Omelia (19-07-2009)
padre Ermes Ronchi
La compassione tesoro da salvare

I discepoli, partiti a due a due, tornano carichi d’umanità toccata, d’u­manità guarita. Attorno a loro si addensa comunio­ne, al punto che la folla e­ra così numerosa che non avevano neanche più il tempo per mangiare. Ag­gregano molti e questo può essere esaltante; il successo può apparire lo­ro come la benedizione di Dio sulla missione. Invece Gesù, vero maestro dello spirito, vede più lontano, il successo non lo esalta, l’in­successo non lo deprime: queste cose non sono altro che la superficie mobile delle onde e non la cor­rente profonda degli even­ti. E allora li riporta all’es­senziale: Venite in dispar­te, con me, in un luogo so­litario, e riposatevi un po’. Israele è pieno di drammi, di vedove di Naim che piangono l’unico figlio morto, di lebbrosi che gri­dano al cielo la loro dispe­razione, di adultere colte in flagrante e di pietre pronte alla lapidazione. Il mondo è un immenso dramma, e Gesù, invece di ributtare i suoi, subito, dentro i campi sterminati della missione che urge, li conduce nel deserto. Qua­si a perdere tempo.
Il luogo solitario è per par­lare al cuore (cfr Osea 2). In questo tempo in disparte, il Signore concede ciò che ha veramente promesso, ciò che è più necessario: concede se stesso. E tra­smette il segreto del Regno e della vita. La vera terra promessa non è un luogo geografico ma un tempo con il Signore, per dare re­spiro alla pace, per dare a­li al cuore, per essere riem­piti della sua Presenza, per innamorarsi di nuovo.
Ne scelse Dodici, scrive Marco, perché «stessero con Lui». Stare con lui è il primo lavoro di ogni invia­to. Solo dopo, dopo aver accolto la sua persona pri­ma ancora che il suo mes­saggio, solo dopo quel contagio di luce, li man­derà a predicare.
Sbarcando, vide molta fol­la ed ebbe compassione di loro. Gesù è preso in un dilemma fra la stanchezza degli amici e lo smarri­mento della folla. Partito con un programma im­portante, ora è pronto a cambiarlo. Partiti per re­stare soli e riposare, i Do­dici imparano ad essere a disposizione dell’uomo, sempre. A non appartene­re a se stessi, ma al dolore e all’ansia di luce della ter­ra.
La prima cosa che i disce­poli imparano da Gesù è quella di semplicemente, divinamente commuover­si. Il tesoro che porteranno con sé dalla riva del lago è il ricordo dello sguardo di Gesù che si commuove. Lo stesso tesoro che i cristia­ni devono salvare oggi: il miracolo della compassio­ne.