Omelia (25-05-2003) |
padre Ermes Ronchi |
Donare la vita, misura di ogni amore Leggi questo brano e ti pare una di quelle pagine dove è custodita l'essenza del cristianesimo. Tutto ha inizio da un fatto: tu sei amato (come il Padre ha amato, così io ho amato); ne deriva una conseguenza: ogni essere vivente respira non soltanto aria, ma comunità e amore (rimanete nel mio amore), se questo respiro cessa, non vive; e tutto converge verso un traguardo, una meta dolce e amica: questo vi ho detto perché la gioia vostra sia piena, perché giunga al colmo. L'amore è un nome che brucia su tutte le labbra. La gioia è un attimo immenso. Ma Gesù indica le condizioni per dimorarvi: osservate i miei comandamenti. Questo plurale non indica il decalogo, ma evoca tutto il lavoro di Dio, la sua azione in favore dell'uomo, il Dio liberatore, il Dio delle alleanze, la sua tenda in mezzo a noi. La mia missione consiste nel realizzare le opere di Dio in favore della vita e dell'uomo. Nel brano di oggi è tutto un alternarsi di misura umana e di misura divina nell'amore. Gesù non dice semplicemente: amate. Non basta amare, potrebbe essere solo sentimentalismo, una necessità biologica o storica, perché se non ci amiamo ci distruggiamo. Non dice neanche: amate gli altri con la misura con cui amate voi stessi. Tu non puoi essere misura a te stesso, con gli sbandamenti del cuore, con i testacoda della volontà. Ciò che è divino, è l'aggiunta: amatevi come io vi ho amato. E diventa Dio stesso la misura di come amare. Ma poi ecco che amico è un nome di Dio. Ha preso lui il nostro modo di amare, si è vestito della misura umana dell'amicizia (voi siete miei amici), musica per il cuore dell'uomo, per mettersi alla pari, per essere dentro il gruppo e non al di sopra, per dire uguaglianza e affetto. Per meglio rivelarsi, perché l'amicizia va ben al di là dell'insegnamento. Tutto ho fatto conoscere a voi: il tutto di una vita non si impara da lezioni o da comandi, ma solo per sintonia e comunione, per vicinanza e affinità, per empatia d'amico. E poi di nuovo a indicare la misura assoluta dell'amore, introducendo un verbo brevissimo, che spiega tutto: dare. Nel vangelo amare è tradotto con dare (non c'è amore più grande che dare la vita); non già sentire o emozionarsi, ma dare; quasi un affare di mani, di pane, di acqua, di veste, di tempo donato, di porte varcate, di polvere delle strade. E dare niente di meno che la vita, a indicare che l'unica misura dell'amore è amare senza misura, senza porre limiti. Ma a indicare anche che l'amore che ti assedia è un amore a sua volta assediato, come una lampada accesa nel buio, come un agnello tra i lupi. Minacciato amore, sottile come il respiro, possente come le grandi acque, fragile, da me custodito, materia di cui è fatto Dio e la creatura, materia di luce di cui si compongono la gioia e la vita. |