Omelia (26-07-2009)
padre Ermes Ronchi
È la condivisione il vero miracolo

Il miracolo del pane è l’unico presente in tutti e quattro i Vangeli. Marco e Mat­teo ne riportano addirittura due redazioni. Si tratta, evidentemen­te, di un evento decisivo per com­prendere la vicenda e il messag­gio di Gesù.
Il miracolo del pane racconta qual­cosa di molto più grande e bello che non la semplice moltiplica­zione di cinque pani e due pesci.
Più che un miracolo è un segno, fessura di mistero.
Il racconto è pieno di simboli bel­lissimi: è ormai primavera, tempo di Pasqua; c’è il monte grande sim­bolo della casa di Dio; c’è molta erba che richiama i pascoli, e il Sal­mo del buon pastore; ci sono i nu­meri: cinque pani e due pesci for­mano il sette, simbolo della pie­nezza; c’è il pane d’orzo, pane di primizia perché l’orzo è il primo dei cereali che matura, primo pa­ne nuovo; e c’è un ragazzo, nep­pure un uomo adulto, una primi­zia d’uomo. Un Vangelo pieno d’inizi, pieno di gemme che fioriscono per grazia. Modello del discepolo oggi è un ragazzo senza nome e senza vol­to, che dona ciò che ha per vivere, che con la sua generosità innesca la spirale della condivisione, vero miracolo.
Il problema del nostro mondo non è la penuria di pane, ma la povertà di quel lievito che incalza e spin­ge a condividere, a diventare sa­cramenti di comunione. «Al mon­do, il cristiano non fornisce pane, fornisce lievito» (Miguel de Una­muno).
E ci sono anche i dodici canestri di pezzi avanzati, uno per ogni tribù, segno di abbondanza dalla quale nessuno è escluso; parola sulle co­se: non devono andare perdute perché sono sacre, una santità è i­scritta perfino nella materia, perfino nelle briciole del pane.
Prese i pani, rese grazie e li distri­buì: tre verbi che ci ricollegano su­bito a ogni Eucaristia. E mentre lo distribuiva, il pane non veniva a mancare, e mentre passava di ma­no in mano, restava in ogni mano. Il Vangelo neppure parla di moltiplicazione ma di distribuzione.
«Credo sia più facile moltiplicare il pane, che non distribuirlo. C’è tanto di quel pane sulla terra che a condividerlo basterebbe per tut­ti» (David Maria Turoldo).
Gesù rifiuta di essere fatto re ma non rifiuta l’acclamazione a pro­feta. La profezia gli si addice: è bocca di Dio e bocca dei poveri.
Ma dal potere, da tutto ciò che cir­conda il nome di re, fugge lonta­no. Non il potere, dunque, ma la profezia per me cristiano, per l’in­tera Chiesa: essere bocca di Dio e voce dei poveri è il lievito buono che il cristiano fornisce al mondo.