Omelia (27-07-2003)
padre Gian Franco Scarpitta
Gesù alimento per l'uomo

La liturgia di questa Domenica muove sempre in linea con quelle precedenti e non si allontana pertanto dal tema che ci ha accompagnati per tutto il mese di Luglio: il pastore e il gregge.

Infatti anche il miracolo della moltiplicazione dei pani descrittoci dal Vangelo di Giovanni è emblema della sollecitudine amorosa con cui Dio ricompensa la fede da parte del suo popolo.
Ma andiamo con ordine:
Non è la prima volta nella Sacra Scrittura che Dio interviene per saziare la fame del suo popolo: già la prima lettura ce lo dimostra nella figura di Eliseo che nei veri precedenti ha già operato il prodigio della guarigione del figlio di una Sunamita (2Re 4, 29-38)e adesso, dopo aver rimediato ad un inconveniente di una minestra avvelenata (vv.38-41)moltiplica prodigiosamente 20 pani per sfamre un consistente gruppo di cento profeti. Durante la peregrinazione nel deserto in vista della terra di Canaan, gli Israeliti vengono sfamati da Dio che nella Sua fedeltà manda loro la "manna", cioè il pane provvidenziale che sulle prime il popolo non seppe riconoscere tale (Es 16, 13-36;"Manna" deriva infatti da "Man hu"=Che cos'è?); ed Elia viene egli stesso accudito dal Signore che attraverso i corvi lo sfama con pane e carne (1Re 17, 2-7)e nei momenti di sconforto lo alimenta con il pane ridandogli fiducia e coraggio (1Re 19,5-7). In più, lui stesso provvede al mantenimento di una vedova e del proprio figlioche, a Sarepta, lo riconoscono come profeta mandato dal Signore.
Sono passi della Scrittura nei quali non soltanto si evince la paterna amorevolezza di Dio verso gli uomini, ma soprattutto come Dio ricompensi la fiducia che questi hanno nei suoi confronti.
A proposito del miracolo operato da Gesù, il concetto è lo stesso: osservando con dovizia di particolari il brano, si osserva come la moltitudine della gente, stimata attorno alle cinquemila unità, si accalca attorno a Gesù, ben disposta ad ascoltare la sua parola...
E prestiamo attenzione ad un altro particolare:
Gesù parla loro da un monte. Nella Scrittura il monte è sempre il luogo da cui Dio parla per essere ascoltato dagli uomini... Ebbene, la folla ascolta Gesù dal monte riconoscendo la Sua parola come il Verbo di Dio.
Tanto grande è la fede di quelle persone!
Gesù non lesina nella misericordia e nella bontà nei loro confronti e questo, appunto, non è un atto di pietà o di commozione: Egli vuole ricompensare l'amore che questa gente ha nei confronti suoi e nei confronti del Padre. Quindi moltiplica i pani.

Fin qui nulla di nuovo.
Intendiamo dire che apparentemente sembra non esserci differenza fra il miracolo di Gesù e quello di Eliseo di cui alla prima lettura; invece la differenza, molto rilevante, c'è.
Quello di Eliseo e degli alltri profeti è infatti un miracolo di carattere trascendente: attraverso di loro Dio agisce sempre "dall'alto" cioè procedendo dall'"esterno".
Il caso di Gesù assume una notevole differenza.
Il suo gesto è espressione dell'amore divino nei confronti di chi si atteggia all'ascolto della parola e risottolinea la figura del pastore che nutre in tutti i sensi amore e premura per le proprie pecorelle anche in situazioni di necessità fisica come la fame: così come il pastore provvede il cibo per i sui capi di bestiame che gli renderanno prodotti agricoli, così Gesù provvede alimento materiale per i suoi discepoli che in forza della sua parola recheranno frutti di conversione e di carità nelle aspettative del Regno di Dio. Ma c'è dell'altro: Egli sfama i suoi discepoli per il fatto di essere "Egli stesso" alimento di vita; offre infatti non soltanto il pane che sazia una volta e per il quale si avrà ancora fame, ma il pane di vita, cioè se stesso. Dirà più avanti: "Io sono il pane vivo disceso dal cielo... Chiunque mangia di me, vivrà in eterno".
Quindi Gesù moltiplicando i pani si proclama come allimento di vita eterna, mangiando il quale si ottiene la salvezza. Non per niente poi inviterà espressamente i discepoli a "mangiare la sua carne e bere il suo sangue".

Ma di questo parleremo meglio nelle Domeniche seguenti.
Per ora, ci basti pensare a Gesù come alimento e apportatore della vita e della salvezza e considerare la convinzione di Dostojevsky:"Se mi si domostrasse che la verità è lontana da Cristo, io sceglierei Cristo e non la verità..."
Gli uomini di tutti i tempi, e specialmente quelli della nostra epoca così tormentata e disorientata, hanno sempre tentato in vari modi di colmare le proprie lacune di conoscenza e sempre e comunque hanno cercato vie di realizzazione nell'illusorietà delle ideologie e nelle chimere, di cui hanno sempre rinvenuto la fallacia.
Qualsiasi espediente che si trovi infatti al di fuori dei vangeli e della parola di Dio non potrà mai essere pienamente utilr per la reale realizzazione dell'uomo e per le esigenze fondamentali sue proprie. Ci si creda o no, solo un Dio Amore è in grado di soddisfare tali esigenze, per il fatto che Lui solo ha conoscenza assoluta dei bisogni dell'uomo e Lui solo è in grado di provvedervi.
Ebbene, il nostro Dio è proprio un Dio Amore che per venire incontro alle aspettative degli uomini e per soddisfare in pienezza le loro attese ha deciso di rendersi uomo egli stesso e addirittura di offrirsi a noi come CIBO.
Non è forse nel mangiare un pezzo di pane che si estingue la propria fame?
Cisì appunto Gesù è Dio che si offre a noi come il PANE DELLA VITA, alimento che tutti accomuna.

Certamente, porsi sulla scia di Gesù non è cosa semplice: comporta parecchi sacrifici e rinunce; in primo luogo ci impone di abbandonare le nostre personali convinzioni e il nostro modo di concepire la realtà e le cose tante volte troppo materialistico, soggettivistico e motivato dai soli nostri interessi personali.
Parimenti, seguire Gesù impone che si rifiuti l'idea di un Dio forgiato secondo i nostri desideri e gusti personali: quante volte infatti si rifiutano gli insegnamenti e le direttive di condotta del Signore quando queste non collimano con le nostre personali volontà? Qunate volte, specialmente in materia di morale, ci si allontana dagli insegnamenti della Chiesa o dello stesso Vangelo per ragioni di comodità personale e, attraverso mille giustificazioni e congetture, ci si crea un Gesù "usa e getta?", da accettarsi solo quando la sua dottrina corrisponda con le nostre prederenze e da rigettarsi allorquando essa ci è di contrasto o ci rimprovera certi atteggiamenti?
Il problema di fondo risiede nel fatto che l'uomo (e ahimè annche il cristiano) è paragonabile forse ad un paziente che si affida ad un medico: se questi gli prescrive dei farmaci in vista della guarigione, non avrà difficoltà alcuna nel seguire la terapia... Se invece gli impone diete, rinunce, sacrifici... non li accetta, magari rifugiandosi nella scusa di essersi affidato ad un medico troppo severo!