Omelia (01-06-2003) |
don Romeo Maggioni |
Fu Assunto in cielo e sedette alla destra di Dio Occhi e cuore al cielo, ma per trasformare la terra: potremmo riassumere così il messaggio biblico di oggi. Sguardo al cielo, al nostro destino divino, per dare prospettive nuove alla difficile vicenda umana e lievitarla dei valori del vangelo e del Regno di Dio. Gesù sale al cielo e siede glorificato alla destra del Padre, primizia e speranza d'un nostro medesimo destino; ma da lì, in forma nuova e più efficace, "opera insieme coi discepoli e conferma con prodigi" la corsa della Parola evangelica nella storia. I discepoli "guardano il cielo", pensando che finalmente Dio "ricostituirà il regno di Israele"; ma Gesù dilata le scadenze del Regno e invia i suoi apostoli ad essergli "testimoni fino agli estremi confini della terra". Con l'ascensione finisce il tempo del Gesù storico e inizia il tempo della Chiesa, del nuovo modo cioè di essere di Gesù tra i suoi, glorioso e vivo, "sino alla fine del mondo". 1) SALI' AL CIELO Salire al cielo esprime bene l'aspetto più profondo del fatto della risurrezione, che non è stato tanto un ridestarsi da morte, quanto un passaggio alla condizione nuova di vita "in Dio", partecipe della "Gloria" di Dio, congiunto e come "rapito" dentro la divinità. Pensate: un uomo fa ora parte delle relazioni intime della Trinità! San Paolo rimane incantato della potenza dispiegata da Dio Padre per il suo Cristo, "quando lo risuscitò dai morti e lo fece sedere alla sua destra nei cieli, al di sopra di ogni principato e autorità, di ogni potenza e dominazione e di ogni altro nome che si possa nominare non solo nel secolo presente ma anche in quello futuro". Vittorioso su ogni male, compresa la morte: "Tutto ha sottomesso ai suoi piedi" (Ef 1,21-22). Ma Gesù non è il caso unico; è il primogenito di molti fratelli. "Mediatore tra Dio e gli uomini - diciamo oggi nel prefazio -, non ci ha abbandonato nella povertà della nostra condizione umana, ma ci ha preceduto nella dimora eterna per darci la sicura speranza che dove è lui, capo e primogenito, saremo anche noi, sue membra, uniti nella stessa gloria". E san Paolo prega per noi, perché "il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, possa davvero illuminare gli occhi della vostra mente per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi e qual è la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi credenti secondo l'efficacia della sua forza che egli manifestò in Cristo" (Ef 1,18-20). Cioè: quello che Dio ha fatto per Gesù, lo fa anche per noi, portandoci a divenire pienamente eredi con Cristo entro la vita Trinitaria. Pensiamo un poco oggi a questo nostro destino, pensiamo al Paradiso dove Gesù "è andato a prepararci un posto" (Gv 14,2-4). Noi siamo forse più propensi a capire un Dio che si china su di noi e si interessa a noi, e magari siamo un po' più restii a credere che Dio voglia farci spazio accanto a Sé. Ma proprio questa è tutta la novità rivoluzionaria del cristianesimo: non un tirar giù Dio tra noi, ma lui è venuto tra noi per portarci con lui: "Dio s'è fatto uno di noi perché noi diventiamo uno come lui" (Sant'Ireneo). Capovolgiamo le prospettive: non è l'uomo il primo e il centro, ma è Dio la vita prima e piena. Diventare "simili a Lui" è l'unica soluzione per liberarci dalla nostra mortalità e dal nostro limite. Oggi san Palo ci esorta "a comportarci in maniera degna della vocazione" che abbiamo ricevuto" (II lett.). 2) SARETE MIEI TESTIMONI Ma Gesù, salendo al cielo, non ha abbandonato il mondo; ha voluto - vivo e glorioso - trovare un altro modo di essere presente tra noi, con la forza del suo Spirito. Il vangelo di oggi si conclude stranamente dicendo che "il Signore - assunto in cielo - operava insieme con loro (gli Apostoli) e confermava la parola con i prodigi che l'accompagnavano". Il Signore Gesù s'è come svincolato dai limiti di tempo e spazio che la sua condizione corporea gli imponeva e ora può rendersi vivo e attivo più interiormente nei cuori e nella sua Chiesa, "costituito - come dice ancora Paolo - su tutte le cose a capo della Chiesa, la quale è il suo corpo, la pienezza di colui che si realizza interamente in tutte le cose" (Ef 1,22-23). Cioè a dire: ora Gesù, attuata per sé la glorificazione, si dà da fare per realizzarla nelle sue membra che siamo noi. Perché, in sostanza, formiamo con Lui "un solo corpo, un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione..., finché arriviamo tutti allo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo" (II lett.). Per questo, dice Gesù, non sono ancora giunti "i tempi e i momenti" del compimento finale; ora è il tempo del lungo lavoro per conquistare a Cristo e alla nuova realtà del Regno tutta l'umanità, divenendo suoi testimoni: "Avrete forza dallo Spirito santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni fino agli estremi confini della terra" (Prima lett.). "Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato". E' il tempo della Chiesa, tempo della speranza, operosa e sicura, perché Gesù proprio nel partire verso il cielo ha confermato l'appuntamento: "Tornerò un giorno allo stesso modo in cui mi avete visto andare in cielo". Tocca allora a noi ora preparare e anticipare quel compimento finale con la nostra testimonianza. Il termine usato è più precisamente: "gridare il vangelo". Era il motto di fratel Carlo De Foucauld: "Gridare il vangelo con tutta la vita". I segni della qualità nuova di vita danno credibilità alla testimonianza. "E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demoni (i demoni dell'egoismo, della violenza, del peccato), parleranno lingue nuove (perché tutto diverso è il progetto d'umanità proposto dal vangelo rispetto a quello del mondo), prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno (con la grazia di Cristo certamente saremo capaci anche di vincere tutti i condizionamenti e le pressioni negative che ci sollecitano in mezzo ad una civiltà pagana come la nostra), imporranno le mani ai malati e questi guariranno (.. malati di solitudine, d'angoscia...: quanto salutare è la medica della carità cristiana!)". ****** Ecco: i segni, cioè lo stile nuovo di vita di chi crede, è la missionarietà. Non per conquistare, ma per far venire invidia. La gioia del nostro vivere e del nostro credere deve far dire a chi ci vede: guarda come si vogliono bene, guarda come sono sereni, guarda come è onesto, guarda come è capace di generosità e non di smargiassa ricchezza e spreco come ostento io....; come mi piacerebbe vivere così, come sarebbe diverso il mondo se fossero tutti così, come vivono i cristiani! Lo può dire di ciascuno di noi chi ci vede? Eppure proprio a questo siamo chiamati! |