Omelia (12-08-2009) |
Monaci Benedettini Silvestrini |
La correzione fraterna e la gioia di «sciogliere». Sgorga dal comandamento dell’amore il dovere di correggere il fratello. Molti per dovere e per missione debbono assolvere a tale compito perché maestri, educatori e comunque impegnati nell’insegnamento. La chiesa tutta, sin dalle origini, per comando dello stesso Cristo, ha ricevuto il mandato di andare di annunciare e di testimoniare le verità rivelate. Così il Regno di Dio si sta estendendo sino agli estremi confini della terra. Nella vita quotidiana sperimentiamo continuamente debolezze ed errori; ciò è insito nella nostra fragile natura umana. Come è importante e salutare allora che ogni volta ci sia accanto a noi un fratello che pieno di amore intervenga a darci la salutare correzione! Occorre però da ambo le parti, in chi corregge e in chi riceve l’ammonizione, la bella virtù dell’umiltà, che ci consente di dare e di accogliere quanto viene suggerito nel modo migliore. Invocare la libertà dell’individuo per esimersi dal correggere o dal ricevere la correzione è un gravissimo errore che induce al lassismo e a gravi mancanze di carità cristiana. È intimamente legata alla correzione fraterna la legge del perdono, la capacità di sciogliere i lacci del male, i desideri di vendetta e le barriere dell’odio. Senza questa virtù dovremmo rassegnarci a vivere in continua tensione, in incessanti conflitti famigliari e di ben più ampie proporzioni, come frequentemente accade. Dovremmo essere per vocazione e per grazia, costruttori di pace perché datori di perdono. Non dovremmo mai dimenticare che Cristo si è incarnato, ha accettato la passione e la morte proprio per garantirci il perdono, per scioglierci dai lacci del male e garantirci la risurrezione finale |