Omelia (19-07-2009) |
padre Antonio Rungi |
Tempo d'estate, tempo di riposo anche per operatori pastorali Celebriamo oggi la XVI domenica del tempo ordinario e il vangelo di oggi ci presenta Cristo che invita gli apostoli a riposarsi un po’, dopo l’intenso impegno missionario su cui relazionano dettagliatamente a Gesù stesso. Nel tempo delle vacanze e delle ferie estive questo invito Gesù lo rivolge a tutti e chi può riposarsi lo faccia davvero, perché il riposo è necessario per ritemprarsi nel corpo e nello spirito. E’ molto interessante leggere questo testo del Vangelo del Vangelo di Marco nel contesto della cultura del turismo di massa e della vacanza a tutti i costi. Troviamo qui dei riferimenti puntuali a come effettivamente impostare una vacanza, un riposo dal lavoro in termini produttivi per il nostro spirito. Vorrei sottolineare due aspetti importanti del brano: il primo, la necessità di confrontarsi nel nostro ministero e nei nostri pensieri ed abituali impegni con chi sa più di noi e meglio ci può aiutare e consigliare, il secondo avere a cuore le necessità dei fratelli. Gli apostoli avvertono la necessità di riferire a Gesù tutto quello che avevano fatto e Gesù comprende esattamente la situazione del momento e invece di rimproverarli di non aver fatto nulla, di non aver realizzato il progetto in pieno, li incoraggia e addirittura li consiglia di riposarsi e di staccare la spina, di allentare la morsa dell’attivismo eccessivo. Nonostante la folla e la gente li seguiva e chiedeva aiuto, Gesù dice di riposarsi comunque. Come dire che c’è un tempo per lavorare ed un tempo per riposare. Magari tutto questo fosse possibile a tutti. C’è chi lavora sempre e chi non lavora per niente, pur potendo, ma beneficiando di un "riposo costante e permanente", tanto in tutti i settori della vita c’è sempre chi lavora e chi gode del lavoro degli altri. Gesù chiede la corresponsabilità e la collaborazione di tutti, secondo i carismi e le possibilità di ciascuno, in quanto non tutti possono fare le stesse cose che fanno gli altri. E questo per la mancanza di salute, per la poca disponibilità al servizio, a volte anche per incapacità. Ma comunque e sempre bisogna apprezzare anche il minimo che si fa', anche nel campo della chiesa e della pastorale. Gesù nel vangelo pur invitando al riposo temporaneo gli apostoli non dimentica o fa finta che l’emergenza formativa e pastorale non esista. Egli vede quella gente come sbandata che corre da qui a là in cerca di conforto, di aiuto, di umano e spirituale interesse. Vedo in queste persone i cristiani e gli uomini del nostro tempo, in cerca di conforto e di aiuto dovunque, soprattutto quando subentra la malattia, la mancanza di prospettive. Quanti credenti che vagano da una parte all’altra senza trovare quello che vogliono, forse perché più che cercare Dio, cercano di soddisfare le proprie umane aspettative. Cristo è ovunque, dovunque c’è l’eucaristia, la chiesa, il Vescovo, il Papa. Anche nei limiti delle persone Cristo si rivela comunque: basta saperlo intercettare con i sensori della fede e dell’amore e le necessità dei fratelli. Per quanto possiamo e sappiamo fare, con tutte le nostre vere e presunte bravure, con l’orgoglio spesso che ci spinge a fare più del dovuto, è bene non dimenticare che ci agisce nel cuore e nella mente degli uomini è Dio. Il Signore si serve di noi e noi dobbiamo avere la consapevolezza di essere servi inutili, che quando abbiamo fatto tutto, non abbiamo fatto nulla. L’umiltà nella pastorale è una virtù da recuperare nei nostri ambienti tra sacerdoti, religiosi, laici, movimenti ecclesiali, associazioni, gruppi, perché c’è troppo sbandamento in giro ed ognuno tira l’acqua al proprio mulino, per giustificare fallimenti e improduttività nel fare avanzare il Regno di Dio tra noi. Strettamente collegata al vangelo è la prima lettura, tratta dal profeta Geremìa, nella quale c’è un forte richiamo e monito verso quei pastori che non curano in modo adeguato il gregge del Signore. Un rimprovero che può essere utile anche oggi, a quanti sono impegnati nella pastorale, sia come vescovi, sia come sacerdoti, diaconi, seminaristi, religiosi, fedeli laici. Nell’anno sacerdotale che stiamo celebrando fa bene a noi sacerdoti un forte momento di ripensamento del nostro stile di vita e di annuncio, di predicazione e di pastoralità. Molte volte ci illudiamo che le cose vanno bene, per non ammettere qualche nostro disimpegno e poca attenzione al vasto mondo dei tanti bisognosi. Giovani, ammalati, poveri, abbandonati sono spesso senza conforto religioso. Questo Gesù non lo vuole. Desidera che ci impegniamo seriamente, anche se poi abbiamo necessità di riposarci ogni tanto. Ma non veniamo meno ai nostri obblighi sacerdotali e per i fedeli laici a quelli battesimali, quel sacerdozio comune che ci impegna ad essere anche noi apostoli e pastori, con ruoli e compiti diversi. Immagino il ruolo di pastori della chiesa domestica che sono i genitori. Come si evince da tutto il brano bisogna fare ogni sforzo per mantenere unito il gregge, in modo che non si disperda in tante chiese, chiesette, gruppi e gruppetti perdendo di vita il giusto orientamento e allentandosi in molti casi da Cristo stesso e dal suo messaggio. Lo dice in modo più chiaro l’apostolo Paolo nel brano della seconda lettura di oggi nel quale c’è un forte appello all’unità in quanto il centro di tutto è il Cristo redentore. Quanto ancora dobbiamo lavorare sul versante dell’unità di tutti i cristiani, ma anche dell’ecumenismo e del rapporto con le altre religioni lo comprendiamo alla luce di quanto sta accadendo nella divisione del mondo in schieramenti religiosi o in schieramenti politici. L’odio, la divisione, la segregazione, le ingiustizie, il terrorismo, la mancanza di carità e di sensibilità dei popoli in difficoltà ci dice come dobbiamo lavorare per abbattere i tanti muri di separazione che esistono tra le religioni, ma anche tra i popoli della terra e tra le culture diverse. Davvero in Cristo se accettato da tutti come Redentore, l’umanità ritrova la gioia e la speranza dell’unità e della pace universale. Al contrario ci sarà solo guerra e odio con le ben note conseguenze delle guerre di religione o guerre per motivi di affari ed economici. Sia questa la nostra preghiera per il giorno del Signore, che lui stesso ci dona di vivere in comunione d’amore con lui e con i fratelli: "Dona ancora, o Padre, alla tua Chiesa, convocata per la Pasqua settimanale, di gustare nella parola e nel pane di vita la presenza del tuo Figlio, perché riconosciamo in lui il vero profeta e pastore, che ci guida alle sorgenti della gioia eterna". Amen. |