei la sorgente ristoratrice. Se sono oppresso dalla colpa, tu sei il perdono. Se ho bisogno di aiuto, tu sei la forza. Se temo la morte, tu sei la vita eterna. Se desidero il cielo, tu sei la vita. Se fuggo le tenebre, tu sei la luce. Se cerco il cibo, tu sei il nutrimento" (S.Ambrogio). Commento a cura di don Angelo Sceppacerca |