Omelia (01-06-2003) |
Paolo Curtaz |
La festa della presenza di Dio Diciamocelo chiaramente: non poteva restare? Ormai risorto, non poteva assicurare la sua presenza fisica concreta, reale, anche in mezzo a noi oggi? Non sarebbe stato più bello, in un momento di crisi, prenotare un appuntamento con Lui, realmente, concretamente, come lo facciamo con un avvocato, un medico? Non puzza di inganno questa assenza, non sembra una magra consolazione per ripiombarci nella fragile dimensione della fede? Eppure, quella di oggi è una festa, credetemi: oggi non prevale la tristezza per la sua scomparsa ma la gioia della sua permanenza in un'altra dimensione. La festa dell'Ascensione è la festa della presenza eterna di Cristo in mezzo a noi per sempre! Per essere definitivamente presente Gesù aveva bisogno di non avere più limiti di tempo, di spazio. Eterno egli dimora in seno al Padre e in questa eternità ha un corpo di uomo. Se Gesù è asceso al Padre, se dimora in Lui, è raggiungibile per sempre da ciascuno di noi qui e ora, può essere qui e adesso, comunque e dovunque perché non ha più il tempo che lo limita, lo spazio che lo inghiotte. Oggi è la festa della moltiplicazione e della estensione dell'amore di Cristo per cui ognuno può dire, nella fede, a ragione: io ho incontrato Cristo. Lo stesso Cristo che ha camminato con i piedi impolverati duemila anni fa, lo stesso Cristo riconosciuto presente nelle comunità primitiva. Di più. Ora in Dio c'è un uomo. In questa pienezza di assoluto che non riusciamo a raffigurare c'è il volto ben definito di un uomo: Gesù di Nazareth. Non vi sentite più a vostro agio? Lo sguardo di Dio è lo sguardo penetrante e tenero di un uomo straordinario come era Gesù di Nazareth. Ma questo significa che da oggi, a ragione, con assoluta ragione, nessuno potrà più dire: "Dio non conosce la mia sofferenza" oppure: "Che c'entra Dio con la mia vita". Conosci la fatica del lavoro? Anche Dio. Conosci la gioia della festa? Anche Dio. Conosci il conforto dell'amicizia? Anche Dio. Conosci il giudizio tagliente e inumano? Anche Dio. E, infine, l'inimmaginabile. Conosci la morte? Anche Dio. Nulla, solo il peccato, che è l'anti-umanità, è ormai estraneo a Dio. L' Ascensione è come una cerniera nella storia di Gesù e degli apostoli: segna il passaggio da un prima a un dopo a cui gli apostoli dovranno abituarsi, proprio come i discepoli di Emmaus che abbiamo seguito in questi giorni di Pasqua: Gesù scompare alla loro vista sensibile, torna al Padre pur promettendo una presenza reale. Gli apostoli, è comprensibile, faticheranno ad abituarsi a questa nuova situazione. Gli apostoli sono invitati, dopo avere seguito Gesù nella crocifissione e nella resurrezione, a seguirlo anche nell'ascensione. Che significa essere "ascesi" con Cristo? Significa anzitutto seguire l'invito di Gesù a predicare il Vangelo fino ai confini della terra. Gesù è presente per sempre in mezzo a noi, a noi, ora, di riconoscerlo presente nel mondo. Uno sguardo da "asceso" riconosce i prodigi di Dio nelle culture e nelle situazioni, abbatte gli steccati, riconosce una presenza salvifica in ogni tentativo dell'uomo nel riconoscere i segni della presenza di Dio. Esiste un modo di avvicinare la realtà e di interpretarla usando categorie economiche (oggi molto in voga), sociali, politiche. Il cristiano avvicina la realtà da un punto di vista spirituale, leggendo dentro le esperienze degli uomini il dispiegamento della potenza di Dio. Infine vivere da "ascesi" significa renderci conto che la nostra meta è una pienezza che trascende, che supera (e di molto) la nostra attuale esperienza di vita. Essere orientati a un destino più grande, che va oltre, che ci attende, significa leggere con molto realismo la nostra quotidianità come un "già e non ancora": sin d'ora viviamo la presenza di Dio, ma aspettiamo che questa presenza fiorisca nel nostro cuore. Ma come è possibile incontrare Gesù presente? Il racconto di Marco è esplicito: riconosciamo Gesù nei prodigi, nei gesti, che accompagnano la predicazione degli apostoli. Come a dire: "Io sono presente, per sempre. Leggi i segni della mia presenza, interpretali, guarda con lo sguardo interiore e riconoscimi nelle cose, negli avvenimenti, nella storia della tua vita". L'ascensione segna l'inizio della Chiesa, la nascita della comunità come luogo dove dimora il risorto. Ve ne do atto: è molto più evidente notare l'assenza del Maestro nei nostri gesti piuttosto che la presenza ma mi fido. Mi fido: vedendo la tenerezza e l'amore di una catechista, la generosità di un educatore, la presenza discreta accanto al letto di un ammalato io vedo Gesù Risorto asceso, e ne invoco il ritorno, ne accellero – secondo una bellissima interpretazione rabbinica – la venuta. Dio è presente, per sempre, è il nostro sguardo a dover guarire, a doversi – finalmente – convertire alla gioia. Perciò, ora, necessitiamo del dono dello Spirito: per vedere. |