Omelia (09-08-2009)
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Commento Giovanni 6,41-51

PRIMO COMMENTO ALLE LETTURE
a cura di don Nazzareno Marconi

Diede loro da mangiare un pane dal cielo

In questo tempo di vacanza vale la pena di dedicare qualche sforzo alla riflessione sulla parola di Dio. Il vangelo di questa domenica e quello della prossima offre un interessante spunto per comprendere come nasca un testo evangelico, e come i risultati che emergono dagli studi degli esegeti sulla Bibbia, non siano poi così incomprensibili e difficili, almeno per chi li ascolti con un po' di buona volontà e pazienza, guardando con attenzione al testo evangelico che ha di fronte. Il modo migliore per comprendere questo discorso sul pane di vita, che occupa gran parte del cap 6 di Giovanni, è quello di riconoscere che si tratta molto probabilmente di un'omelia, certo basata sull'originale insegnamento di Gesù, ma elaborata estesamente da un predicatore della prima generazione cristiana e che Giovanni ha accolto nel suo vangelo.
All'evangelista questo sicuramente sembrò un bel sistema per conservare varie frasi di Gesù, dette in momenti diversi, ma simili per tematica. La prova di quanto dico emerge dal confronto con gli altri vangeli, che riportano varie di queste espressioni di Gesù presenti nel capitolo 6 di Giovanni, ma in contesti diversi da questo.
Ciò non toglie che per trarre il massimo dalla lettura di questo brano evangelico, sia importante non distruggerne l'unità, anche se l'origine storica è certo composita.
E' così facile notare che tutto il discorso si incentra su un testo biblico anticotestamentario: «diede loro da mangiare un pane dal cielo» (v. 31), ed è perciò una ulteriore dimostrazione della teoria dell'evangelista espressa varie volte nel capitolo precedente (Cfr Gv 5,39.46.47) che le Scritture spiegano la persona ed il mistero di Gesù. Il testo base è una combinazione libera, fatta probabilmente a memoria, di più citazioni dell'Antico Testamento:
Es 16,4: «Ecco, io sto per far piovere pane dal cielo per voi»;
Ne 9,15: «Hai dato loro pane dal cielo quando erano affamati»;
Sal 78,24: «Fece piovere su di essi la manna per cibo e diede loro pane del cielo»;
Sal 105,40: «...E li saziò con il pane del cielo».
Questa omelia, basata su un testo biblico, segue la tecnica di quello che i Giudei chiamano midrash, infatti il testo segue l'ordine della frase biblica spiegata parola per parola.
Si articola dunque in tre sezioni: Egli diede - pane dal cielo - da mangiare.
Egli diede (vv. 26-34). In questa prima sezione la sottolineatura è tutta sul dare, sul donare. Gesù darà (vv. 27.34), ma non come Mosè (v. 32) che diede una manna corruttibile, un cibo che non libera dalla morte, ma come dà il Padre, che dona sempre la vita eterna (v. 32). Gesù è dunque il donatore straordinario, il portatore della vera ricchezza per il suo popolo, molto più di Mosè.
Pane dal cielo (vv. 35-47). Il discorso ora si sposta al pane dal cielo, che Gesù non solo dona, ma che è veramente. In definitiva Gesù è il donatore di se stesso (vv. 35.38.41.42). Il verbo che in questa sezione appare con più frequenza e che quindi diventa più importante è "credere". Non si può ricevere il dono di Gesù, che è Lui stesso - pane dal cielo - senza la fede. Per questo la fede è ripetutamente richiesta (Cfr. vv 35.36.40.47).
Il dono di Gesù è innanzi tutto nutrimento per la nostra fede. Questa affermazione va compresa nello stesso senso in cui la Sapienza dell'Antico Testamento "nutriva" tutti coloro che l'accettavano (Prv 9,1-5). Un nutrimento che offre energia sufficiente a vivere secondo la legge di Dio.
Da mangiare (vv. 48-59). In questa sezione finale abbiamo un nuovo cambiamento nei termini: le parole che ritornano con insistenza sono "carne", "sangue", "mangiare", "bere". Basterebbe anche solo seguire la ripetizione costante di "mangiare" per rendersene conto (Cfr vv. 49.50.51.52.53.54.57.58).
Il significato del discorso è dunque in parte cambiato. Mentre nella sezione precedente Gesù nutriva, tramite la Parola sapiente, coloro che credevano, il verbo "credere" ora è totalmente sparito ed è sostituito da "mangiare". L'autore della nostra omelia sta ora chiaramente parlando di nutrimento sacramentale, del pane e del vino di cui ci si nutre, del nutrimento eucaristico fornito dalla carne e dal sangue del Figlio dell'Uomo (v. 53).
Se la fede accoglie il dono di Gesù nell'ascolto e nella comprensione della sua Parola, l'esperienza del sacramento accoglie il dono di Gesù nel pane e nel vino dell'eucarestia, momento pieno di sacro mistero che ci mette in comunicazione "fisica" con Dio.
Il v. 58 lega insieme l'omelia, riferendosi alla frase centrale del v. 31. "Questo è il pane disceso dal cielo, non come quello che mangiarono i padri vostri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno" .
Questa omelia, perciò, ha lo scopo di esporre in modo ricco e multiforme il tema di Gesù-pane-di-vita. Gesù è prima di tutto il datore del pane, un nuovo Mosè. Egli è anche il pane di sapienza e rivelazione che nutre tutti coloro che vanno a lui nella fede. Egli è, infine, la fonte eucaristica di vita eterna per tutti coloro che mangiano e bevono la carne e il sangue del Figlio dell'Uomo. Giovanni è così riuscito, a riunire in un solo capitolo gli elementi essenziali dell'Eucaristia cristiana: la parola e il pane, la parola rivelatrice dei vv. 35-47 e il pane sacramentale dei vv. 48-59.