Omelia (02-08-2009)
mons. Antonio Riboldi
Signore, dacci sempre questo pane

Cerchiamo di farci scrivere, a caratteri d'oro nella nostra fede e vita, le semplici, ma ineffabili e divine Parole di Gesù, oggi, dette alla folla affamata che lo aveva spinto da ogni parte e che bene raffigura il nostro tempo, affamato di 'un pané che gli tolga la fame: 'Io Sono il Pane della Vità. Possiamo facilmente immaginare la scena che l'apostolo Giovanni ci descrive nel suo Vangelo. La folla era stata saziata dal miracolo dei pani, compiuto da Gesù.
Aveva, quindi, nella sua immaginazione e nella sua sete di serenità e sicurezza economica, che troppe volte manca a tanti nel mondo, in ogni tempo, la possibilità di trovare in Gesù una certezza 'materiale'.
Gesù era diventato, per la folla, uno che, in un modo o in un altro, avrebbe soddisfatto e risolto i problemi quotidiani, quelli che affliggono tragicamente intere famiglie e intere nazioni, anche oggi. Purtroppo sono ancora tanti tra di noi e lontano da noi, che si sentono condannati a vedere il diritto alla vita, alla salute, alla libertà, come sogni irraggiungibili... al punto che non sentiamo neppure la loro voce, coperta dal frastuono del benessere di pochi, che però ora già paghiamo e che cerca di coprire i lamenti o i diritti di chi ha fame.
Ma se ne è fatta voce la Chiesa, con il Santo Padre, che ha messo nell'agenda dei cosiddetti 'grandi', nel G8 dell'Aquila, il grande problema della fame, non solo di pane, ma di diritti umani, in Africa e in tante altre parti del mondo.
Lo hanno urlato tante organizzazioni, come a far diventare 'invitato', buon invitato, tutta quella parte del mondo in cui non sono rispettati gli elementari diritti alla vita, che potrebbero essere soddisfatti se solo avesse fine l'ingordigia di pochi che, per avere tanto, arrivano 'a togliere il pane di bocca' a chi ne ha diritto.
I 'grandi' una prima risposta l'hanno data: 20 miliardi di dollari per l'Africa.
Sembra una speranza, una svolta per iniziare una più equa distribuzione delle ricchezze della terra, una nuova consapevolezza che la terra non appartiene a qualcuno, ma è di tutti.
È un primo passo che la gente di fede e di buona volontà si attendeva, per avere ancora una volta fiducia in chi ha nelle mani le sorti del mondo – quale responsabilità! - ma il percorso è appena iniziato e si spera che non si torni indietro, come purtroppo molte volte è accaduto.
Ma, tornando al Vangelo di oggi, quella folla che accerchiava Gesù non vuole certo farsi sfuggire di mano un 'messia speciale', che si è ritrovata miracolosamente sulla strada della propria vita.
Lo cerca affannosamente, attraversando il lago di Tiberiade, fino a raggiungere Gesù e i Suoi, che si erano appartati, come se l'incontro fosse ormai chiuso, dopo il segno dei pani moltiplicati.
Gesù voleva e vuole essere cercato per quello che era ed è, per la missione che era venuto a compiere tra noi e per noi, non come risposta a fragili certezze materiali.
Cerchiamo di entrare nel Suo Cuore, facendoci illuminare dalla Parola:
"Quando la folla vide che Gesù non era più là e neppure i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafarnao, alla ricerca di Gesù.
Trovatolo al di là del mare, gli dissero: Rabbì, quando sei venuto qui?'.
Gesù rispose: 'In verità, in verità vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato quei pani e vi siete saziati. Procuratevi non il cibo che perisce, ma quello che dura per la vita eterna, e che il Figlio dell'uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo. Gli dissero allora: 'Che cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?.
Gesù rispose: 'Questa è l'opera di Dio, credere in Colui che Egli ha mandato.'
Allora gli dissero: 'Quale segno dunque tu fai perché vediamo e possiamo crederti? Quale opera compi? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come è scritto: Diede loro da mangiare un pane dal cielo.'
Rispose Gesù: 'In verità, in verità vi dico: non Mosè vi ha dato il pane del cielo, quello vero. Il pane di Dio è Colui che discende dal Cielo e dà la vita al mondo.'
Allora gli dissero: 'Signore, dacci sempre di questo pané
Gesù rispose: 'Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete." (Gv. 6, 24-35)
Il discorso che apre il segreto della vita interiore di ogni uomo, che desidera davvero 'entrare nella vità, anche oggi, soprattutto oggi.
Ricevere il Pane di Dio significa credere di fatto in Gesù, accostarsi a Lui come al Figlio di Dio, per ricevere da Lui la Vita. Gesù; parlando di Sé, ci conferma che è venuto a saziare la 'vera fame' dell'uomo, che nulla ha a che fare con la fame delle cose di questa terra, ma è quella nostalgia - a volte 'disagio', vuoto, magari 'noia' - che tante volte sentiamo e a cui non sappiamo dare un senso e un valore. Spesso non ci rendiamo neppure conto che, pur sazi di cose, 'dentrò sentiamo come un vuoto, che non sappiamo come riempire.
Bisogna prenderne coscienza, per poi seguire le indicazioni che oggi Gesù ci offre: Lui è il Pane, che può colmare quel vuoto... se abbiamo fede e fiducia.
Sedevo, una sera, su un muretto, che domina una grande città. Vicino a me c'era un giovane, che questa vita se l'era goduta fino in fondo, cercando disperatamente in ogni situazione 'qualcosa', 'qualcuno', che lo saziasse.
Giungevano sino a noi le luci della città, ubriaca di vita. Come a manifestare la voglia di pazzia, arrivava il rumore assordante delle macchine e di suoni, che, da lontano, creavano l'impressione di una festa senza fine.
'Ha mai pensato, padre, - mi diceva quel giovane – cosa voglia dire passare notti e notti in discoteche, farsi assordare dal grande chiasso che chiamano musica? Essere circondati, urtati da persone che continuamente parlano e ridono nello sforzo di dare un volto a un divertimento che invece è solo stordimento, per non prendere coscienza della propria fame e sete di vera vita? Lo sa quante volte si prova disgusto per tutto questo? Amicizie che sono solo egoismi soddisfatti e buttati. Discorsi che sono solo rumori per ingannarsi'.
Ascoltavo la litania di quel giovane, fatta di amarezze e lacrime.
Dopo un lungo silenzio gli chiesi.- 'Che ne dici di quei giovani, che credono e cantano: "Gesù, Tu sei la mia vita, altro io non ho?". Sono tanti, sai, giovani e meno giovani, che non 'vedono' la vita come te. Hanno gettato dietro le spalle ogni fiducia nelle certezze di cartapesta, nella disperata corsa ad una felicità che questa terra non può dare, perché non le appartiene. Sono tanti questi giovani: sono nelle scuole, nelle piazze, al lavoro, nei conventi. Sono pazzi, secondo te?'. Entrambi tacemmo.
Pensavo a quando, adolescente, mia mamma mi insegnava che 'una buona Comunione è molto meglio di una buona colazioné. Pensavo a Chi può essere la sola ragione dell'esistenza, Chi davvero può farmi felice, a Chi posso affidarmi tranquillamente, come unica certezza che non tradisce: Gesù, il pane della vita.
E ancora mentre scrivo mi commuove questo mio Dio, che non si impone con la grandezza che spaventa, ma si avvicina con passi discreti, come sa fare solo chi ama veramente, e si fa cibo che veramente dà la Vita, quella vera.
Alla fine ci confidammo le nostre riflessioni. Gli dissi della mia gioia interiore con Cristo. 'Non sto un giorno senza Messa. Sono disposto a rinunciare a tutto, ma non a quel Pané.
E il giovane: 'Padre, mi aiuti a trovare questo cibo. Diversamente non so dove finirò con la mia disperazioné. Quel giovane, oggi, è un padre di famiglia, mio carissimo amico, felice e con una famiglia numerosa per giunta, e vive, giorno per giorno, una vita diventata Eucaristia, ringraziamento. E racconta ai suoi figli del giorno in cui 'Gesù è diventato la mia vita, altro io non ho... oltre che voi, che mi siete stati affidati da Lui!'
L'ho rivisto poco tempo fa e siamo tornati sul muretto del primo incontro, a sera.
La città celebrava gli stessi riti di follia, come un disco rotto, incapace di inventare novità.
Siamo stati un attimo a guardare, poi ci siamo improvvisamente voltati uno verso l'altro, ridendo.
'Rido, padre, per il pericolo scampato. Potevo essere uno di quella folla anonima: oggi invece mi sento come un missile che vola verso il Cielo, lontanissimo da tutta questa baraonda, ma ci voleva 'quel pane di vità. Grazie!'
Quel giovane, come tanti, ha avuto la grazia, con il Pane della Vita, di imparare a 'volare alto' nella vita, come certamente ognuno di noi vorrebbe poter fare.
Per questo preghiamo con don Tonino Bello:
"Voglio ringraziarti, Signore, per il dono della vita.
Ho letto da qualche parte, che gli uomini sono angeli con un'ala soltanto:
possono volare solo rimanendo abbracciati.
A volte, nei momenti di confidenza, oso pensare, Signore, che tu abbia un'ala soltanto. L'altra la tieni nascosta, forse per farmi capire che anche Tu non vuoi volare senza di me. Per questo mi hai dato la vita, perché io fossi tuo compagno di volo.
Insegnami, allora, a librarmi con Te.
Vivere non è un trascinare la vita, non è strappare la vita.
Vivere è abbandonarsi come un gabbiano all'ebbrezza del volo.
Vivere è assaporare l'avventura della libertà.
Vivere è stendere l'ala con la fiducia di chi sa di avere nel volo
un partner come Te".