Omelia (19-07-2009) |
don Marco Pratesi |
Signore-nostra-giustizia La lettura ci presenta due oracoli. Il primo è rivolto contro i "pastori" del popolo, cioè gli ultimi re di Giuda, ai quali è espressamente dedicato il brano precedente (22,10-30). Il testo gioca sul verbo "visitare", "occuparsi di", che al passivo significa "essere ricercato", "risultare mancante", e traccia così un quadro in tre tempi: voi non vi siete occupati del popolo (CEI: "non ve ne siete preoccupati"), e adesso io mi occupo di voi (CEI: "io vi punirò", v. 2). Avete scacciato e disperso le pecore (il popolo), ma quando avrò stabilito nuovi pastori non ne mancherà neppure una (v. 4). Diversamente dai re, Dio ha cura del suo popolo, e la sua "visita" ha un doppio esito: condanna per i capi negligenti e salvezza per il popolo, custodito in modo più attento. Questa nuova e più intensa cura ha tre diversi attori: il Signore stesso (v. 3), nuovi pastori (v. 4), il "germoglio giusto", cioè un discendente di David (vv. 5-6, ecco il secondo oracolo, messianico). Esiste dunque una presenza viva e attiva di Dio nella storia. E' infatti lui che, in ultima analisi, la guida, e guida il popolo. Si metta a confronto il v. 2 "le avete scacciate" col v. 3 "le ho scacciate" (cf. 23,8): l'azione realmente decisiva non è quella dei capi, che pure sono colpevoli di negligenza, ingiustizia e incompetenza, ma quella di Dio. Allo stesso modo essa è decisiva nel bene, e la cura del Signore si esprimerà attraverso altri capi che si prenderanno cura del popolo; ma in particolare attraverso quel re che sarà chiamato "Signore-nostra-giustizia". Egli sarà pastore autentico, un vero re, in quanto - come esprime il nome che gli è simbolicamente attribuito - avrà come riferimento diretto e forte Dio stesso. Questo legame intenso si traduce nell'esercizio della giustizia con la saggezza necessaria: egli si metterà interamente a servizio del progetto di Dio sul popolo e avrà la capacità e la competenza necessarie per realizzarlo concretamente (cf. 3,15; 10,21). Capacità di servizio, giustizia e prudenza: ecco tre criteri per discernere i buoni pastori dai cattivi, sia che si tratti di essere noi pastori e guide, in qualunque modo, per altri, sia che dobbiamo scegliere da chi lasciarci guidare, chi seguire. Capacità di servizio: si ha realmente a cuore il bene altrui e lo si serve. Giustizia: si è nel giusto rapporto con Dio, i fratelli e il creato. Prudenza: si sanno trovare le concrete strade per tradurre in pratica questi buoni orientamenti. I commenti di don Marco sono pubblicati dal Centro Editoriale Dehoniano - EDB nel libro Stabile come il cielo. |