Omelia (25-05-2003)
don Fulvio Bertellini
Perché andiate e portiate frutto

Primo consiglio di lettura

Ogni frase in questo Vangelo ha una consistenza autonoma. "Come il Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi". "Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando". "Che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amato". E' un fatto un po' sorprendente, che merita di essere considerato. In ogni frase di questo brano c'è un mondo che merita di essere contemplato, meditato, gustato in profondità. Ogni singola frase dischiude un mistero, e basterebbe per la nostra riflessione. Bisogna aggiungere anche una cosa: che il mistero è uno. Ogni singola frase si riferisce allo stesso mistero, che si presenta come un diamante con infinite sfaccettature, ed ognuna emette un raggio di luce diverso, per cui non ci si stanca mai di rigirarlo e di osservare tutti i frammenti di arcobaleno che si diramano dall'unica gemma.

Secondo consiglio di lettura

Notiamo poi che in genere una parola chiave collega ogni frase successiva: "che vi amiate gli uni gli altri... nessuno ha un amore più grande di questo, dare la vita per gli amici... voi siete miei amici... Ogni frase dunque si concatena alle altre, fino a formare un'unica immagine. Siamo come i visitatori di un edificio, che lo percorrono dentro e fuori, ma non possono mai abbracciarlo con un unico sguardo.

Terzo consiglio di lettura

Solo due espressioni sembrano uscire dalla concatenazione consequenziale: "Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena". "Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi, perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga, perché tutto quel che chiederete al Padre ve lo conceda. Sono le frasi che esprimono la finalità di Gesù. Il punto a cui vuole arrivare. Le prendiamo dunque come gli orientamenti della nostra lettura.

Perché la mia gioia sia in voi

La prima finalità che ci viene presentata è quella della gioia. Colui che accoglie il mistero di Cristo, accoglie in sé la gioia; quel mistero diventa fonte di gioia. Una gioia ovviamente di tipo particolare, la gioia del risorto. La sua peculiarità è la pienezza: non si limita ad una dimensione della vita, ma le abbraccia tutte. La gioia del Risorto, come non ci stanchiamo di sottolineare, è tale che coinvolge anche eventi negativi, croci, tribolazioni; quella pace (la "sua" pace) che nessuno può togliere.

Perché andiate

La seconda finalità che ci viene presentata è la missione: andare e portar frutto. Un possibile esito del comando dell'amore a vicenda potrebbe essere la chiusura mistica in una comunità di eletti: ci vogliamo bene tra di noi, come Dio ama noi, e questo è tutto e ci basta. Anche la nostra gioia non è piena se non è aperta alla missione.

Perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome ve lo conceda

Tuttavia il fine ultimo e proprio è rivolto a Dio: vero discepolo non è chi cerca solo la sua gioia, né chi si apre alla missione, ma chi ha un profondo rapporto di familiarità con il Padre. Gesù non ci invita ad un rapporto utilitaristico con Dio, in cui egli esaudisce ogni nostro desiderio, ma invita noi ad avere con il Padre lo stesso rapporto di intima comunione che ha lui. Discepolo è colui che fa tutto quel che ha udito dal Padre, come Gesù, e può chiedere tutto dal Padre, come Gesù.

L'amore è da Dio

Alla luce di quest'ultima finalità, troviamo anche l'intenzione profonda espressa nella continua ripetizione: amatevi - osservate i comandamenti - rimanete nel mio amore... si tratta di tenere strettamente unito il rapporto con Dio e il comando dell'amore. Le due cose sono intimamente legate. Colui che ha conosciuto Gesù non può più amare senza di lui o al di fuori di lui. La misura del nostro amore è data dalla fedeltà al suo amore, che si è manifestato nella croce. D'altra parte non esiste nessuna conoscenza di Cristo, nessuna "verità", che possa manifestarsi al di fuori dell'amore. Nel Vangelo di Giovanni e nelle sue lettere emerge questa preoccupazione: che possa esistere una Chiesa dedita alla preghiera, alla conoscenza, alla custodia della verità, ma che dimentica l'amore. Questa - avverte l'evangelista - non sarebbe più la comunità voluta da Cristo. Come non lo sarebbe quella comunità che si ferma alla pratica dell'amore e della solidarietà, senza radicarla in Cristo, e senza trovare in essa la via che conduce al Padre.



Flash sulla I lettura

I primi otto capitoli degli Atti degli Apostoli descrivono lo sviluppo della Chiesa di Gerusalemme, fino alla crisi determinata dalla persecuzione e dall'uccisione di Stefano. Il fatto si rivela tuttavia provvidenziale, perché la comunità è costretta ad aprirsi all'esterno, ad espandere il suo raggio di azione. La nuova sfida è l'apertura della missione ai pagani, il riconoscimento dell'universalità della propria vocazione. L'incontro di Pietro con il centurione Cornelio, riassunto nella I lettura, è una delle tappe decisive della presa di coscienza della necessità di questa apertura.
"Cornelio, andandogli incontro, si gettò ai suoi piedi per adorarlo...": Cornelio ragiona secondo le sue categorie religiose, per cui Pietro, inviato divino, è degno di onori divini. La divinità per Cornelio è ciò che è misterioso e sta in alto, ed essere religiosi significa abbassarsi. Sarebbe facile per Pietro approfittare della situazione per il proprio vantaggio personale, così come è una costante tentazione della Chiesa di approfittare dell'istintiva religiosità dell'uomo per instaurare rapporti di subordinazione e godere di privilegi.
"Ma Pietro lo rialzò dicendo: "Alzati, anch'io sono un uomo!"...": si usano qui nel testo greco i verbi della risurrezione, e le parole di Pietro risuonano più o meno "risorgi, anch'io sono un uomo". E veramente ciò che Pietro opera in questo brano è una vera e propria risurrezione, un far entrare nella vita nuova Cornelio e la sua famiglia. Pietro rifiuta decisamente l'atteggiamento di religiosa deferenza di Cornelio, per impostare un rapporto alla pari. Un clima di intensa umanità pervade questa prima scena dell'incontro tra Pietro e Cornelio. Il narratore si compiace di mostrare come tra i due si instaura un'autentica familiarità.
""In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenza di persone..."...". A volte siamo convinti o tentati di mettere tra parentesi la nostra fede, per favorire rapporti umani più aperti con chi non crede o ha religioni diverse. Oppure che "prima" sia necessaria l'amicizia e "poi" possa venire l'annuncio del Vangelo. Non è del tutto sbagliato questo modo di esprimersi, ma in realtà è proprio la nostra fede che fa scaturire rapporti umani cordiali e aperti. Dalla conoscenza di Dio dovrebbe nascere, quasi naturalmente, la simpatia, la comprensione, la cordialità a tutto ciò che è umano. Forse quindi i nostri problemi derivano da una insufficiente conoscenza di Dio?
"...si può proibire che siano battezzati con l'acqua...?": la forma involuta della frase fa intravedere il problema sottostante. Non fu facile per la prima Chiesa l'apertura ai pagani, il rinunciare alle proprie convinzioni di essere il "popolo eletto" in senso esclusivo e discriminatorio. Ma in ogni epoca Dio fa compiere alla sua Chiesa i suoi percorsi di conversione. Anche per noi oggi si pone un problema di apertura, di espansione missinaria, ed anche (al contrario) un problema di finta accoglienza, che svaluta l'appartenenza ecclesiale. L'incontro tra Pietro e Cornelio si conclude con il battesimo, con l'incorporazione nella Chiesa, con la partecipazione dei pagani alla comunità di salvezza. Quindi, con una crescita della Chiesa.

Flash sulla II lettura

Giovanni si sofferma più volte nella sua lettera sul comando dell'amore, con un'insistenza che può lasciare sconcertati. Si tratta in effetti di una realtà che può apparire scontata, ai limiti della banalità, e invece è sempre da riaffermare e fa scoprire sempre cose nuove.
"L'amore è da Dio": invece noi crediamo di poter benissimo amare anche senza di lui. Dunque, non ogni amore umano è legato all'amore di Dio?
"Chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio": ma di quale amore si tratta?
"Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore": altra affermazione fortissima, molto critica nei confronti della comunità cristiana. Ci potrebbero essere dei credenti che non hanno conosciuto Dio? Che fingono di essere dei suoi, e poi vengono meno proprio al comando della carità? Ma ancora si pone la domanda: di quale amore si tratta?
"In questo sta l'amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma lui ha amato noi...": si ritorna all'affermazione di partenza: l'amore non è da noi, ma da Dio, l'amore ci precede; "... e ha mandato il suo figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati": e qui il peccato è esattamente la forza oscura che ci impedisce di amare autenticamente. Su questo amore che redime dal peccato siamo chiamati a misurare le nostre relazioni all'interno della famiglia, della Chiesa, del mondo. Da questo amore capiamo le nostre relazioni segnate dal peccato: amori possessivi, gelosi, interessati, strumentali... in questo amore che salva possiamo sempre trovare la via per rialzarci e riprendere il cammino.