Omelia (25-05-2003) |
mons. Antonio Riboldi |
Voi siete miei amici Ci sono atteggiamenti di Dio che ci lasciano senza parola. Ci pare impossibile che Dio si abbassi talmente a noi fino a volerci un bene che non ha confini. Noi siamo abituati a stare vicini gli uni gli altri, – lo dicevamo l'altra volta - troppe volte quasi senza accorgerci che ci siamo. Ed è una grande sofferenza per tutti, come un gelo che trafigge la schiena, vedere le persone che ci passano accanto, magari sono vicine, ma è come se non esistessimo. Questo non dovrebbe essere possibile mai, per il semplice fatto che siamo tutti figli dello stesso Padre e su ciascuno di noi alita il suo respiro. Tutti, credo, abbiamo vissuto l'esperienza del cosa voglia, dire essere una cosa sola in famiglia. Potevamo essere tanti o pochi, ma agli occhi di papà e mamma, tutti, ed ognuno in un modo particolare quasi a distinguerci, ma non a separarci, eravamo totalmente amati fino a divenire un solo cuore. L'apostolo Giovanni, il prediletto di Gesù, che conosceva a fondo il cuore del Maestro, ci dice: "Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l'amore è da Dio: chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore...In questo sta l'amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è Lui che ha amato noi e ha mandato suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati" (Gv. 4,7-10). Giovanni fa un'affermazione che davvero ci aiuta a capire il cuore di Dio. Ossia l'amore non è un dono che noi facciamo ad uno, ma è il grande dono che Dio ci fa. Parte da Lui. Ed è incredibile anche solo pensare che Dio, che tante volte noi mettiamo fuori gioco, come non ci interessasse, non guarda assolutamente in faccia alle nostre infinite povertà, alle nostre indifferenze, anche agi nostri rifiuti: Lui non può assolutamente, per quel senso di giustizia che è fedeltà assoluta all'amore, fare finta che noi non esistiamo. Noi Gli siamo figli e i figli si amano sempre, costi quello che Costi. Questo è il criterio con cui il Padre ci vuole bene e il bene parte da Lui. E' quel bene che ha offerto ai nostri progenitori nella creazione e poi fu rifiutato per affidarsi ad altri, in questo caso il serpente astuto, satana che offriva un suo impossibile bene, ossia il nostro egoismo, quello che ci portiamo addosso e che tante volte è la sola ragione del nostro rifiuto di Dio. Un rifiuto che rivela "quella nudità" manifestata da Adamo, e che ci portiamo pesantemente addosso con un prezzo altissimo; dalle guerre planetarie a tante tragedie familiari, dove sembra che la casa non sia più quella dolce casa che portiamo nel cuore, ma per troppi è diventata una insopportabile dimora, fino quasi a sentirci "mancare quel respiro dell'anima", che è amare ed essere amati. Gesù oggi sembra volere ridare a tutti noi quella suprema gioia di vivere insieme. Era la sera del giovedì dell'Ultima Cena: la sera in cui Gesù voleva lasciare il suo testamento agli apostoli e a tutti noi, fino alla fine del mondo. Il suo discorso dalla lavanda dei piedi, al dono della sua carne e del suo sangue nella Eucarestia, come cibo della vita, e tutto fondato sull'amore. Vale la pena di ascoltarLo con il cuore gonfio di gioia e di stupore. "Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho amati. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se farete quello che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone: ma vi ho chiamato amici perché tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga" (Gv. 15,9-17) Tanti di noi a volte si vantano di "amicizie importanti" che il più delle volte servono solo a fare da sgabello ad altri. Come tutti, credo, abbiamo sperimentato amicizie che non erano un sentimento superficiale, ma andava al centro del cuore, là dove l'amore ha origine e non ha più termine. Ma quanti amici veramente abbiamo? Gesù svela "la sua amicizia". Ed è già fuori dalla nostra comprensione, ma affidato alla contemplazione che Lui ci chiami "amici". Incredibile come Dio si abbassi fino a noi per offrire la sua amicizia. Un'amicizia che va diritta nel farci conoscere l'intimità del Padre e quindi Sua: una intimità che i santi sanno cogliere nell'aprirsi alla Parola, come fece Maria a Betania. Chi di noi, quando gli viene offerta un'amicizia, non vorrebbe conoscere tutto, ma proprio tutto della intimità di chi si ama, perché lì è il cuore dell'amore? Fa soffrire non poter entrare nel profondo del cuore di chi si crede di amare. E' come sentirsi seduti fuori della porta di casa, una casa ermeticamente chiusa. Ma Gesù va oltre. Rifiuta che si faccia nel suo nome "ciò che comanda" come un servilismo, ossia un eseguire i comandamenti, come un penoso obbligo da soddisfare, un peso da portare, che nulla ha a che fare con l'amicizia. L'amicizia vera, quella di Gesù, chiede che tutto sia fatto per amore. E, sottolinea Gesù, il diventare suoi amici non parte da noi: come infatti possiamo pensare anche solo di osare di offrire a Dio una amicizia, noi che possiamo solo presentarGli i nostri peccati come unica "ricchezza"?. Parte da Lui la scelta. "Io ho scelto voi". Anche solo dire queste verità, fa balbettare l'uomo. E' come quando si è davanti ad un campo di fiori o ad uno spettacolo stupendo della natura, che certamente non è nostra, rimane lo stupore, la gioia. Ed è così dell'amicizia che ci offre Dio. Chi di noi ha la gioia di avere solide amicizie, anche se in ombra, comprende la grandezza, la dolcezza delle parole di Gesù. "Voi siete miei amici". Scriveva Primo Mazzolari: chiedeteci: Che cosa voi proponete di essere per Cristo? E vi risponderemo: "Vogliamo essere qualcuno per lui, come Egli più che qualcuno per noi. Come e quando si arrivi a sentire questa scelta di Gesù nessuno può saperlo o imporlo. Ci possiamo arrivare come Nicodemo, come Zaccheo, come Pietro o Paolo o il Buon ladrone. Egli ci attende e ci raggiunge, ci rampogna e ci consola, sta all'avanguardia e alla retroguardia, a seconda del nostro camminare a ritroso in armonia con noi stessi. Prendere impegno con Lui è la sua amicizia non vuol dire affatto metterLo dalla nostra parte, adattarlo al nostro passo, misurarlo con il nostro metro, obbligarlo alle nostre strade. Egli cammina con ciascuno su tutte le nostre strade, ma non per questo sono sue le nostre strade. Egli cammina sui campi di battaglia, ma nessuno oserà dire che Egli li ha voluti. Ci impegniamo a seguirLo, non a farci seguire...Questa è amicizia. Non è necessario chiederGli che Lui ci conosca fino in fondo, come facciamo o pretendiamo tra di noi nelle nostre, a volte, futili amicizie: una conoscenza che tante volte si rivela un vuoto d'anima. Lui ci conosce e come...ma con amore, mai con giudizio. Siamo noi che dobbiamo chiederGLi di farci conoscere le immense profondità del cuore del Padre, che è un vero abisso di amore. Se ci tiene dietro, è con il cuore del Buon Pastore che ci tiene dietro: e quando siamo degli smarriti egli nel suo amore viene sulle nostre tracce ("Impegno con Cristo"). Non resta che rispondere a questo punto alla offerta di Cristo "Vi chiamo miei amici", se siamo entrati nel cuore di questa rivelazione o no. E' questione non solo di amore, ma di felicità. Abbiamo bisogno della sua amicizia. Antonio Riboldi - Vescovo - E-Mail: riboldi@tin.it Internet: www.vescovoriboldi.it |