Omelia (09-08-2009)
don Maurizio Prandi
Il discepolato: diventare pane

Continuiamo il nostro cammino alla ricerca e alla scoperta del volto del discepolo; per questo ci sono molto preziose le indicazioni che anche questa domenica ci vengono dalla Liturgia della Parola.
La prima lettura ci dice che il discepolo non è un eroe, non è uno che cade sempre in piedi, non è uno sicuro di sé, non è uno che cerca o si nutre di successi, non è un forte (così come noi intendiamo la forza...). Il discepolo, ci dice il libro dei Re, vive anche momenti di scoraggiamento, e la vicenda del profeta Elia in questo senso è molto significativa. Ricordo che anche tre anni fa, leggendo le stesse pagine, lo ricordavo: Elia, il più grande dei profeti, quello al quale Gesù stesso veniva paragonato, è desideroso di farla finita! Ora basta o Signore, prendi la mia vita! La vicenda di Elia è quella di un uomo braccato, costretto a fuggire nel deserto per avere salva la vita, la vicenda di un ricercato dal potere politico perché ritenuto un sovversivo, un nemico dello stato. Il lamento diventa disperazione, desiderio di morte. Però Elia, come ogni vero credente, pur lamentandosi anche aspramente, lo fa sempre davanti a Dio e così evita la mormorazione, il grave peccato di Israele nel deserto. Ecco che il cuore del profeta, il cuore del discepolo non è sempre una matassa dipanata dove tutto è chiaro, piano e ordinato, ma a volte è un groviglio di emozioni e di sentimenti contrastanti. La vicenda di Elia è quella di uomo al quale non serve il miracolo clamoroso, la soluzione spettacolare per quello che riguarda la sua situazione; a lui basta un messaggero (non dimentichiamo che questa è la traduzione più giusta e appropriata della parola angelo), un poco di acqua e un poco di pane. Dio interviene (scrive E. Ronchi), ma non per offrire soluzioni facili, non toglie la fatica, porta un po’ di pane, un po’ di acqua... lo stile di Dio è intervenire con la forza delle cose quotidiane, con l’umiltà e la povertà che hanno le cose essenziali: il pane, l’acqua, un amico, quel messaggero che si mette accanto e ti dona forza, coraggio, una parola che risvegliano in te il desiderio del cammino.
Bello questo... il discepolo sa che Dio viene non per cancellare il deserto (ricordate domenica scorsa? Il deserto come scuola di libertà), ma come voglia di camminare ancora, come infinita capacità di ricominciare. Tornare ad innamorarsi è il titolo bellissimo dato all’ultimo giornalino della comunità di Romena; puoi tornare ad innamorarti perché Dio viene nella tua vita con le sembianze di un messaggero, puoi tornare ad innamorarti perché non sei solo c’è un angelo accanto a te, a popolare il tuo deserto.
E qui sento il legame con la seconda lettura di oggi. Siate invece benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo. Fatevi dunque imitatori di Dio... Il discepolo è anche colui che si pone accanto, benevolo perché ha ricevuto benevolenza, misericordioso perché ha ricevuto misericordia, desideroso di essere per altri quel messaggero che un giorno ha reso la sua vita una vita capace di amare e camminare ancora. Che bella questa lettura... benevolo, misericordioso, capace di perdonare. Ciascuno di noi può, a sua volta, essere questo angelo inviato agli altri, una presenza che non giudica, non fa prediche, ma è attento, sta vicino e aiuta a ritrovare la forza e la voglia di vivere.
E infine il Vangelo, che ci aiuta a tradurre, a coniugare nella nostra vita l’invito di San Paolo: fatevi imitatori di Dio, Ecco chi è il discepolo, colui che desidera imitare il proprio maestro, un maestro che fugge lo spettacolo, la maestosità, la grandezza. Fatevi imitatori, diventate pane, diventate dono, diventate servizio, diventate cura, diventate gratuità, diventate disinteresse. Può sembrare la cosa più difficile e distante di questo mondo imitare Dio, impossibile, forse perché non si non pensare alle meraviglie, all’onnipotenza, ed ecco che Gesù viene in nostro aiuto e ci dice: io sono il pane... e torniamo ad essere catapultati nel quotidiano, nel feriale: nessuna grandezza nel pane, nessuna meraviglia nel pane, nessuna onnipotenza nel pane. Farsi pane allora, cioè farsi nutrimento, presenza, sostegno.
Il vangelo chiede un’altra cosa ai discepoli di Gesù. Chiede di lasciarsi ammaestrare... sarò ripetitivo ma non riesco a trovare una pagina più adatta di quella dell’incontro tra la volpe e il Piccolo Principe per capire questo invito di Gesù.
La volpe che chiede di essere ammaestrata, addomesticata dal Piccolo Principe.
Che cosa vuol dire "?". "E' una cosa da molto dimenticata. Vuol dire ..."
"Creare dei legami?". "Certo", disse la volpe. "Tu, fino ad ora, per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l'uno dell'altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo".

Mi sta accompagnando questa pagina, in modo particolare in questo tempo nel quale mi preparo a partire per la missione Diocesana a Cuba. Mi accompagna perché mi aiuta a ringraziare per i legami stretti con tante persone, nelle certezza di poter dire che è soltanto lasciandosi ammaestrare, addomesticare dai fratelli e dalle sorelle che incontri che li puoi servire così come farebbe Dio.