Omelia (19-07-2009)
don Giovanni Berti
La nostra impronta nel cuore del prossimo

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Gesù non è andato molto distante nei suoi viaggi. Si spostava nei territori di quello che oggi è lo stato di Israele e forse un po’ più in là, ma non di molto. In qualche episodio del Vangelo infatti lo vediamo conversare con stranieri nelle loro città. Ma sono solo brevi passaggi. Di fatto Gesù nasce a pochi kilometri da Gerusalemme e in quest’ultima città finirà il suo percorso di vita. Sono i suoi amici e discepoli che nel corso degli anni e poi dei secoli, porteranno fuori in tutto il mondo l’annuncio della morte e resurrezione del Signore e i suoi insegnamenti.
Il fatto che Gesù non si sia spostato molto nel suo territorio è anche dovuto all’estrema povertà di mezzi rispetto a quelli che oggi abbiamo. E’ la grande capacità di spostarci e di andare sempre più lontano nel minor tempo possibile che caratterizza la modernità e il progresso tecnologico dell’uomo nel nostro secolo.
Oggi possiamo viaggiare molto rapidamente dove vogliamo, e i mezzi di trasporto sono sempre di più alla portata di tutti (il "tutti" che sto usando è ovviamente scritto da un occidentale e non da un abitante dell’Africa o di qualche paese dell’Asia, dove le possibilità di viaggiare sono spesso uguali se non inferiori a quelle del tempo di Gesù...).
Proprio in questi giorni (il 20 luglio per l’esattezza), celebriamo i 40 anni della discesa del primo uomo sulla Luna. Quel viaggio è diventato un’icona del progresso dell’uomo. I viaggi sul nostro principale satellite non sono durati a lungo. Infatti l’ultima discesa dell’uomo sulla Luna è stata nel 1972. Ma con quell’evento del luglio 1969, l’uomo ha dimostrato a se stesso in modo pieno le sue capacità e possibilità tecnologiche.
Gesù non è andato territorialmente oltre la Palestina. Oggi noi possiamo dire che siamo arrivati addirittura sulla Luna e non è lontano il giorno della discesa anche su Marte.

Eppure Gesù ci sta ancora davanti. Gesù è arrivato nel cuore dell’uomo. La compassione che muove Gesù, così come ci è raccontata dal Vangelo, è la sua capacità di conoscere e arrivare là dove il suo prossimo soffre e ha bisogno.
Oggi guardando la Luna possiamo dire che fino là ci siamo arrivati. Ma nello stesso tempo dobbiamo domandarci se siamo capaci di arrivare anche al cuore del nostro vicino.
Il mondo che ci circonda è tutto esplorato (o quasi), ma solo al punto di vista scientifico e tecnologico. Ma il mondo è pieno di persone come me e di infiniti territori dove porre la mia impronta.
I primi astronauti che arrivarono sulla Luna, misero una bandiera che indicava chiaramente chi era arrivato per primo, ed era anche un chiaro segno di conquista e di superiorità nei confronti di chi non c’era ancora arrivato.
Non è ovviamente questo lo stile che dobbiamo avere nell’andare nel "territorio" del nostro prossimo. Non siamo chiamati a conquistare nessuno e a porre nessuna bandierina che dica quanto siamo bravi e in gamba. L’unica cosa da fare è credere veramente che ce la possiamo fare ad andare verso il prossimo. Non è un’impresa "lunare" quella di avvicinarci a chi è nel bisogno. Per andare sulla Luna c’è stato bisogno di un grossissimo sforzo tecnologico (ancor oggi impressionante). Per andare verso il fratello e porre la nostra orma nel suo cuore, basta la compassione. Come quella di Gesù.


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